Nella consultazione del portale del Circolo Culturale L'Agorà vi quello dedicato al tema del GIALLO, nella cui pagina di riferimento (http://www.circoloculturalelagora.it/Giallo.htm) vengono elencati in ordine di tema e cronologico vari aspetti su tale letteratura. Il tema conduttore della stessa è quello relativo alla narrazione di un misfatto e delle persone coinvolte in esso. Storie fantastiche, a volte anche ricavate da eventi reali, che hanno radici nella narrativa popolare, a far data dal XIX secolo, per poi sfociare nel delta del mondo cinematografico,radiofonico,televisivo. Dopo la parte introduttiva di Gianni Aiello, la parola passa ad Antonino Megali che nel corso del suo intervento ha analizzato sia la produzione letteraria della scrittrice britannica che dei suoi personaggi che vennero adattati sui set cinematografici che televisivi.Il 13 gennaio 1976 – esordisce Antonino Megali - sul Times apparve il seguente necrologio che così iniziava: “Dama Agatha Christie, DBE, è morta ieri a ottantacinque anni”. Appartiene al periodo d’oro della narrativa poliziesca inglese. Le sue opere hanno codificato il genere, e dopo la morte di Dorothy Sayers fu riconosciuta come l’indubbia regina della sua professione. La popolarità dei suoi libri non solo sopravvisse a un’epoca in cui altri scrittori di gialli avevano abbandonato l’investigazione per vendere sesso e violenza, ma continuò a crescere. Secondo un rapporto dell’Unesco, era la scrittrice inglese più letta al mondo, tradotta in centotre lingue, quattordici più di Shakespeare. I suoi principali detective, Poirot e Miss Marple, hanno posto sicuro nella schiera dei segugi classici capeggiata da Sherlock Holmes. Dopo averne sintetizzato la vita, il giornale inglese così conclude: “Non era, in realtà, una scrittrice particolarmente brava, certo non aveva le qualità di Dorothy Sayers. Ma aveva davvero il dono del racconto. Le sue storie andavano giù con la stessa facilità e piacere della crema”. Era anche molto abile nella gestione delle trame e delle strutture narrative. Senza dubbio è stata una tra i grandi scrittori gialli al mondo. Fu nominata CBE (comandante dell’impero britannico) nel 1956 e promossa DBE (dama comandante dell’impero britannico) nel 1971. Agatha Mary Clarissa Miller nacque a Torquay, nel Devonshire, secondogenita di un matrimonio anglo-americano; il padre era l’americano Frederick Alvah Miller, agente di cambio, la madre una signora della buona società inglese. Il padre morì quando era ancora bambina, fu quindi educata dalla madre che le fece leggere molti libri. Fu un’infanzia libera e felice, anche se solitaria. Non frequentò la scuola, il che le permise di sviluppare la fantasia e di inventarsi tante storie strane e leggere Conan Doyle, Dickens e Jane Austen. Tracce di questi autori si ritroveranno poi nelle sue opere. Il suo primo amore fu la musica e a sedici anni andò a Parigi per specializzarsi in pianoforte e “bel canto”. Rimase due anni poi tornò a casa convinta di non avere una voce adatta alla lirica e , soprattutto, di essere incapace di affrontare il pubblico. Nel 1914 sposò un giovane ufficiale dell’aeronautica in partenza per la guerra, Archibald Christie, cognome che userà per firmare i suoi scritti, Dal matrimonio nasce una figlia, Rosalind, che la scrittrice considerava la sola capace di indovinare la conclusione dei delitti descritti. L’unione col marito dopo dodici anni entra in crisi. S’innamora di una sua collaboratrice, Teresa Neele, e le chiede il divorzio. In quel periodo la scrittrice perde anche la madre. Il doppio colpo le provoca una crisi tremenda e sparisce di casa. Il 7 dicembre 1926 la polizia inglese emette un comunicato “È scomparsa dalla propria casa, “Styles” situata a Sunningdale, nel Berkshire, Mrs Agatha Mary Clarissa Christie, moglie del colonnello Christie, di 35 anni, alta 5 piedi e 7 pollici, capelli biondo cenere tagliati corti, occhi grigi, carnagione chiara, robusta, vestita con una gonna di maglina grigia, un maglione verde, un cardigan grigio scuro, un piccolo cappello di feltro verde, con un anello d’oro con una perla. È partita da casa con una Morris Cowley alle 9:45 di venerdì sera, lasciando un biglietto in cui diceva di andare a fare una gita in auto. La mattina seguente la macchina è stata trovata abbandonata”. E un annuncio fu pubblicato sul Daily News con cui si offrivano 100 sterline di ricompensa a chi avrebbe fornito “per primo informazioni atte a ritrovare, viva, la signora Christie”. Segue la cronaca delle ricerche condotte da 500 poliziotti. Fu poi ritrovata in un alberghetto di un centro idroterapico dello Yorkshire, dove si era fatta registrare sotto il nome della nuova compagna del marito. Disse di aver perso la memoria. Il medico confermò la sua versione. Alcuni parlarono di montatura pubblicitaria, cosa improbabile perché era già celebre. Qualcuno avanzò l’ipotesi che avesse deciso di suicidarsi sotto il nome della rivale. Su questo strano episodio non venne mai fatta luce, e la stessa scrittrice nella sua autobiografia non ne parla nemmeno. Il divorzio avvenne nel 1928. Da allora la scrittrice cominciò a viaggiare, specie nel Medio Oriente, e nel 1930 durante una vacanza in Mesopotamia incontrò Max Edgar Mallowan, un archeologo impegnato negli scavi volti a una parziale ricostruzione dell’antica città sumera di Ur. Si sposarono nel settembre 1930 e per molti anni lo accompagnò in spedizioni archeologiche prestando anche il suo aiuto. Il nuovo marito era più piccolo di quattordici anni, ma la Christie disse in una intervista che non aveva paura di invecchiare perché, fortunatamente, suo marito apprezzava … i pezzi archeologici. Questi viaggi le suggerivano lo sfondo per la trilogia giallo-esotica: “Non c’è più scampo”, “Poirot sul Nilo”, “La domatrice”. In effetti il nuovo matrimonio si rivela fin dall’inizio riuscito e così la scrittrice trascorrerà il resto della vita viaggiando, scrivendo storie poliziesche e diventando una delle autrici più popolari, tanto da avere un posto d’onore nel Museo delle Cere di Madame Tussaud. Muore il 12 gennaio 1976 nella sua villa di campagna a Wallingford, vicino a Oxford. Nonostante abbia avuto una lunga carriera che l’ha resa celebre, la Christie non ha mai saputo spiegare come scattava nella sua mente l’intrigo che trasferiva nelle sue opere. Non dava importanza più di tanto alla sua attività. Considerava il suo lavoro del tutto privo di importanza. Nel corso di un’intervista si definì “una macchina per fare salsicce”. Spiegava la continuità del suo lavoro all’abitudine. Non riesco a capire perché scrivo così tanto – confessò – soprattutto se penso che quando finisco un libro dico: questo è l’ultimo che scrivo”. Le sue passioni erano il giardinaggio – vinse anche dei premi – e l’acquisto di mobili per le sue case. Era una persona timida e secondo la conclusione del necrologio sopra citato, non era, in realtà, una scrittrice particolarmente brava, certo non aveva la qualità di Dorothy Sayers. Ma aveva davvero il dono del racconto. Oltre all’autore del necrologio, anche Robert Graves lamentava “il suo inglese da scolaretta, le situazioni per la maggior parte artificiali, la cura del particolare poco attenta”. Un suo giallo inoltre – “Gli elefanti hanno buona memoria” – fu classificato al quinto posto fra i peggiori dieci della storia del giallo. Oltre i numerosi racconti la produzione della scrittrice nel genere giallo conta ben 65 romanzi (33 con Poirot e 12 con Miss Marple). Altri sono a sfondo spionistico ed alcuni hanno come protagonisti fissi Tommy e Tuppence Beresford, una coppia di fidanzati, che non hanno avuto grande successo. Diciassette romanzi non hanno personaggi fissi, tra i quali il più noto è “Dieci piccoli indiani”, forse il suo capolavoro assoluto. Alcuni racconti vedono protagonista un personaggio fisso, Mister Quin. Nella sua autobiografia così ne parla di lui: “La sua presenza in una storia aveva unicamente una funzione catalizzatrice e influenzava le azioni degli altri personaggi. Da un piccolo fatto, da una frase irrilevante, si intuiva la sua vera natura: una figura d’uomo che si stagliava nella luce variopinta di una finestra, un essere che appariva o spariva improvvisamente. Il Mister Quin arrivava a difendere l’amore, dove era già stata la morte”. Ha scritto anche romanzi d’amore con lo pseudonimo di Mary Westmacott.Tra le opere teatrali ricordiamo “Testimone d’accusa” dal racconto omonimo e la celebre “Trappola per topi”, che ebbe un’origine singolare. La BBC chiese alla regina Mary a quale autore avrebbe voluto far scrivere un’opera per celebrare il suo ottantesimo compleanno. La regina volle la Christie. L’opera fu scritta per la radio, poi ridotta per il teatro. Rappresentata dal 1952, ha battuto tutti i records di incasso e di durata sui palcoscenici di Londra. Nel 1965 pubblicò, aggiungendo anche il nome del secondo marito, una serie di storie poesie per bambini a sfondo religioso, subito stroncate dalla critica. A settantacinque anni, ha scritto una autobiografia, “La mia vita”, che volle fosse pubblicata postuma. Concludono l’opera queste semplici parole: “Grazie, mio Dio, per la mia buona vita e per tutto l’amore che ho avuto”. La regina del delitto (come fu anche chiamata), iniziò, fin da giovane, spinta dalla madre, a scrivere dei racconti , definiti in seguito “uniformemente deprimenti”. Ma veniamo alle invenzioni che le diedero la fama: Poirot e Miss Marple. La svolta iniziò nel 1914 quando dopo lo scoppio della prima guerra mondiale comincia a prestare servizio come crocerossina e poi nel 1917 mentre lavora come infermiera iniziò il suo primo romanzo “Poirot a Styles Court” accogliendo la sfida della sorella maggiore: “Scommetto - le disse - che non sai scrivere un buon romanzo poliziesco”. Il romanzo, rifiutato da sei editori, viene pubblicato solo nel 1920, ricevendone in compenso venticinque sterline. Prima di iniziare a scrivere la trama, narra nella sua autobiografia, pensa alla creazione di un investigatore. Vuole liberarsi del suo mito: Sherlock Holmes: “Mi vennero in mente i rifugiati belgi: perché non un investigatore belga?”. Vuole anche un nome importante: “E se l’avessi chiamato Hercuses? Hercules mi parve un ottimo nome per un omino così. Trovargli un cognome, era più difficile. Non so perché scelsi Poirot, se fu una folgorazione o se lo lessi su qualche giornale”. Ma Poirot non legava troppo con Hercules. “E se fosse stato Hercule? Hercule Poirot … perfetto, grazie a Dio era fatta!”. Il personaggio è un funzionario in pensione della polizia belga, che vive dal 1914 in Inghilterra, dov’è arrivato come profugo di guerra. Nel suo primo caso, una ricca signora proprietaria di un antico maniero, Styles Court, viene trovata morta, avvelenata con la stricnina. Per scoprire l’assassino, Arthur Hastings, capitano dell’esercito, chiede aiuto a Hercule Poirot, un vecchio amico ritrovato per caso dopo tanti anni. Il capitano dell’esercito lo ricorda come “uno dei funzionari più in gamba della polizia, e aveva al suo attivo numerosi trionfi per essere riuscito a risolvere anche i casi più complicati”. Poirot accetta la proposta dell’amico e così facciamo la sua conoscenza. Piccolo di statura,i baffi impomatati, pelato al punto di meritarsi il soprannome di “testa d’uovo”, ma dotato di tante piccole cellule grigie. Nel vestirsi è meticoloso e accurato fino al ridicolo. Per non parlare delle scarpe di vernice. Il suo linguaggio è bizzarro, ricco di francesismi, di locuzioni particolari, di deliranti affermazioni. Poirot espone subito la filosofia del suo metodo investigativo: “Voyons! Un fatto ne provoca un altro, e via di seguito. Il secondo collima col primo? A merveille! Bene. Si può procedere. E quest’altro particolare? Ah, guarda che strano! Manca un anello della catena. Passiamo in rassegna i fatti, e aggiungiamo quel piccolo particolare, l’anello mancante alla catena. Quel particolare era importante, forse vitale”. La Christie cerca di distinguerlo subito da Holmes. Poirot sdegna la scienza, il suo metodo consiste nel concentrare l’attenzione sui caratteri e nel far parlare i personaggi. Dopo il successo del primo romanzo la scrittrice e suo marito chiamarono “Styles” la loro casa di Sunningdale, nel Berkshire. Nel 1926 uscì l’opera più discussa, sempre con Poirot: “L’assassinio di Roger Ackroyd”. In quest’opera la scrittrice si allontana dagli schemi classici della narrativa poliziesca. Non c’è il capitano Hastings, sostituito dal dottor Sheppard, che diventa amico di Poirot; è lui che narra la storia e alla fine si rivela l’assassino. Questa soluzione fu considerata sconcertante dagli esperti di narrativa poliziesca, perché infrangeva il decalogo poliziesco di Knox e quindi fu accusata di non essersi comportata onestamente con il lettore. Questa polemica non fece altro che aumentare il suo successo. Del resto le trasgressioni continuarono con l’”Assasinio sull’Orient-Express”, dove tutti sono colpevoli e il detective decide di non denunciare il delitto alla polizia, con “Dieci piccoli negretti” in cui tutti i sospetti vengono uccisi; con “Trappola per topi” dove un finto agente di polizia, il sergente Trotter, si rivela l’assassino. Col passare degli anni la scrittrice modifica la natura di Poirot, liberandolo dal suo capitano Hastings che trovava troppo ridicolo. L’investigatore si rivela meno egocentrico, vanitoso e presuntuoso. Fa di tutto talvolta a farlo sembrare ridicolo. In un romanzo del 1969 Poirot e la strage degli innocenti, accanto al detective compare un altro personaggio, Ariadne Oliver, una famosa scrittrice di romanzi polizieschi, con chiari riferimenti autobiografici. Viene presentata come una donna semplice, spontanea, con una passione per le mele. Sembra che la Christie abbia dichiarato che ogni capitolo delle sue storie, dattiloscritte con una vecchia macchina, le costasse un chilo di mele. Quando nessuno la vede Ariadne Oliver si sfila di nascosto le scarpe e invita lo stesso Poirot a liberarsi delle orribili calzature di vernice, ottenendone naturalmente un rifiuto. Gli anni passano e il detective ha perso lo smalto di un tempo, è cardiopatico, artritico, pur conservando ancora un cervello lucido. L’autrice decide di farla finita con l’investigatore. Il personaggio le era divenuto odioso e non lo sopportava più. Veramente non l’aveva mai amato, tanto è vero che in una descrizione tra le più benevole lo definisce “un tipo che, a vederlo, era difficile non ridergli in faccia. Pareva una macchietta da teatro o da cinematografo. Alto poco più di un metro e mezzo, grassoccio, piuttosto anziano, con un enorme paio di baffi e una testa simile a un uovo …” Siamo all’ultima avventura di Poirot, “Sipario”, che in un primo tempo era destinata a essere pubblicata postuma. Poi apparve nel 1975, poco tempo prima della morte della stessa Christie. In questa ultima avventura Poirot sa che verrà commesso un omicidio di cui conosce l’autore e deve evitare che l’assassinio abbia luogo. Non resta che prendere una dolorosa decisione: quella di trasformarsi in giustiziere. Poi la morte del detective, quasi una punizione per l’atto compiuto. La notizia della morte è stata pubblicata in prima pagina dal New York Times del 6 agosto 1975 col titolo: “Ercole Poirot, famoso detective belga, è morto”. Era la prima volta che un personaggio letterario veniva onorato in questo modo. L’altro grande personaggio creato dalla Christie si chiama Jane Marple, ma tutti la conoscono come Miss Marple. “Si intrufolò così silenziosamente nella mia vita che quasi non mi accorsi del suo arrivo. Scrissi una serie di racconti per una rivista, immaginando che in un villaggio sei persone si riunissero una alla volta alla settimana per raccontare qualche caso rimasto insoluto. Incominciai con Miss Marple, un tipo di anziana signora che avevo visto frequentemente in casa di una zia, a Ealing, e simile a tante altre incontrate nei vari villaggi dei miei soggiorni giovanili. La paragona anche a sua nonna, “una anziana signora bianca e rosa come lei, che, sebbene avessecondotto la vita più protetta e vittoriana, sembrava sempre intimamente a conoscenza degli abissi delle depravazioni umane; avrebbe potuto farci sentire ingenui e creduloni la sua nota di rimprovero: “Hai creduto a ciò che ti hanno detto? Io mai”. Alta e magra, tra i settanta e gli ottant’anni, ha i capelli candidi come la neve, il viso roseo segnato da un’infinità di rughe, gli occhi azzurri, dolci e innocenti. Vive a St Mary Mead, un villaggio a circa venti miglia a sud di Londra e a dodici dalla costa. Riceve una piccola rendita dal nipote Raymond West, giovane affermato scrittore, al quale è molto affezionata. Il nipote le manda anche strani libri con personaggi sgradevoli e in cui si parla anche di sesso. Vorrebbe tanto che la zia camminasse coi tempi e considera il villaggio in cui vive uno stagno immobile. Ma la zia gli fa notare che basta osservare con attenzione quello stagno per vedere che sotto esiste la vita. Il suo rapporto con i giovani si riassume nella frase: “I giovani credono che i vecchi siano sciocchi, ma i vecchi sanno che i giovani sono sciocchi”. Miss Marple è una tranquilla zitella che risolve le intricate trame poliziesche seduta in poltrona, lavorando a maglia, occupandosi di giardinaggio e guardando fuori dalla finestra. È arrivata a occuparsi di criminologia, perché da ragazza praticava un gioco che consisteva nell’indovinare il colpevole di un caso raccontato da uno dei giocatori. Il suo metodo investigativo è singolare e nello stesso tempo semplice. Parte dal presupposto che la natura umana è sempre la stessa e che le persone più insospettabili devono essere oggetto di indagine. I “tipi umani” sono sempre quelli e assomigliano a soggetti che lei ha già catalogato. Studiare la natura umana è il suo hobby. “Vedete – dice in La morte nel villaggio – vivendo sola, come me, in una parte del mondo piuttosto isolata, si deve avere un hobby. Naturalmente c’è il lavoro a maglia, la beneficienza e il disegno, ma il mio hobby è, ed è sempre stato, la natura umana”. Giudica la gente troppo credulona, pronta a fidarsi di quello che gli altri dicono. Lei sostiene che occorre tenere gli occhi aperti, perché c’è troppa malvagità nel mondo. Ha intuito, esperienza, spirito di osservazione, l’aria sorniona, è ricca di buonsenso. Usa sempre le sciarpe, abiti antiquati, il cappellino di feltro, è proprio l’immagine della classica signora inglese di altri tempi. È circondata da un gruppo di collaboratrici d’eccezione, tutte signorine come lei, incollate alla finestra, scrutano, catalogano e nel corso di visite di cortesia si scambiano pareri e impressioni, mentre la Marple offre loro tè e tartine imburrate, e altri prodotti a base di sciroppo di ribes e di gelatine di lamponi. Per la prima volta appare nel 1930 nel romanzo “La morte nel villaggio”, dove è il vicariato con il vicario Clement, sua moglie Griselda e il nipote Demis, ad avere un posto centrale. Il vicario non riesce a spiegarsi come la gente del villaggio sia sempre informata su tutto e conoscere i segreti di tutti: “Non riesco a capire – dice – come le persone possano trovare il tempo per nutrirsi in questo posto. Evidentemente mangiano in piedi vicino alle finestre per essere sicure di non perdere niente”. Col passare degli anni anche Miss Marple subisce dei cambiamenti, ma rimane invariato il suo stile e l’atmosfera che la circonda. Quando la scrittrice decise di far morire Poirot, gli appassionati lettori di Miss Marple temettero che anche Miss Marple sarebbe morta. Questo non avvenne confermando la sua simpatia per la più famosa delle investigatrici del romanzo poliziesco. Ha un bel dire la scrittrice che nel creare il personaggio l’ha ispirato la nonna. In realtà dietro Miss Marple c’è l’autrice con il suo acume, il suo humour. Com’è noto nei suoi romanzi le morti sono dovute quasi sempre all’uso dei veleni. Non le piaceva il sangue, la violenza. Non le piaceva vedere le persone che si fanno del male, o che ne fanno a degli animali. La sua conoscenza dei veleni le derivò dal lavoro fatto durante la prima guerra mondiale come infermiera. Nel romanzo “Un cavallo per la strega” del 1961 descrive con grande precisione gli effetti dell’avvelenamento da tallio. Di certo il romanzo ha salvato una vita: come la bimba del Quatar che nel 1976 fu ricoverata in fin di vita a Londra. A suggerire ai medici la diagnosi fu l’infermiere che al capezzale della bimba stava leggendo “Un cavallo per la strega”. La caratteristica delle opere della scrittrice sta nell’aver superato gli schemi classici della narrativa poliziesca. È più attenta allo sfondo dove si muovono i personaggi, grazie anche alla conoscenza della mentalità degli abitanti degli ambienti descritti. Non scrive l’autrice un semplice intreccio poliziesco, ma insieme le usanze inglesi con distacco e humour. Pur descrivendo e accettando il cambiamento dei tempi, rimase sempre fedele al modello di vita dell’epoca vittoriana e nel descrivere ambienti, personaggi e atmosfere non viene mai meno il suo atteggiamento aristocratico. Il suo successo non è nato per le sue trame e le soluzioni proposte impreviste e originali. I critici hanno fatto notare che nessun scrittore di polizieschi ha infranto tante regole come lei. Il suo segreto consiste, secondo un critico, nel suo comporre “dolce e familiare come la panna, e nelle atmosfere dei suoi romanzi”. Per questo, nonostante tanti romanzi rivelino una certa pesantezza e un certo impaccio nel trovare soluzioni all’intreccio giallo, Agatha Christie, a ragione è comunemente nota come la regina del giallo. Definita da Winston Churchill “la donna che, dopo Lucrezia Borgia, è vissuta più a lungo a contatto con il crimine” e dall’attore Francis Sullivan “La duchessa della morte”,ha scritto 66 romanzi gialli, 153 racconti, 6 romanzi rosa, oltre a 17 opere teatrali e 4 radiodrammi. I romanzi preferiti dai lettori sono risultati al primo posto “Dieci piccoli indiani”, e al secondo “Assassinio sull’Orient-Expresss”. Hercule Poirot, sullo schermo, è stato interpretato da Austin Trevor, Tony Randall, Albert Finney, Peter Ustinov. Miss Marple da Margaret Rutherford e da Angela Lansbury. Dalla grave forma di amnesia che colpì la scrittrice, è stato tratto, nel 1979, il film “Il segreto di Agatha Christie”, interpretato da Vanessa Redgrave. La RAI ha prodotto anche sceneggiati tratti da romanzi e opere teatrali della scrittrice.
21 febbraio 2009
T. NARCEJAC, “Il romanzo poliziesco” ,Garzanti,1976
E. ERCOLI, “Agatha Christie”, La Nuova Italia , 1978
BENVENUTI-RIZZONI , “Il romanzo giallo”, Mondadori, 1979
F. FOSSATI, “Dizionario del genere poliziesco”, Vallardi, 1994