“La musica beat in Italia” è stato il titolo di una conversazione organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” che con questo incontro ha inteso analizzare la sfera di tale genere musicale che ha rappresentato uno snodo, sia sociale che culturale, in un territorio, quello della Penisola italiana che usciva devastata dal Secondo Conflitto Mondiale. Era il periodo del boom economico caratterizzato anche dalle profonde trasformazioni sociali, economici e culturali e tra queste il fenomeno beat. Dopo queste premesse la parte introduttiva di Gianni Aiello, presidente del sodalizio organizzatore, che attenziona l’uditorio con un’analisi che dall’attuale sposta idealmente le lancette dell’orologio del tempo per arrivare negli anni sessanta. Partendo da
Tony Borlotti E I Suoi Flauers, gruppo formatosi nel settembre 1996, che nella release molto “
Mersey” di “
Capelloni Noi” descrive una panoramica di quel periodo. Ma è in “
Tutto nero” la “
Paint it Black” di rollingstoniana memoria, ci riporta al periodo della british invasion, periodo in cui, giovani artisti italiani, ad esempio
Caterina Caselli, incidevano cover di nomi eccellenti che provenivano sia oltre Manica che, in altri casi, oltre Oceano. Rimanendo sempre nella sfera delle pietre rotolanti, si ricorda “
Lady Jane”, a cura de I NEW DADA (1967). In alcuni casi, invece erano proprio i big del periodo a cantare direttamente le loro canzoni in lingua italiana, un esempio quello dei ROLLING STONES che nel 1966 incidevano “
Con le mie lacrime”, versione di “
As Tears Go By”. In tale periodo storico, quindi, se vogliamo – come evidenzia Gianni Aiello – una sorta di marketing che importava nella Penisola, traducendoli in lingua italiana, i successi sia britannici che statunitensi, a volte anche di altri territori (esempio “
Una bambolina che fa no no no”, QUELLI stampata nel 1966, cover di un brano del cantautore francese
Michel Polnareff).
Le lancette del tempo si posizionano verso la fine degli anni settanta, quando nel 1979, dove in una canzone vengono inserite tante fotografie narrative, si tratta di “
Verona Beat” del gruppo cabarettistico dei GATTI DI VICOLO MIRACOLI: una canzone intrisa da tante fotografie letterarie ed anche diverse citazioni, tra le quali quella relativa all’
Equipe 84, gruppo d’eccellenza del movimento beat italiano.
Nel 1976 una radio libera napoletana annunciava la presenza nei propri studi la presenza dei Beatles, una reunion organizzata dal presidente del periodo del Napoli, Corrado Ferlaino, per festeggiare, come riportano le cronache, la partita di calcio tra il Napoli ed il Liverpool. Naturalmente al posto dei Fab4 c'erano gli
SHAMPOO, che eseguivano le canzoni dei baronetti in slang partenopeo, pubblicarono un album,
In Naples 1980/81, per la EMI Italiana. Si era fatto cenno alla Città scaligera e la stessa riporta alla mente l’omonimo festival del beat, così come quello di Salsomaggiore Terme (Parma), tra l’altro Gianni Aiello che Verona si contende con altre città, come Padova, la corona di capitale italiana della musica beat, ma non dimentichiamo ad esempio Modena. Nella sua disamina elenca i luoghi identitari di altre città: Piazza Statuto (Torino), piazza Navona e piazza di Spagna, il Piper (ROMA), mentre in altre realtà del Paese vi erano altri luoghi, dove, pur non essendoci dei punti di aggregazione, ci si riuniva davanti ad un semplice jukebox. Nonostante ciò la periferia italiana offriva degli spaccati di un certo interesse, sia per il seguito di fans della musica beat che anche per i gruppi musicali che operavano in quelle aree. Pensiamo ad esempio a Reggio Calabria e Messina che annoveravano un nutrito numero di complessi, dati ricavati dal portale
MUSICA E MEMORIA. Rimanendo in ambiti geolocalizzati Gianni Aiello ha ricordato la figura di
Franco Sorrenti, musicista reggino che negli anni cinquanta militava ne I GIAGUARI e, che successivamente ne
GLI SCOOTERS, partecipando anche al
Cantagiro del 1966. Tutto ciò al fine di evidenziare che tale genere può essere considerato a pieno titolo come un fenomeno musicale e di costume ben strutturato nell'architettura culturale della Penisola ed i dati citati da Gianni Aiello confermano ciò, visto anche la corposa geografica di numerica di molte formazioni in un tutto il territorio nazionale.
Gli ultimi cenni hanno riguardato
“
Nel ristorante di Alice”, e “
29 settembre”, scritta da Battisti e Mogol, mentre nella versione dell'Equipe 84 c'è la voce dello speaker radiofonico, la voce è di
Riccardo Palladini,
giornalista RAI. La parola passa a Gerardo Pontecorvo che fa un disamina storico-culturale su tale genere musicale e l’anno di nascita del movimento "Beat" in Italia, si può far risalire al 1964 se si considerano i primi fermenti musicali. C’è da ricordare che cominciavano ad arrivare anche i primi dischi dall’Inghilterra ed alcuni intraprendenti cantanti (il primo fu
Fausto Leali, con la versione italiana di
Please please me dei Beatles) iniziarono a riproporle in versione italiana. Ma l’anno decisivo fu il 65 con la mini tournee dei Beatles nel giugno. Molti credevano che lo stesso termine "Beat", derivasse all’abbreviazione del loro nome e non dal “battere” nella ritmica musicale. Beat non era soltanto un nuovo modo di cantare ma anche di comportarsi, di vestirsi, di portare i capelli. Nel 1964 anche negli Stati Uniti, si assistette al fenomeno della
British invasion e al successo dei
Beatles, dei
Rolling Stones e degli altri gruppi britannici. È poi quell’anno alcuni complessi come i
Rokes, e poi i
Sorrow, i
Renegades, i
Primitives (famosa la hit
Yeeeeeeh ! – 1967) che si trasferiscono dal Regno Unito in Italia. La maggior parte di queste formazioni proveniva dall'isola di Albione, in quanto gli stessi non riuscivano ad avere il modo espandersi visto il successo predominante di gruppi oltre i sopra citati Beatles e Rolling Stones, ma anche altri del calibro di
Gerry & The Pacemakers,
the Searchers ,
Cilla Black ,
Freddie and the Dreamers ,
Herman's Hermits ,
the Hollies,
the Spencer Davis Group ,
the Moody Blues,
the Dave Clark Five,
the Kinks ,
The Small Faces , tanto per citare qualche nome della vasta letteratura musicale britannica. Grazie anche a questi nomi il genere si diffonde in Italia prendendo l'acronimo di brit-it o semplicemente musica beat italiana e si diffondono così in tutta la penisola complessini di giovani che iniziano a suonare, e molte case discografiche li mettono sotto contratto, puntando sul loro successo: già nel 1964 debutta l'
Equipe 84, che diventa una delle punte di diamante del beat italiano.
I complessi italiani (
Dik DiK,
New Dada,
Corvi,
Camaleonti,
Quelli,
Giganti,
Nomadi) cercavano
di darsi una immagine riconoscibile e che consentisse di emergere dalla massa, nonché di identificare i musicisti come partecipanti ad un gruppo. E tale look, rientrava anche nel modo di distinguersi dagli altri complessi come ad esempio capigliature, abbigliamento o altre pertinenze, pensiamo ai Corvi ed al bassista Gimmi Ferrari che durante le esibizioni del gruppo ospitava sul proprio strumento, proprio un corvo.
Altre cifre del periodo riguardano anche i vari strumenti di supporto a tale genere musicale come la nascita delle prime riviste, come ad esempio
Ciao Amici,
Giovani,
Big, quello delle prime case discografiche come ad esempio
Vedette,
Ri-Fi ,
ARC , i raduni come il
Concorso Davoli, il
Cantagiro , o i luoghi simbolo, come ad esempio il
Piper Club che ebbe come icona
Patty Pravo, conosciuta anche come
la ragazza del Piper.
Un fatto di costume italiano così dilagante che ebbe riflessi anche nel mondo ecclesiastico, come le
messe beat e durante le
funzioni religiose venivano ospitati dei complessi ed il primo esempio su vinile (45 giri) fu quello del gruppo sardo de
I Barrittas con il brano “
Non uccidere”.
Tali esperienze, vennero assorbite da altre realtà geografiche.
Durante l'excursus di Gerardo Pontecorvo sono stati ricordati molti gruppi del periodo, aneddoti, come ad esempio quello inerente all'acronimo dell'Equipe 84 per poi passare ad altri aspetti di tale genere musicale. Mentre nel resto del mondo la musica beat veniva già superata tra il 1966 ed il 1967, in Italia il fenomeno continuò ancora fino al 1970, tramontando poi con la diffusione di nuovi generi, a cui si dedicheranno anche i gruppi ed i cantanti beat italiani. In particolare del
blues rock che stava cominciando ad emergere. La maggior parte dei gruppi che non si erano ancora sciolti si mosse, come i Beatles, verso diverse forme di musica rock e pop, come per esempio il
rock psichedelico e il
rock progressivo.