Il prof. Riccardo Partinico, Direttore del Laboratorio di Anatomia Archeostatutaria di Reggio Calabria, è stato il ospite del Circolo Culturale “L’Agorà” nel corso di una conversazione inerente gli aspetti della “Anatomia archeostatutaria”. Essa è la Scienza che studia la postura, la gestualità e i muscoli -visibili- delle statue antiche, che, per fisionomia, somatometria o gestualità tecnica, possono essere Atleti dell’antica Grecia. Lo scopo dell’Anatomia Archeostatuaria è quello di risalire alla specialità sportiva praticata dal soggetto analizzato e di individuare gli attrezzi sportivi, le armi e gli utensili che gli stessi Atleti, presumibilmente, hanno adoperato per praticare le loro attività sportive. L’Anatomia Archeostatuaria, per le proprie ricerche, tiene in considerazione le leggi scientifiche dell’Anatomia Umana, lo studio della morfologia muscolare e della somatometria dei distretti muscolari, i gesti tecnici delle discipline sportive praticate nell’antica Grecia, le tecniche belliche adoperate dagli eserciti e qualsiasi altro indizio che possa consentire il raggiungimento degli scopi. L’Anatomia Archeostatuaria nasce dall’esigenza di fornire ai Ricercatori, agli Archeologi ed agli Studiosi di Storia dell’Arte i dati tecnico-scientifici, che, per questioni legate ad ambiti culturali, non rientrano nel loro percorso di formazione professionale. Dimostrazione concreta di questa lacuna è l’errata interpretazione dei gesti attribuiti dagli studiosi di Storia dell’Arte a numerose statue di bronzo ritrovate nell’ultimo secolo e custodite nei più importanti Musei del mondo. L’analisi scientifica svolta sui “Bronzi di Riace” ha permesso di affermare che le statue rappresentano uomini realmente vissuti e che non esercitavano la medesima attività bellica. Gli scultori che hanno realizzato le statue hanno aumentato le proporzioni corporee dei soggetti e copiato le alterazioni del loro sistema scheletrico: scoliosi, rettilineizzazione delle vertebre cervicali, varismo del V dito dei piedi, ipercifosi e iperlordosi. Confrontando la diversa ipertrofia muscolare degli arti inferiori delle due statue, risulta che la Statua B, “Il Vecchio”, diversamente dalla Statua A, “il Giovane”, presenta una fisionomia degli adduttori, dei glutei e dei polpacci compatibile con soggetti che cavalcavano. Le armi eccessivamente pesanti che i due guerrieri utilizzavano e trasportavano hanno causato paramorfismi osteoarticolari della colonna vertebrale. La Statua B, “il Vecchio”, presenta una caratteristica scoliosi dorso-lombare e la rettilineizzazione del tratto cervicale. I piedi sono allargati nella zona esterna di appoggio e si constata una riduzione dell’altezza dell’arcata plantare ed un accentuato varismo del V dito.
“Il Giovane”, Statua A, invece, è affetto da un’iperlordosi compensata da un’ipercifosi del tratto dorsale. Questi dismorfismi non diminuiscono la funzionalità, la potenzialità e neanche l’estetica dei due guerrieri. Le loro strutture fisiche sono state forgiate da uno specifico addestramento alla guerra, che ha determinato l’alterazione dei normali assetti articolari. Osservando di spalle i Bronzi di Riace, si scorge nella statua B, “il Vecchio”, un’ipotonia della muscolatura posteriore, che dimostra ulteriormente che questo guerriero indossava l’elmo e la corazza e reggeva la lancia e lo scudo sul cavallo. Nella statua A, “Il Giovane”, i piedi si presentano bene strutturati, le dita armoniose, simmetriche e senza alterazioni scheletriche. L’ipotonia di alcuni muscoli delle cosce, in particolare degli adduttori, dimostra che questo guerriero non andava a cavallo. La conferma è data anche da un’accentuata ipertrofia dei muscoli delle spalle. Tale particolarità fa ritenere che egli utilizzava continuamente con gli arti superiori attrezzi di peso consistente. La particolare impugnatura della lancia, tra il secondo e terzo dito della mano destra, permetteva ai guerrieri di adoperare e mantenere l’arma con una mano, portarla in sicurezza durante gli schieramenti dell’esercito e utilizzarla repentinamente in caso di improvvisi attacchi. I Greci avvolgevano attorno all’asta delle lance e dei giavellotti un laccio di cuoio (ankùle) per lanciare l’arma con maggiore potenza, precisione e forza di penetrazione, prodotta da un effetto giroscopico.