La figura di Napoleone Bonaparte, a quasi due secoli dalla sua morte, avvenuta il 5 maggio del 1821, rappresenta una delle icone tra le più seguite sia dal punto di vista bibliografico che cinematografico.
L'interesse che il grande corso assume è testimoniato dalla vasta produzione culturale che ruota intorno alla sua figura: una letteratura celebrativa che, oltre a quella della celluloide si estende anche nella sfera del teatro, saggistica, fumetti, musica, pittura.
Non vi è area geografica o periodo dell'anno dove si svolgono incontri inerenti l'imperatore dei francesi, quali convegni, rievocazioni storiche.
A distanza di quasi due secoli dalla sua dipartita si continua ancora a parlare di lui, mentre dei suoi vincitori poco o nulla: la sconfitta di Waterloo venne definita paradossalmente un'altra vittoria.
A seguito di tali conseguenze qualcuno ebbe a dire che dei vincitori di Napoleone Bonaparte si sarebbe cominciato a parlare poco o addirittura i loro nomi sarebbero caduti nel dimenticatoio della memoria storica.
La figura di Napoleone Bonaparte viene ascritta tra i personaggi storici che hanno ricevuto una attenzione alquanto estesa anche da parte dei registi cinematografici.
Dopo tali premesse curate dal presidente del sodalizio organizzatore Gianni Aiello, la parola è passata a Tonino De Pace, presidente del circolo del cinema “Zavattini” che, attraverso l'ausilio visivo di una sequenza di immagini riproducenti locandine e location, tratte dai vari film, ha illustrato ai presenti l'iter cronologico relativo alla produzione cinematografia napoleonica.
La parola è poi passata a Tonino De Pace che nel corso del suo intervento ha effettuato un dettagliato e particolareggiato excursus filmico sulla figura dell'Empereur.
L’attenzione riservata a Napoleone, da parte del cinema, è stata ricca anche se non particolarmente memorabile.
È stato spesso sottolineato il lato spettacolare di questa vita così complessa, il suo profilo sentimentale. Questo atteggiamento, in qualche occasione, ha causato il rischio che l’imperatore francese fosse rappresentato come una caricatura oppure come un genio, ma senza raziocinio. Forse, tutto sommato, un servizio migliore è stato reso dalla televisione, come vedremo.
Il cinema, comunque, ha messo al centro della scena la sua ambizione, i suoi amori, veri o presunti, le sua manie, le sue debolezze, la sua vita avventurosa e spesso i film hanno rappresentato una metafora che fosse simbolo dei caratteri dei dittatori di ogni epoca.
Storia e Cinema – inconciliabilità del vero del falso
Il rapporto tra Cinema e Storia, e tra registi e storici, è sempre stato, anche al di là di Napoleone, un rapporto difficile e spesso basato più sul tradimento che sulla stima reciproca. Quello che non si è mai compreso a fondo è che il cinema non ha il dovere di raccontare la verità, sarebbe pretendere troppo da un’arte che fonda la sua manifestazione proprio sulla falsità, sulla creazione del falso. È per questa ragione che il rapporto tra storia e cinema è stato, nel tempo, per lo più spettacolare, avendo il cinema attinto alla parte più scenografica delle vicende storiche barando, più o meno efficacemente, sui personaggi, sullo svolgimento dei fatti e sull’impianto generale degli avvenimenti. Questi i motivi per i quali gli storici hanno in qualche misura dubitato e giustamente preso le distanze dal cinema a soggetto storico, preferendo forse il cinema in costume dove la rappresentazione poteva restituire, sensibilmente, i tempi e le epoche storiche, dove non vi è responsabilità nella narrazione dei fatti e dove la fantasia narrativa, quindi, non deve scontrarsi con la verità storica.
Le diffidenze nascono da un malinteso che è sempre presente quando si parla di cinema. Spesso, infatti si pretende che il cinema metta in scena la realtà, la pretesa verità dei fatti, senza pensare che dietro un film vi è un processo elaborativo di scrittura e di regia, senza riflettere sul fatto che il cinema è, essenzialmente, la messa in scena della fantasia e che questa piaccia o non piaccia, a volte può prescindere dalla verità. Così come la trasposizione di un romanzo al cinema non deve e non può trasformarsi nella mera illustrazione del racconto, oppure una biografia cinematografica non può raccontare tutti - e per filo e per segno - gli avvenimenti di una vita, così anche il cinema che si rivolge alla storia non può convertirsi in un altro volume di storia, ma l’unico compito che deve essergli assegnato e che deve assolvere è quello di fare diventare il fatto o il personaggio, un film, uno spettacolo in cui vi sia lo spessore della riflessione e l’onestà intellettuale che guidi lo sguardo, senza limiti rispetto alla prospettiva dalla quale si guardano i fatti.
La riflessione ci induce a prendere le distanze quindi da un utilizzo del cinema che costituisca solo e soltanto l’occasione per un “ripasso” dei fatti storici, ovvero un modo alternativo, se non illustrativo di una sua nuova scrittura. Il cinema e i film, utilizzati prescindendo dalla loro essenza, sembrano perdere il proprio valore e ridursi a mera illustrazione più o meno riuscita dei fatti che mettono in scena.
Quindi il cinema non è una fonte per gli storici, né dovrebbe servire ad aggiungere elementi di conoscenza rispetto all'immagine dei personaggi storici, questo è compito precipuo degli studiosi e solo occasionalmente delegato al cinema. È necessario, infatti, riaffermare una autonomia del cinema e che i film siano valutati e valutabili in se, per le proprie qualità e che, caso mai possano solo diventare, una fonte per una storia dello sguardo dell'uomo contemporaneo sul suo passato, recente o lontano.
Napoleone e la sua rappresentazione cinematografica
Il personaggio di Napoleone al Cinema inizia sin dai tempi del muto. È, infatti, del 1903, L'épopée napoléonienne prodotto dalla Pathé. Nel 1909 il prolifico regista americano J. Stuart Blackton avrebbe realizzato The life of Napoleone dieci minuti di film che condensano la vita del protagonista diviso in due parti: Napoleon and the Empress Josephine e Napoleon, the man of destiny. Del 1924 è Napoleon and Josephine dell’inglese hollywoodiano Alexander Butler, Sant’Elena dell’attore e regista romeno – tedesco Lupu Pick è del 1929. Nel 1935 esce un film italiano, oggi dimenticato, che si intitola Campo di maggio di Giovacchino Forzano, avvocato, scrittore, drammaturgo, amico di Mussolini. Il film è un tentativo, velleitario, di rapportare la figura dell’imperatore a quella di Mussolini.
Ma, di certo, il film muto più famoso, e forse ancora oggi il film più epico e spettacolare che sia stato girato su Napoleone, è il colossale Napoléon vu par Abel Gance del francese Abel Gance (1889-1981). Avrebbe dovuto essere il primo di sei episodi, ma restò l’unico ad essere realizzato. Il film, che costò 18 milioni di franchi fu, per l’epoca, un investimento straordinario e anche i privati parteciparono economicamente alla sua produzione. Un’opera forse magniloquente, che sceglie di guardare gli avvenimenti tutti dalla parte del suo protagonista di cui ricostruisce la vita a partire dal 1781, anno del suo ingresso, ancora adolescente, presso la scuola militare di Brienne, fino all'inizio della Campagna d'Italia nel 1796. Frutto di quattordici mesi di riprese e di 450.000 metri di pellicola impressionata (circa 40 ore) il film di Gance resta un evento ancora oggi. L’anteprima fu un grande evento che l'Opéra di Parigi ospitò nel 1927 e in quella occasione fu proiettata una versione di sette ore. Film visionario per eccellenza ha costituito un esempio di grande sperimentazione cinematografica che Chaplin definì: Una tempesta di immagini. Napoléon è caratterizzato da alcune sequenze memorabili per la loro spettacolartità. Tra le quali, giusto per ricordarne alcune: la sequenza della tempesta durante il viaggio di Napoleone dalla Corsica in Francia, la famosa sequenza della battaglia con i cuscini e poi con le palle di neve tra i giovani allievi di Brienne, un’ardita ripresa dell'aula della Convenzione dove Gance lavora con una camera sospesa a un filo e quindi l'arrivo della Grande Armée in Italia. Gance sfruttò le tecniche di ripresa all'epoca conosciute, anticipandone di nuove, realizzando un montaggio dal ritmo serrato identificando il suo sguardo con la soggettiva del suo protagonista. Ma non possiamo non ricordare, proprio per l’impatto spettacolare che restituiscono, le famose le sequenze finali. La proiezione di questa parte del film, era prevista su uno schermo concavo diviso in tre sezioni, l’incrocio della proiezione da parte di tre proiettori diversi creava il cosiddetto effetto del Polyvision, sicuramente spettacolare, ma che per la sua macchinosità avrebbe ostacolato in modo decisivo la commercializzazione del film. All'epoca erano, infatti, pochi i cinema che avessero a disposizione uno schermo e una sala sufficientemente grandi per potere fare fronte a quelle necessità. La maggior parte delle scene del trittico sono oggi andate distrutte. Restano integre quelle della Campagna d'Italia, in cui vediamo in un’unica grande immagine l'esercito pronto al combattimento. L’intento di Gance era quello di offrire una molteplicità di visione, differenti punti di vista secondo una modernità che il film annunciava e che all’epoca non era solita o comunque poco praticata. La lunghezza del film diede origine ad almeno una ventina di versioni ridotte. Alcune di queste vennero curate dallo stesso Abel Gance (1934 e 1971, quest'ultima col titolo Bonaparte et la Révolution), altre da registi come l'inglese Kevin Bronwlow (proiettata a Londra nel 1979, con accompagnamento musicale di Carl Davis) e di Francis Ford Coppola, che organizzò la proiezione a New York nel 1981, al Radio City Hall, con una nuova colonna sonora composta dal padre, Carmine Coppola. La versione di Coppola è stata proiettata anche a Roma nel 1981 e poi nel 2007, in uno scenario suggestivo di via S. Gregorio, su uno schermo di 33 metri. Nel cast del film tra gli attori, oltre all'interpretazione di Albert Dieudonné nei panni di Napoleone, e lo stesso regista in quelli del giacobino Saint-Just, va ricordata la presenza di Antonin Artaud, il grande attore francese, che interpreta Marat.
La sequenza della sua morte è un quanto mai evidente omaggio iconografico al pittore David e al suo famoso dipinto.
Lontani dall’epica e dalle spericolatezze tecniche di Gance, altre produzioni hanno raccontato o preteso di raccontare i vizi segreti dell’imperatore francese, primo fra tutti quello di impenitente donnaiolo. Il tema, che ha il giusto sale per la curiosità del pubblico, ha ispirato film come Maria Walewska, di Clarence Brown (1937), con Greta Garbo nel ruolo della nobildonna polacca che di fatto ha oscurato l’interpretazione di Charles Boyer nei panni dell’imperatore. Un film che resiste al tempo solo per la presenza dell’anomala diva svedese. Il tema è anche al centro di Désirée, di Henry Koster (1954). Qui le vicende di Napoleone sono interpretate da Marlon Brando, un Napoleone fisicamente poco credibile, ma questo poco importerebbe, se non si trattasse di un film dallo scarso spessore che traduce in forma quasi fumettistica l’amore giovanile di Bonaparte per Désirée Clary (Jean Simmons), che sarebbe diventata futura regina di Svezia come moglie del maresciallo Bernadotte.
Nel 1942, in piena seconda guerra mondiale, per la regia dell’inglese Carol Reed, esce Il nemico di Napoleone. Si tratta di un film che mescola umorismo e storia, dentro un racconto che vede la propaganda antihitleriana e l’impegno bellico, come vero scopo dell’operazione. La vicenda è quella di un giovane ministro inglese che doveva fronteggiare la potenza napoleonica.
Sant'Elena, piccola isola, di Renato Simoni, è un film del 1943 realizzato in piena guerra mondiale. Un’opera che è frutto del regime e risente del clima bellico e di propaganda contro la Gran Bretagna. Tuttavia rimane un reperto d’epoca firmato da Simoni insieme a Umberto Scarpelli. Il film presenta qualche motivo di autentico interesse, poiché la sua sceneggiatura è costruita attraverso le fonti e i memoriali coevi. Il cast è formato da attori con una solida cultura teatrale e anche il regista proveniva da quel mondo. Tutti a cominciare dal grande Ruggero Ruggeri, danno un’ottima prova delle loro qualità e il film riscuote un certo successo. Una curiosità: nel cast c’è un giovanissimo Alberto Sordi nelle vesti di un ufficiale inglese.
Carlo Borghesio sceneggiatore e regista italiano nel 1951 diede vita, con onesto artigianato, a Napoleone piccola commedia in cui Napoleone, interpretato da Renato Rascel che avrebbe poi sfruttato il personaggio, detta le proprie memorie alla statua di Giulio Cesare. Nel cast anche Marisa Merlini, Sergio Tofano e Carlo Ninchi.
L’attore, sceneggiatore, regista e controverso uomo di cinema come Sacha Guitry nel 1954 ha girato un film sull’imperatore dal titolo Napoleone Bonaparte. Un film che vede Tayllerand l’uomo politico protagonista con Metternich del Congresso di Vienna, interpretato dallo stesso Guitry, raccontare agli amici la biografia di Napoleone. Un film chè è un’occasione per una piacevole passerella di grandi attori, da Jean Gabin a Erich Von Stroheim, da Michele Morgan a Daniel Gélin.
Sempre con uno sguardo particolare alla spettacolarità non va dimenticato Austerlitz intitolato anche La battaglia di Austerlitz o ancora Napoleone ad Austerlitz (1960) con cui il sempre magistrale Abel Gance ritorna sul tema a lui caro girando la lunga sequenza di circa quaranta minuti dedicati alla battaglia. Un lavoro cinematografico dal ricercato impianto psicologico che comprende nel suo cast volti assai noti del cinema anche italiano: Vittorio De Sica (Pio VII), Claudia Cardinale (Paolina Bonaparte), Orson Welles, Jeanne Marais e Rossano Brazzi.
Un film che, invece, molti ricordano, e che costituisce una pietra miliare del cinema spettacolare degli anni ’70, traducendo in immagini la grandeur napoleonica è Waterloo (1970) del regista sovietico Sergej Bondarčuk. La ricostruzione dettagliata e meticolosa della battaglia di Waterloo, cuore del film, è stata girata con un imponente dispiegamento di mezzi dando origine ad una delle più lunghe ricostruzioni di battaglia della storia del cinema. Rod Steiger veste con convinzione i panni dell'imperatore e tra gli attori anche Orson Welles. Un cinema, comunque non sempre sorprendente quello del regista russo che si riscatta nella seconda parte. La misura dell’operazione di ricostruzione storica è data dalla durata del film che nell’edizione russa è di 4 ore, 2 per quella italiana.
Interessante e complesso, è Adieu Bonaparte (1985) del compianto regista egiziano Youssef Chahine, che durante la sua vita non ha mai smesso di essere la voce più limpida del cinema egiziano e, nel contempo, autorevole intellettuale con uno sguardo originale e laico sul mondo sociale della sua terra. Lo scenario è quello della Campagna d'Egitto, uno dei momenti fondamentali della costruzione del mito napoleonico. Con originale taglio Chahine affronta il tema dell'incontro/scontro tra mondo islamico tradizionalista e cultura europea illuminista. Un tema che lo affascinava e al quale più di dieci anni dopo avrebbe dedicato Averroè (1997) biografia del filosofo arabo che rappresentò, nel passato, il tema di uno scontro che ancora oggi ci coinvolge, quello tra civiltà cristiana e islamica.
Ma tornando al film Adieu Bonaparte, proprio per le sue caratteristiche nonostante la sua partecipazione al festival di Cannes nel 1985, suscitò vivaci polemiche e in Egitto fu l’occasione per accusare il suo autore di eccessive simpatie per l’occidente. Forse proprio il suo sguardo laico sui fatti, non è mai stato bene accetto dalla cultura dominante. Ma in questo caso, forse, quel film non possedeva le qualità artistiche che i suoi precedenti avevano messo in evidenza. È per questa ragione che, probabilmente, che Adieu Bonaparte è un film dimenticato.
La figura affascinante dell’imperatore non può prescindere dai due esili subiti, quello temporaneo all'Elba e quello definitivo a Sant'Elena. Questa parte della sua biografia non poteva essere trascurata dal cinema.
Nel 2002 esce Monsieur N per la regia di Antoine de Caunes, un racconto dell’ultima e dura battaglia di Napoleone questa volta per la propria sopravvivenza nell’isola di sant’Elena. Un film che riapre alcuni misteri sulla fine del dittatore, quasi invisibile da noi in Italia nonostante la sua recente realizzazione.
Sempre legato all’esilio, ma a quello nell’isola toscana, è l’ancora più recente N - Io e Napoleone (2006) di Paolo Virzì, costruito, con una necessaria libertà di intenti, mette in scena la vicenda che Ernesto Ferrero racconta nel romanzo N (Einaudi, 2000). Nel 1814 sull’isola d’Elba, arriva il grande esule, interpretato da Daniel Auteil. Al centro della trama vi è il rapporto di odio misto a fascinazione tra l'Imperatore e il suo nuovo bibliotecario e scrivano l’elbano Martino Papucci. Questi vorrebbe ucciderlo per rendere giustizia alle centinaia di migliaia di giovani morti in Europa per causa sua e delle guerre che ha scatenato, ma la conoscenza del personaggio gli rende il progetto difficile. Il giovane idealista è paralizzato dalla forte e complessa personalità di Napoleone. Il film, originale per l’argomento, diventa una rarità nel nostro cinema recente che non ha affrontato il personaggio, che in passato, invece, aveva suscitato un certo interesse come soggetto di spettacolo, pur senza mai toccare vette eccelse.
Esiste una certa filmografia ambientata in epoca napoleonica nella quale Napoleone non appare, se non in qualche occasione e in qualche scena.
Tra questi ricordiamo I duellanti di Ridley Scott (1977), tratto da un racconto di Joseph Conrad. Un duello lungo tutta la vita per una questione d'onore che maschera un conflitto di classe tra il nobile d'Hubert (K. Carradine) e il rozzo borghese Feraud (H. Keitel). Film di indimenticabile bellezza anche estetica, per l’esordio del regista inglese.
Il tema della difficile sorte di molti ex militari napoleonici dopo Waterloo torna ne Il colonnello Chabert, di Yves Angelo (1994), con Gerard Dépardieu e Fanny Ardant, tratto da un breve racconto di Honoré de Balzac.
La figura di Napoleone ha ispirato alcuni film che prendendo spunto dalla sua vita hanno centrato l’attenzione sul mito, giocando sul personaggio. In I vestiti nuovi dell'imperatore (2001) il regista Alan Taylor ci propone un Napoleone che a Sant’Elena si è fatto sostituire da un sosia, continuando a vivere una vita normale dedicandosi a quei sentimenti trascurati per tutta la vita. La curiosità di questo film è che l’imperatore è interpretato da Ian Holm, che lo aveva già interpretato in I banditi del tempo, del 1981, per la regia di Terry Gilliam e la partecipazione del gruppo dei Monty Python. La storia del film di Taylor si sviluppa attorno al mito popolare secondo il quale Napoleone non fosse morto in esilio, ma avrebbe continuato a vivere da qualche parte nel mondo.
Dentro questo novero di film che tengono in lontananza la figura di Napoleone va ricordato l’alleniano Amore e guerra (1975) rocambolesca e iperbolica storia d’amore quasi impossibile che si svolge nello scenario storico dell’epoca napoleonica, della campagna di Russia alla quale il protagonista nonostante tutto vuole partecipare. Il film dotato di una comicità colta e irresistibile frantuma i miti di cui si nutre.
Il personaggio di Napoleone è stato frequentato abbondantemente anche dalla televisione e anche da quella italiana.
Nel 1964, andò in onda sul programma nazionale, come allora si chiamava quello che oggi è RAI1, lo sceneggiato, come all’epoca erano catalogati, in otto puntate e non in episodi, I grandi camaleonti, per la regia di Edmo Fenoglio. Una storia che, tratta dal romanzo di Federico Zardi, racconta la storia francese che va dalla fine della rivoluzione, al Direttorio e quindi alla presa del potere di Napoleone. Un cast stellare per l’epoca: Giancarlo Sbragia (Napoleone), Raul Grassilli, Enzo Cerusico, Tino Carraro, Valentina Cortese, Mario Pisu.
Il grande Vittorio Cottafavi nel 1973 realizzò Napoleone a Sant'Elena, trasmesso in quattro puntate. La storia, che vede un Napoleone agli ultimi mesi di vita, relegato nell’esilio di Sant’Elena, è il racconto delle sua verità che vorrà lasciare in forma di memorie da affidare alle generazioni future. Le guerre e gli errori, gli amori e le fughe fanno parte di questo avventuroso racconto dell’imperatore ormai immobile nella dimenticata isola del Pacifico. Anche in questo caso, una schiera di attori di tutto rispetto e con una grande esperienza teatrale dà vita ai personaggi. Renzo Palmer nel ruolo di Napoleone, Arnoldo Foà in quello del narratore e ancora Walter Maestosi, Giuliana Calandra.
Anche le televisioni straniere hanno raccolto il mito del generale per farne fiction popolare.
Tra queste vanno sicuramente ricordate: Napoleone e le donne del 1983, per la TV inglese, che vede per la terza volta Ian Holm nei panni del generale francese le cui gesta sono raccontate dalle sue donne; Napoleone e Giuseppina di Richard Heffron è una miniserie TV statunitense del 1987 che racconta della caduta e dell’ascesa di Napoleone, centrando il racconto sul suo rapporto con la prima moglie Giuseppina di Beauharnais; infine va ricordata un’altra miniserie tv Napoléon, quattro puntate dirette da Yves Simoneau, frutto di una coproduzione tra Francia, Germania, Italia, Canada e Stati Uniti. Il film che vede nel cast John Malkovic, Gerard Depardieu e Isabella Rossellini, guarda alla biografia del protagonista, ma gli conferisce uno spessore psicologico particolare. Un uomo che ha il senso della storia, che guarda alla sua solitudine alla sua Jospehine che non potrà dargli un erede per perpetuare una dinastia.
Conclusioni
Il personaggio di Napoleone resta affascinante, epico e per alcuni tratti misterioso, come misteriosa è stata la sua morte. Il cinema ha tratto a volte lo spettacolo, a volte il profilo umano, restituendo un personaggio variegato e di grande profilo storico. Forse l’unico film che sintetizza bene i suoi tratti è quello di Abel Gance che resta un film per un cinema pensato in grande, per i grandi spazi come quelli desiderati da Napoleone durante la sua vita.