Il tema dell'incontro sugli studi napoleonici, giunto alla decima edizione, organizzato dal Circolo Culturale "L'Agorà" e dal Centro studi "Gioacchino e Napoleone" prende spunto da un reportage apparso sul numero 40 del febbraio 2010 della nota rivista FOCUS/STORIA.
Nell'uscita del periodico in argomento vennero trattati diversi argomenti e personaggi relativi all'epopea napoleonica dal titolo "Bonaparte e gli italiani" e nello specifico:
Lo straniero sul trono di Francia;
Tra cuore e Stato;
Il piccolo caporale;
Serenissima fregatura;
Made in "N";
Souvenir d'Italie: e Giotto finì al Louvre;
Il raccomandato;
Al seguito di Napoleone;
L'ultima volta in Italia.
In risposta ad alcuni punti di quel resoconto, qualche settimana dopo venne pubblicato su internet una doverosa nota dai contenuti privi di alcun tipo di polemica nei confronti degli autori, ma da un'angolazione visiva diversa nei confronti dei temi argomentati sulla nota rivista Focus/Storia che ha il merito di approfondire fatti, vicende e personaggi dei secoli passati.
Infatti l'uscita n. 40 del febbraio 2010 gli dedica, con tanto di copertina, un reportage denominato “Napoleone Italiano” e, tra l'altro, sempre sulla copertina vi sono delle gustose “anticipazioni” di quello che si leggerà al suo interno come “Le eredità che ci lasciato (e che cosa ci ha rubato)”.
ANDIAMO A VEDERE DI COSA SI TRATTA E QUANTO VIENE RIPORTATO SULLA RIVISTA IN ARGOMENTO ALLE PAGINE 60-61 DAL TITOLO “SOUVENIR D'ITALIE: E GIOTTO FINÌ AL LOUVRE (REQUISIZIONI, ESPROPRI E FURTI PORTARONO A PARIGI CENTINAIA DI OPERE D'ARTE. SOLO IN PARTE RESITUITE IN SEGUÌTO ALL'ITALIA)”:Antichi manoscritti, arredi, dipinti, oggetti pregiati, sculture e persino gli archivi vaticani. Oltre 5mila opere d'arte (5.233 secondo una fonte francese del 1815, ma il calcolo è quasi impossibile). È questo il campionario di “souvenir” che tra la fine del Settecento e l'inizio dell'800 fu strappato all'Italia, caricato su centinaia di carri e spedito alla volta di Parigi. Destinazione: il palazzo del Louvre, che Napoleone aveva deciso di trasformare nel “museo più bello dell'universo”. Requisizioni in vari trattati stipulati durante e dopo le campagne d'Italia Napoleone inserì infatti clausole che impegnavano i vinti a consegnare alla Francia innumerevoli opere d'arte requisite a ordini religiosi aboliti o sottratte alla Chiesa.
OCCHIO LUNGO . A dirigere l'operazione fu chiamato il barone Dominique Vivant Denon, storico dell'arte ribattezzato “l'occhio di Bonaparte”. Per l'esproprio dei beni culturali e artistici (molti confluiti nelle prime pinacoteche pubbliche italiane, come l'Accademia di Brera a Milano, e perciò salvati dalla dispersione) a parroci e autorità civili fu chiesto di stilare elenchi dettagliati delle opere in loro possesso. In parallelo, lo scultore Antonio Canova (dal 1802 ispettore generale delle antichità e delle Belle Arti per conto dello Stato della Chiesa) cominciò una battaglia per la tutela del patrimonio artistico della Penisola, supportato da papa Pio VII, che in un documento ufficiale del 1802 scrisse: “I quadri delle chiese […] non potranno togliersi dal luogo in cui sono collocati […] senza consenso dell'ispettore”. Un ordine per lo più gnorato dagli incaricati napoleonici.
DIETROFRONT. Canova, che era molto apprezzato anche in Francia, si recò a Parigi dove iniziò subito a contrattare la restituzione di alcuni capolavori, denunciando la razzia. Si dovrà però attendere la caduta dell'imperatore, nel 1815, perché il maltolto riprendesse la via di casa. Già nell'autunno di quell'anno partì un convoglio dall'Italia (“41 carri con 200 cavalli da tiro” secondo alcune fonti francesi dell'epoca). Gli archivi vaticani e numerose importanti sculture furono restituiti, ma degli oltre 500 dipinti solo la metà tornarono nella Penisola: molti finirono in collezioni private e altri sono ancora Oltralpe.
“I TROFEI DEL GENERALE (GIOCONDA ESCLUSA) ” : Ecco una lista di altri capolavori trasferiti per ordine di Napoleone in Francia dove alcuni sono rimasti. Non fu invece trafugata da Bonaparte (come alcuni cominciarono a credere dal 1911, quando il ladro Vincenzo Peruggia disse di avere rubato il quadro per restituirlo alla madrepatria) la Gioconda di Leonardo. Il dipinto fu infatti portato in Francia dal pittore stesso nel 1516, quando si trasferì ad Amboise ospite di Francesco I, che lo acquistò con altre opere.
“Nozze di Cana “del Veronese (1564). Destinato al monastero benedettino di San Giorgio Maggiore a Venezia, e requisito nel 1797, è ancora oggi al Louvre;
“Stigmate di San Francesco “ di Giotto (1295). Trafugato dalla chiesa di San Francesco a Pisa, dal 1813 è al Louvre;
”Estasi di Santa Cecilia” di Raffaello (1516). Prelevato da Bologna, fu poi restituito alla pinacoteca cittadina;
“Venere Medici”, statua greca copia di un originale del V secolo a.C. Fu scelta personalmente da Napoleone nella galleria medicea degli Uffizi, a Firenze, dove l'opera tornò nel 1815;
Cartone preparatorio dell'affresco “La scuola di Atene” di Raffaello (1511). Requisito alla biblioteca Ambrosiana di Milano nel 1796, furestituito con altre opere nel 1815;
“Cristo benedicente“ del Guercino (1655). Requisito a Forlì, oggi è alla Pinacoteca di Brera, a Milano;
“Codici” di Leonardo da Vinci. Tutti i manoscritti conservati dalla biblioteca Ambrosiana di Milano (appunti, schizzi sul volo e disegni di macchine) furono requisiti nel 1796, in seguito ne furono restituiti soltanto alcuni. Gli altri sono ancora oggi conservati all'istituto di Francia,a Parigi. [1]
DALLA LETTURA IN ARGOMENTO RELATIVA A QUANTO SOPRA RIPORTATO SULLA RIVISTA FOCUS/STORIA n. 40 del febbraio 2010 di focus/storia che gli dedica, con tanto di copertina, un reportage denominato “Napoleone Italiano” , piace ricordare che durante il biennio 1796-1798 il giovane Napoleone eseguiva le direttive decise dalla Convenzione e, successivamente dal Direttorio, quindi questo non vuol dire che egli era un ladro.
Ritornando alla pubblicazione in argomento - continua Gianni Aiello - e nello specifico "Souvenir d'Italie: e Giotto finì al Louvre" vi è un'elencazione relativa alle "ruberie" del periodo come diverse opere d'arte quali quadri, statue ma anche manoscritti, come i famosi codici appartenuti a Leonardo da Vinci.
Insomma un lungo elenco di “trofei del generale”, esclusa la Gioconda come giustamente riportato, per fortuna, vista che la stessa venne commissionata dal sovrano francese Francesco I al genio toscano.
Ritornando a “Souvenir d'Italie: e Giotto finì al Louvre” ci piace riportare ciò che lo storico
tedesco Franz Herre evidenzia in “Napoleone Bonaparte” : [... La ricca città di Milano aprì loro le porte. Parma e Modena, lo Stato della Chiesa e Napoli si affrettarono a comprare la pace col denaro e i tesori artistici; il papa, alla fine, cedette anche Ferrara, Bologna, la Romagna e Ancona.] [2] .
Quindi da quanto si evince dal saggio storico le cose, sembrano che siano andate in modo leggermente diverso da quanto una certa storiografia ha tramandato ai posteri.
Sempre in “Souvenir d'Italie: e Giotto finì al Louvre” si citano tra le tante opere artistiche anche i cavalli in bronzo, la quadriga Marciana, che il “ladro” Napoleone da Venezia portò in Francia.
Ebbene, a riguardo la stessa opera equestre, c'è da ricordare che la medesima era ubicata nell'ippodromo di Costantinopoli e che a seguito della IV crociata (1204) venne “trasportata” a Venezia insieme ad altre opere provenienti dalla Capitale dell'impero Romano d'Oriente, come i tetrarchi, ma anche i “pilastri Acritani”, provenienti dalla basilica di San Polieucto in San Giovanni d'Acri.
La domanda, come disse qualcuno, viene spontanea “chi sono veramente i ladri?”
A questo punto, ragionando per assurdo, se il governo turco rivolesse indietro ciò che i crociati ed il doge Enrico Dandolo di Venezia ebbero a sottrarre alla città di Costantinopoli, l'attuale Instanbul, cosa succederebbe?
E se si riaprissero i contenziosi tra l’Egitto e la Gran Bretagna per il possesso della Stele di Rosetta (oggi al British Museum), o tra la Grecia e il governo inglese per i marmi del Partenone (anche questi al British Museum), e ancora tra la Grecia e la Francia per la Nike, la Vittoria alata di Samotracia (oggi al Louvre) a cosa si andrebbe in contro?
Dati certi è che si è di fronte a casi di ruberie che si sono susseguite nel tempo, se vogliamo usare un termine più elegante, bottini di guerra, MA l'arte del saccheggio c'è sempre stata, come testimoniato nel Vecchio Testamento.
Infatti sia il profeta Daniele che il profeta Geremia narrano che nel 607 a.c. A seguito della conquista di Gerusalemme il sovrano babilonese Nabucodonosor fece trasportare diverse decorazioni in bronzo e di altro metallo pregiato nei propri territori.
Naturalmente tali “operazioni” proseguono con lo scorrere del tempo interessando tutti i territori del globo e le varie amministrazioni che si sono susseguite nei millenni, come ci descrive Giorgio Monteforti apparsa sul magazine elettronico PARADOS dal titolo “l'arte del saccheggio “.
A tal proposito riportiamo questo passaggio “ [… L’ ultimo dei ladroni d’annata, e il più grande dalla caduta di Roma, fu Napoleone Bonaparte. Se e’ vero che dovunque andasse vincesse e’ vero anche che dovunque vincesse rubasse. Anche se non sempre spudoratamente come il 23 giugno del 1796 a Bologna quando obbligò lo Stato Pontificio a firmare un armistizio che al capoverso VII costringeva il papa a cedere alla Repubblica Francese 100 tra quadri, busti o statue a seconda della scelta di appositi commissari che sarebbero stati inviati a Roma; dal conto delle cento opere d’arte sarebbero restati esclusi il busto bronzeo di Giunio Bruto e il busto in marmo di Marco Bruto perché da prendersi a parte insieme a 500 manoscritti a scelta (dei francesi) della biblioteca vaticana. Con la successiva Pace di Tolentino del 24 febbraio 1797 Napoleone non solo riconfermò le pretese di 6 mesi prima ma rincarò la dose pretendendo dal papa 15 milioni di lire dell’epoca in diamanti o opere d’arte (per avere un termine di paragone nello stesso periodo Napoleone vendette agli USA la Louisiana per 80 milioni) e più 37 manoscritti di quelli della Biblioteca Palatina di Heidelberg illegalmente rimasti nelle mani vaticane per quasi 200 anni. Ma almeno in quest’ultimo caso era andato a rubare in casa di ladri. Come quando nel 1797 a Venezia arraffò i “cavalli di San Marco” cioè “i cavalli di Bisanzio” (quelli rubati nel 1204) e se li portò a Parigi per piazzarli sull’arco di trionfo. L’imperatore aveva decisamente un’insana passione per ricettare roba che scotta.].
IN CONCLUSIONE VORREI CITARE ALTRE CIFRE:Il Codice di Hammurabi (una fra le più antiche raccolte di leggi) che venne stilato durante il regno dell'omonimo sovrano babilonese. Esso fu il bottino di guerra dell'esercito elamita. Attualmente si trova nel Museo del Louvre;
Ciò che è conservato all'ermitage di Pietroburgo e che dal marzo del 1995 fa parte di una mostra intitolata "I capolavori nascosti rivelati". Settantaquattro opere dei più grandi maestri impressionisti e post-impressionisti, Van Gogh, Degas, Gauguin, Renoir, Monet, Cezanne, Manet, Pissarro, Toulouse-Lautrec, Delacroix, Matisse e Picasso. Settantaquattro quadri creduti distrutti o perduti durante la seconda guerra mondiale. Anche questi, come l'"Oro di Priamo" o “Tesoro di Troia”, monili ritrovati alla fine del secolo scorso dall'archeologo tedesco Heinrich Schliemann.
Nonostante un trattato, concluso nel 1990 fra Mosca e Bonn che preveda la reciproca restituzione di tali beni artistici, la decisione quasi unanime del parlamento indirizzata a farli rimanere in Russia, come compenso per i danni subiti durante la guerra;
Nel 1995 viene firmato un accordo tra l'Albania e gli Stati Uniti per la restituzione del bottino di guerra che i nazisti avevano sottratto nel 1943: 2.417 chili di oro che custodiva la Banca albanese a Roma ma di cui sono stati ritrovati finora 1.574 chili, per un valore di circa venti miliardi di lire;
Nel marzo di quest'anno torneranno in Lettonia alcune opere d’arte trafugate durante la II guerra mondiale, frutto di un accordo stretto in Polonia dal presidente lettone Andris Brziš durante la sua visita ufficiale.
Infine risulta doveroso ricordare l'attività di recupero da parte di Rodolfo Siviero, nominato dall'allora Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana Alcide De Gasperi, “Ministro Pluripotenziario” con compiti di recupero delle opere d'arte trafugate in Italia nel corso della seconda guerra mondiale tra il 1937 ed il 1944.
[1] focus storia, n. 40, febbraio 2010;
[2] F. HERRE, napoleone, pp.52-53, Bompiani, 1991.