La giornata di studio ha avuto come relatore i Alberto Cafarelli (responsabile della parte storica dell’U.N.U.C.I. – sezione di Reggio Calabria).
La miccia del "grande massacro", che costerà agli Italiani circa 700.000 morti e quasi un milione di feriti, mentre i dati relativi ai caduti reggini dell’intera provincia ammontano a 6969, di cui 526 della città di Reggio, venne accesa il 28 giugno 1914, con l’assassinio dell’erede al trono austro-ungarico, in visita a Serajevo.
Ed è proprio nel 1914 che il governo Salandra, formato in marzo, si trova davanti un test preoccupante, che rivela umori popolari decisamente anti interventisti: lo scoppio della "settimana rossa " (giugno), che interessò i territori delle Marche e della Romagna , zone in cui l'opposizione anarchica, socialista e repubblicana aveva profonde radici.
Fu una rivoluzione provinciale, guidata da duci provinciali - i romagnoli Benito Mussolini, Pietro Nenni e l'anarchico Errico Malatesta e qui troviamo anche un reggino Francesco Misiano, di Ardore, «che sarà presente, - come dice Gianni Aiello – ai moti spartachisti del 1919 di Berlino, insieme a Rosa Luxemburg» .
Misiano viene fatto prigioniero e rinchiuso per dieci mesi nelle carceri tedesche.
Ne uscirà grazie al fatto di essere stato eletto, nel frattempo in Italia, deputato del Partito socialista.
Tornando al primo conflitto mondiale c’è da evidenziare che il costo della guerra fu enorme, sia in vite umane che in denaro e materiali ed una delle cause di tanta strage fu l’impiego di armi nuove e potenti: gas, sottomarini, carri armati, mitragliatrici, aeroplani.
Il 24 maggio del 1915 l’Italia entra in guerra ed il relatore porta i presenti sulle orme della memoria a cui parteciparono anche i reggini: altro che storia marginale: il 10 giugno del 1918 Giovanni Calipari da Bianco, contribuisce, da motorista, alla gloriosa impresa della baia di Premuda condotta dal capo sezione squadra MAS (21 e 15) Luigi Rizzo, relativa all'affondamento della corazzata SZENT ISTVAN (Santo Stefano).
Ma altre azioni di eroismo e di sacrifici come i fratelli Spagnolo, il tenente Panella, il coraggio dell’alto graduato Gulli che ebbe gloria anche in quel di Fiume.
Si è parlato anche delle battaglie sul Carso, del bagno di sangue nel Piave.
Antonio Panella di Francesco e di Saveria Sauleo nacque a Reggi il 28 novembre del 1895 e morì in combattimento nella zona di Sella di Dol (Veliki-Hrib) io 27.08.1917.
Combatté nelle trincee di Bosco Cappuccio, sui Monti Sei Busi, sul San Michele e fu quattro volte ferito, fu trasferito al 94° reggimento «Messina» e, assegnato alla 9° compagnia del III battaglione, e capo di un nucleo di arditi, compì ardue imprese con pattugliamenti notturni.
Nel gennaio 1917 nella zona di Saber, si meritò un encomio solenne per l'opera prestata nel portare in salvo, a discapito del pesante bombardamento nemico, alcuni militari rimasti sepolti dalle macerie di una trincea che era franata poco prima.
Una medaglia d'argento al valore gli venne conferita per la conquista della quota 174 ed il 14 maggio del 1917 ebbe il merito e l'audacia di entrare per primo nella posizione nemica, respingendo poi il contrattacco degli austro-ungarici.
Con il grado di tenente si rese tra i protagonisti della battaglia della Baiusizza per la conquista del Velik-Hrib, dove, incurante del pericolo, si lanciò all'assalto, conquistando una porzione della posizione, ma, nonostante la difesa di tre giorni e due notti, vi trovò la morte il 27 dello stesso mese .
La famosa brigata «Brescia» di stanza nella città della Fata Morgana, con molti soldati reggini, impegnati al fronte fin dal mese di maggio del 1915 i quali dimostrarono un grande senso di sacrificio, impiegati per scardinare le prime linee nemiche.
Furono loro per primi a «sperimentare i gas tossici», usati dai nemici su quasi tutto il fronte.
E poi la determinazione degli stessi sodati, impiegati sul fronte francese dove si fecero onore, in speciale modo a Bligny, dove ci sono ancora i cimiteri nei quali riposano diversi fanti reggini.
L’incontro è servito anche a far capire come si viveva nel fronte interno mentre infuriava il conflitto: tra sofferenze, privazioni, questi i dati dei quarantuno mesi della sanguinosa guerra di trincea vista e vissuta dietro le linee: l’undici di agosto del 1918 il sommergibile "Verona" viene affondato nella rada di Calamizzi.
Un eroico giovane, Giuseppe Tripepi, aiutato dal pescatore Matteo Gatto, tra a riva diversi naufraghi, mentre altri trovano morte in mare insieme al generoso pescatore.
Tale azione viene premiata con un diploma onorifico ed una medaglia d'argento che vengono offerte dalla Fondazione Carnegie al giovane Giuseppe Tripepi, il 29 agosto del 1918 un sommergibile austro-ungarico silura ed affonda il ferry-boat "Scilla" , davanti alla costa di Catona, mentre fa rotta verso Messina.
Risulta inutile il fuoco aperto dalla fortezza di Matiniti.
Si è parlato anche dei prigionieri austro-ungarici che erano ospitati nel locali del castello Aragonese.
Gli sconvolgimenti cambiarono profondamente l’assetto economico e sociale del paese: la guerra ridimensionò anche tutte le attività sportive.
Il 23 maggio, il giorno prima della dichiarazione, la federazione fece sospendere le ultime e decisive partite del campionato di calcio, che ancora era nella fase interregionale.
Il Genoa era in testa alla classifica del girone più prestigioso, quello settentrionale, e solo alla fine del conflitto gli verrà assegnato il titolo, davanti a Torino e Inter, mentre in riva allo Stretto un gruppo di pubblici impiegati sottoscrive un documento con cui fondano l’Unione Sportiva Reggio Calabria, da cui nascerà l’A.S. Reggina era l’11 gennaio del 1914 mentre nello stesso anno, siamo al 15 di settembre, nasce in città, ”Corriere di Calabria” il primo giornale della regione e viene distribuito nelle edicole di tutto il territorio calabrese per tredici anni.
Si distingue come voce liberale ma viene malvisto dal regime fascista che ne interromperà l’uscita il 27 maggio 1927.
Viene fondato da Orazio Cipriani, famiglia di Nicotera trasferitasi a Reggio a cavallo tra i due secoli.
La situazione economica subì, nei primi mesi dell'anno e fino all'estate, un ulteriore e decisivo degrado.
La guerra sottomarina, entrata nella sua fase culminante (312.000 tonnellate di naviglio italiano distrutto), stava decimando i mercantili che portavano in Italia quasi tutto il necessario per sopravvivere e combattere, dai generi alimentari di prima necessità alle materie prime per l'industria.
Le importazioni di carbone scesero alla metà del periodo prebellico e in giugno vari paesi della Calabria restarono senza pane per una settimana.
Così, le privazioni portarono all'esasperazione il malcontento delle masse popolari, stanche della guerra ma anche stanche delle pesanti giornate lavorative (fino a 16 ore giornaliere).
Manifestazioni e tumulti furono il naturale sfogo a questa situazione.
Tra il 1° di dicembre 1916 e il 15 aprile 1917 la direzione generale della pubblica sicurezza calcolò che vi furono circa 500 scioperi.
E gli eventi interessarono anche Reggio dove si verificarono diverse manifestazioni contro i provvedimenti restrittivi di carattere economico imposti dal governo.
In gennaio il pane mancò in molte zone del Mezzogiorno ed i razionamenti insieme a quelli della carne, zucchero, grassi e olio di oliva erano giunti nelle città al minimo indispensabile.
I dolci erano proibiti ormai da tempo, e anche la carne, in vista dello sforzo finale, subì un provvedimento simile: ne venne infatti vietata la vendita per tre giorni la settimana.
Il carbone, genere di prima necessità, venne riservato alle sole industrie belliche cosicché i servizi ferroviari civili subirono un drastico taglio.
A provare ancor più nel fisico e nello spirito il popolo italiano giunse l'epidemia influenzale di febbre spagnola che mietette vittime ovunque: a Catona in poco più di due settimane perirono circa duecento persone che vennero sepolti in una fossa comune.
Il 4 novembre l'armistizio firmato dall'Austria-Ungheria con i rappresentanti italiani a Villa Giusti poneva fine a 41 mesi di lutti, di sofferenze ma anche di grandi trasformazioni quali l'industrializzazione, componente
di rilievo del panorama economico italiano del Nord Italia.
Bastino alcune cifre: la Fiat assorbì una quantità enorme di aziende minori e passò da 4.000 a 40.000 operai; analogamente un'altra azienda, l'Ansaldo, che da 4.000 dipendenti passò a 56.000, ampliando i suoi stabilimenti e costruendone di nuovi in varie zone dell'Italia settentrionale ed a svantaggio delle aeree meridionali.
Tutto ciò naturalmente avvenne a scapito dell'agricoltura, che chiuse il conflitto con una sensibile diminuzione dei suoi prodotti e una notevole staticità tecnologica e produttiva: insomma una pagina della storia, che come dice Francesco De Gregori “non si ferma davanti ad un portone” e gli intenti scaturiti dall’incontro non si fermano a ciò.