La quindicesima edizione dedicata agli studi  napoleonici denominata “5  maggio”  ha avuto come tema “Spie ed intelligence durante il periodo napoleonico” nel  corso della conversazione storico-culturale sono state analizzate diverse  vicende e personaggi del periodo in argomento organizzata dal Circolo Culturale  “L'Agorà” e dal Centro studi “Gioacchino e Napoleone”.
  Dopo l'introduzione di Antonino Megali,  socio del sodalizio organizzatore la parola è passata a Gianni Aiello che ha  esposto una serie di notizie legate a fatti e personaggi legati al periodo  napoleonico e, nel contempo un breve excursus su tali attività di intelligence  intrecciandole anche con i contenuti esposti in due realtà museali della  capitale tedesca che al tempo della “cortina di ferro” e prima della  caduta del “muro  di Berlino”  era luogo di un'alta concentrazione di spie internazionali.
  Se vi capita di recarvi a Berlino –  esordisce Gianni Aiello (presidente delle due co-associazioni –  avete la possibilità durante il tour  turistico , oltre al classico giro tradizionale, di poter visitare due musei dedicati  al mondo dello spionaggio.
  Uno riguarda quello  (STASI MUSEUM)  quello della STASI (intelligence della DDR) una struttura  costituita da tre piani, di cui il primo riguarda tutto quello che era inerente  alla sorveglianza, all'attenta osservazione di soggetti considerati “sospetti”  ed oppositori che venivano in modo sistematico monitorati attraverso l'utilizzo  di diversi strumenti ed attrezzature.
  Ma chi vuole addentrarsi nelle ambigue  vicende del secondo lavoro più antico del mondo non ha che recarsi al numero  civico 9 della Leipziger Platz, dove ha sede  lo SPY  MUSEUM,  area che prima della caduta del muro era caratterizzata da reticolati di filo  spinato, telecamere, torri di avvistamento.
  Nella struttura museale della capitale  tedesca si ha la possibilità di visionare sia i vari reperti esposti ma anche  una sezione multimediale composta da numerosi monitor dove vengono narrate tali  vicende dai tempi più antichi a quelli recenti.
  L'edificio in argomento, inaugurato il 19 settembre 2015, poggia su due piani, ha una  superficie di 3000 metri quadrati e dispone di  14 sezione tematiche dove si possono ammirare diversi cimeli che vennero  utilizzati a tale scopo nel corso dei millenni.
  A riguardo la sfera dei servizi segreti e di  tutto ciò che ruota intorno a tale asse, il     primo teorico può considerarsi Sun Tzu (6°-5° sec. a.C.), che scrisse il  più antico trattato di strategia militare, L'arte  della guerra, nel quale specifiche sezioni erano dedicate allo  spionaggio. 
  Nel corso dell'arco medioevale l'azione  dello spionaggio giocò un ruolo di notevole importanza anche nelle varie  geografie ed equilibri di quel poliedrico universo della  varie realtà istituzionali che operavano in  Europa in quel momento storico.  
  Nell'opera filosofica “La Città del Sole”  (1602) di Tommaso Campanella vi è traccia di una figura, un “officiale”  denominato “Mastro Spia” che svolge delle mansioni indirizzate al coordinamento  organizzativo di uno staff  di “spie che  avvisano alla repubblica ogni cosa”. 
  Quindi fin dalle origini la raccolta di  notizie di vitale importanza fu utile nell'azione di prevenire e smorzare gli  attacchi nemici e da qui una massima di Napoleone Bonaparte "Chi colpisce per primo, colpisce due volte!".
  E proprio con il grande corso si assiste al  mutamento genetico degli aspetti strutturali e/o organizzativi a riguardo  l'intelligence tanto che lo stesso Napoleone Bonaparte elevò l'agenzia di  spionaggio al rango di Arma, dove gli stessi ufficiali della Grande Armée ricoprivano  tali mansioni: pensiamo ad esempio quando Gioacchino Murat con un falso editto  entrò a Vienna senza lo sparo di un colpo di cannone.
  Nel contempo vi era una linea parallela,  invisibile di uomini non armati che partivano sui luoghi destinati alle  operazioni militari che avevano il compito di studiare, analizzare tutto ciò  che riguardava l'avversario e l'habitat in cui esso risiedeva.
  A riguardo la Campagna d'Italia (1796-1797)  o guerra della prima coalizione, l'Armée  d'Italie diretta dal giovane Bonaparte ebbe a scontrarsi contro gli  eserciti monarchici europei dell'Ancien Régime (Regno di Sardegna, Sacro Romano  Impero, Stato Pontificio ed altre realtà istituzionali della penisola italiana)  e proprio in quel contesto storico si ebbero a contestualizzarsi tali  operazioni di spionaggio.
  Questi invisibili avevano il compito di  rendicontare in modo analitico direttamente allo stesso Napoleone Bonaparte su  cinque aspetti fondamentali: 
  1) quanti chilometri di strada potevano percorrere le truppe austriache in  un'ora, con determinate divise e buffetterie, in condizioni normali di terreno;  quanti sul terreno fangoso, campestre o collinoso;
  2) quali erano i difetti e i pregi dell'armamento leggero austriaco; quali  erano gli impedimenti, causati dal loro equipaggiamento, che i soldati  avversari trovavano nei loro movimenti;
  3) dove erano ubicati i campi di foraggio della cavalleria, come erano difesi,  come vi si accedeva;
  4) quale era il tono morale e la volontà combattiva dei reparti austriaci,  quali i reggimenti più sicuri e quali i meno;
  5) quale era la formazione dello Stato Maggiore avversario, quali le invidie e  le gelosie tra gli ufficiali che lo componevano e quali le capacità dei più  elevati in grado e le loro ambizioni.
  Dal risultato di tali quesiti e, naturalmente, dalla preparazione logistica e  strategica sia dello stesso Bonaparte che del proprio staff iniziarono le  operazioni e le consequenziali vittorie sul campo, dove ogni battaglia fu ed è  considerata un'opera di strategia militare.
  Quindi durante le operazioni militari del  periodo napoleonico la cavalleria andava a rivestire un ruolo di primaria  importanza sugli esiti delle varie battaglie e nel contempo andava a supportare  il lavoro degli invisibili di cui si era fatto menzione in precedenza e le  informazioni arrivano in modo codificato: era la cifratura, anche se  attualizzata durante il periodo napoleonico, tale sistema era utilizzato  nell'antica Roma, e conosciuto come il cifrario di  Cesare.
  Con tale sistema veniva cambiato l'ordine  delle lettere dell'alfabeto, quindi veniva cambiato l'ordine delle stesse e  quindi il senso di una frase era completamente criptato e di conseguenza  incomprensibile agli avversario, va da sé che per una maggior sicurezza di  quelle informazioni, l'ordine delle lettere dell'alfabeto veniva cambiato di  volta in volta.
  Nella rivista italiana di intelligence “GNOSIS” vi è un articolo a  cura di Andrew. D. Rogers  intitolato  “Napoleone, l'imperatore delle spie” dove nello stesso resoconto vi è la  descrizione dell'apparato della security ben organizzata da Joseph Fouché  che […] in soli due anni egli creò ben sei  diversi Servizi Segreti: uno alle sue dirette dipendenze, quale ministro di  polizia, un secondo collegato con la Gendarmeria nazionale, un terzo agli  ordini del Prefetto di Parigi, un quarto collegato con la Guarnigione militare,  un quinto autonomo e operante agli ordini di ufficiali specializzati della  "Maison Buonaparte" e infine un sesto ancóra, autonomo, inserito nel  Ministero degli Affari Esteri […]. 
  Nello stesso resoconto sono narrate alcune  delle gesta a cura di Karl Ludwig  Schulmeister indicato dallo stesso Bonaparte con l'acronimo "il Napoleone delle  spie" e tra le sue imprese quella inerente alla cattura di Louis  Antoine Henri di Borbone duca D'Enghien ed alla vittoria della Grande Armée nella  battaglia di Austerlitz e come ebbe a dire  il Rogers […] il Servizio Segreto fu la sua unica e vera arma segreta,  l'arma che sconvolse i piani dei nemici, che capovolse le loro previsioni e che  condusse il condottiero còrso sul punto di dare corpo al più grande impero dopo  quello romano.[...] . 
  Nonostante la caduta di Napoleone Bonaparte  Karl Ludwig Schulmeister rimase fedele all'Imperatore e per tali principi andò  incontro a processi e lunghi periodi di carcerazione. (1)
  Si era fatto cenno alla cattura del Duca  d'Enghien e quell'arresto fu la consequenziale reazione a quanto avvenne la  sera del 24 dicembre 1800 in rue Saint Nicaise, quando il Primo Console  (Napoleone Bonaparte) si stava dirigendo, a bordo di una carrozza, per  assistere ad una rappresentazione teatrale. 
  Napoleone Bonaparte era all'interno della  prima carrozza insieme, tra gli altri,   al ministro della guerra Louis  Alexandre Berthier ed il generale Jean  Lannes , nella seconda era posta la consorte dello stesso Napoleone, Giuseppina  di Beauharnais,  e la sorella Carolina, mentre nelle  restanti carrozze il seguito dello staff dello stesso Bonaparte, mentre ai  lati delle stesse galoppa la scorta di  granatieri. 
  Venne piazzato lungo quel tragitto un barile  di polvere nera e chiodi su un carro che al momento della sua esplosione causò  morti, feriti: Napoleone né usci indenne dalla notte di Natale, anno XI dalla  Rivoluzione, 24 dicembre 1800.
  Tra i mandanti di tale gesto il gruppo dei  Les Exclusifs (area  realista / giacobina), seguirono  centinaia di arresti a cui fece seguito l'estradizione nelle colonie penali  della Guyana e delle Seychelles. A tal proposito c'è da rilevare lo zampino  dell'intelligence britannica (War office) ed alcuni  personaggi della nobiltà francese, tra i quali   Louis Antoine Henri  di Borbone duca D'Enghien.
  Da tale tipo di dura  opposizione di chiara matrice terroristica Napoleone Bonaparte venne  attenzionato anche in altre occasioni come la congiura  dei pugnali: circostanza nella quale  Napoleone Bonaparte sarebbe dovuto cadere sotto le pugnalate di quattro sicari,  il pittore Francesco Topin-Lebrun, lo scultore Giuseppe Seracchi, Giuseppe  Antonio Aréna e Domenico Demerville, all'interno del Théatre de la République  della capitale transalpina.
  Altri  tentativi criminosi sono da registrare anche in altre aree geografiche dell'Europa  come ad esempio quello che accadde nel castello di Scilla: due avvenimenti  datati 12 luglio 1812 e 14 gennaio 1814. 
  Le  fonti ufficiali narrano di un fulmine che in entrambi le occasioni colpì la  polveriera posta all'interno della guarnigione causando numerose vittime: si  potrebbe avallare l'ipotesi che sia stato un attentato ordito da spie al soldo  degli anglo-borbonici. 
  Restando nell'area del Regno di Napoli si evidenzia un  articolo di Luca De Mauro intitolato "Una  guerra di spie nella Napoli durante la pace forzata tra Regno borbonico ,  Francia e Inghilterra (1802-1805):  [...]La presenza contem-poranea  d’inglesi, francesi, emigrati, esuli e avventurieri rende il Regno un centro  spionistico di peso molto maggiore di quanto la sua scarsa importanza politica  autonoma potrebbe far supporre. Il Servizio segreto borbonico è, ovviamente,un fedele  alleato delle forze britanniche: i suoi agenti dislocati in ogni porto,nelle  isole e nella marineria napoletana sorvegliano con attenzione qualsiasi  movimento dei legni francesi nel Mediterraneo, che viene prontamente riferito  all’ambasciata inglese.Nell’agosto 1803, per  esempio, un certo Amante scrive al ministro della polizia, duca d’Ascoli, che  la barca da pesca della famiglia procidana dei Lubrano porta informazioni sulla  squadra francese ancorata a Marsiglia e diffonde nel regno le voci più spaventose  su una possibile invasione: Antonio Lubrano di Figolo e Michele Lubrano di  Ciccone, procidani e padroni di barche pescherecce, questo partito da Marsiglia  il dì 24 luglio, quello il dì 25 e qui giunti il 5 corrente, interrogati  separatamente hanno deposto che nel porto di Marsiglia vi erano allestiti circa  sessanta bastimenti da trasporto e che la comun voce era di dovere detti  bastimenti servire per trasportare 30 mila uomini nei domini del Re nostro  signore, perché egli si dimostra amico dei francesi pel solo timore ma che di  soppiatto fa dare tutto il soccorso agli inglesi. Altri dicevano che detti  legni per fiume dovranno trasportarsi nell’Oceano per lo sbarco d’Inghilterra [...] 
  Sempre nel Mezzogiorno borbonico si ha notizia grazie ad un articolo apparso  sul Nuovo  Monitore Napoletano a firma di Marco Vigna  avente come titolo "Camorra e regime borbonico" si rileva la presenza  di una setta dei Calderari con la quale [...] il regime borbonico strinse  un’alleanza di fatto con la camorra almeno dal 1816 [...] e che il [...] Colletta parla dei calderari come di  delinquenti, tolti dalle carceri nel 1799 per arruolarli nell’armata sanfedista  oppure provenienti dal brigantaggio del decennio successivo. Il Carascosa,  nelle sue Memoires historiques, concorda sostanzialmente su tale impostazione,  sostenendo che i Calderari erano in massima parte persone colpevoli di fatti  vergognosi e senza autentici principi. Persino un autore chiaramente borbonico  come Ulloa è sprezzante nei loro confronti, definendoli in sostanza quale  plebaglia. In sintesi, i Calderari rappresentavano assieme un’associazione  segreta ed un gruppo paramilitare ed erano reclutati in buona misura fra  criminali comuni d’idee legittimiste, sovente ex sanfedisti, spesso camorristi [...] A riguardo la sua istituzionalizzazione ci sono due ipotesi: la prima  che  venne fondata da  [...] Antonio  Capece Minutolo, principe di Canosa, quando era ministro della polizia, col  preciso obiettivo d’operare in difesa della monarchia “legittima” [...],  mentre la seconda che [...] la setta  sarebbe stata creata su impulso di Maria Carolina (la regina straniera che  aveva di fatto esautorato re Ferdinando I dalle sue mansioni regali, a cui egli  non teneva affatto, e principale responsabile delle stragi dei patrioti della  repubblica partenopea), tanto che essa prendeva anche il nome di “Caroliniana” [...]
  Ritornando  a ciò che accadde a Parigi il 24 dicembre 1800  venne costituito uno speciale bureau, con a capo  Pierre-François  Réal ,  che era in  stretta collaborazione sia con il capo della polizia Joseph Fouché che con  quello della polizia militare, generale Anne Jean  Marie René Savary .
  A riguardo alla  figura, già citata in apertura, di Joseph Fouché bisogna rendere azione  meritoria nei suoi confronti, in quanto seppe strutturare in un periodo breve  di due anni una impalcatura di ben sei unità di intelligence così evidenziato  in precedenza.                                  
  Nello stesso periodo operavano anche le agenzie di contro informazione, come  quella creata da  Emmanuel  Henri Louis Alexandre de Launay, meglio noto come conte  di Antraigues, figura di rilievo del partito realista, che fornì diverse  informazioni sia politiche che militari ad altri stati come  Prussia,Austria,Gran Bretagna, Russia. 
Un
  articolo di Thomas Munch Peterson dal titolo"The  Secret Intelligence from Tilsit in 1807"  si fà riferimento ad alcune informazioni di  tipo riservate che pervennero a [...] George  Canning, segretario straniero britannico, nelle prime ore del 22 luglio 1807,  da una fonte confidenziale. Queste informazioni erano estremamente allarmanti  da una prospettiva britannica: suggerisce che Alexander I di Russia e Napoleone  avessero discusso della possibile formazione di una lega marittima contro la  Gran Bretagna durante i loro primi incontri a Tilsit e che Danimarca,  Portogallo e Svezia dovessero essere costretti ad aderire [...] mentre  altra corrispondenza epistolare datata 21 luglio 1807, veniva indirizzata dal  conte d'Antraigues allo stesso George Canning. Nello stesso articolo si fa  cenno al [...] presunto informatore  d'Antraigues come principe Vassili Troubetzkoi, uno degli assistenti di  campagna di Alessandro I al momento di Tilsit [...]
  Questo continuo  scambio di informazioni, anche se su fronti diverse, permettono ad esempio ai  servizi segreti dello zar Alessandro erano a conoscenza da tempo a  riguardo la campagna di Russia.
    A riguardo tali  azioni di controspionaggio e di strani malesseri o strane coincidenze e/o  circostanze, piace ricordare anche la posizione di alcuni alto graduati  dell'entourage dello stesso Napoleone Bonaparte.
    Si cita ad esempio  la strana posizione, atteggiamenti di uno di essi: il famoso “prode dei prodi”,  il generale  Michel Ney, duca di Elchingen, principe della Moskowa. Un'apparente  condanna a morte tramite fucilazione in quel di Parigi il 7 dicembre del 1815,  invece la sua morte reale avvenne in quel di   Third Creek, vicino Statesville (North Caroline, USA), il 15 novembre  del 1846 e non nel luogo, che “l’altra” storia ci ha  tramandato. Tra  l'altro una statua e ubicata nella capitale francese all’incrocio tra l’Avenue  dell’Observatoire e il Boulevard du Montparnasse.  (2) 
  A riguardo il  “prode dei prodi” ci sono da registrare diversi errori tattici sia durante la  Campagna di Russia ma anche in quella di Mont Saint-Jean (conosciuta come  Waterloo) e dell'apparente fucilazione dalla quale venne salvato grazie  all'intervento del duca di Wellington che proprio nella fattoria di Waterloo  aveva il suo quartier generale.
    
  Le motivazioni che  indussero il “duca d’acciaio” Wellington a salvare la vita al suo antico rivale  sono da ricondurre al fatto che entrambi facevano parte di “ … un grado  altissimo e segretissimo della Massoneria di Rito Scozzese, quello di Cavaliere  Rosacroce dell’Aquila Nera i cui membri, poco numerosi, sono ignoti ai semplici  massoni…” . (3)
    Nella rete  dell'intelligence del periodo napoleonico bisogna ricordare l'operato di Antoine  Christophe Saliceti che creò un'apparato d'avanguardia a  riguardo le comunicazioni di tipo riservate: con un telegrafo ottico capace di  collegare la pianura padana con la Francia ed altri sistemi di comunicazione  come l'uso di  colombi viaggiatori, che  inviavano a destinazione informazione cifrate, questi alcuni degli stratagemmi  usati dallo 007 Saliceti e con nome in codice abate Bauset.  
      Altra figura degna di nota e quella dell'ex ergastolano Eugène-François  Vidocq che nel 1812 assunse il ruolo alto dirigente della  “Brigade de Sureté” e successivamente, siamo nel 1833, istituì la prima agenzia  privata d’investigazione “Le bureau des renseignments” (Office of  Intelligence). Tra le tecniche investigative di Vidocq quelle inerenti al  travesitmento, alle azioni di provocazioni sugli indagati, tecniche che vennero  in seguito adottate dalla polizia zarista della Ochrana istituita  nel 1881 da Alessandro III. 
  Anche gli Stati  minori durante il periodo napoleonico avevano una propria struttura  investigativa, tra le quali citiamo quella del restaurato Gran Ducato di  Toscana che tramite i suoi agenti aveva il compito di monitorare la presenza,  gli atteggiamenti, la corrispondenza di Napoleone Bonaparte durante il periodo  dell'isola d'Elba.
  A riguarda il  periodo elbano vi è una pubblicazione dello storico Guy Godlewski, “Napoléon à  l'île d'Elbe  300 jours d'exil”, con  prefazione di Jean Tulard, nella quale fa riferimento ai fondi segreti di  Napoleone Bonaparte in quel periodo. 
  Dal confronti  delle relazioni dell'alto funzionario di polizia Jacques  Claude Beugnot con il sovrano Luigi XVIII, del  prefetto di Vienna Hager con Metternich si viene a conoscenza dell'esistenza di  agenti segreti napoleonici che operavano in diversi territori quali Francia,  Italia ed in Austria nel corso dell'esilio di Napoleone Bonaparte nell'isola  d'Elba (4). 
  Si era fatto  cenno  nel corso di questo resoconto anche  alle azioni diplomatiche ed a tal proposito è doveroso ricordare la figura di  Angelo D'Ambrosio figlio di Bernardo e di Vincenza Rizzo, nato a Reggio  Calabria il 22 settembre del 1774, per l'appunto il 1774. Eccelsa figura  militare, trattata adeguatemente dal relatore Gianni Aiello nella tredicesima  edizione datata 2015 del "5 maggio" dove venne trattato il tema  inerente a “I  Calabresi al seguito della Grand Armée”.
  Buon conoscitore della lingua francese si recò a Parigi  insieme al generale Pignatelli e Charles Lauberg in qualità di delegati del  Comitato provvisorio per chiedere al Direttorio il riconoscimento della  Repubblica napoletana.
  Successivamente  venne incaricato da Gioacchino Murat di recarsi a Vienna, in qualità di  diplomatico  per sostenere la causa della sua dinastia a Napoli.