Dante-diminutivo di Durante, questo il vero nome ricevuto al fonte battesimale, ma, alla maniera fiorentina, fu chiamato Dante con locuzione diminutiva e con nome sincopato- studiò molto la geografia dell’Italia, oltre a doverla attraversare e percorrere tutti i territori per svariate regioni. Non è mai stato in Piemonte, né nell’Italia Meridionale e nelle Isole e infatti le località appartenenti a questi territori, nella Commedia sono solamente citati mentre capita che per le altre si trovino descrizioni particolareggiate. Da chiarire subito che il termine non è concepito come unità politica. È solo una delle regioni del Sacro Romano Impero. La patria per Dante è soltanto Firenze. L’Italia è citata già nel primo canto dell’Inferno: ”Di quell’umile Italia fia salute per cui morì la vergine Camilla (eroina dell’Eneide), Eurialo (giovane troiano compagno di Enea ) e Turno (cadde combattendo contro Enea), e Niso (compagno di Enea cadde in battaglia contro i Volsci ) di ferute. Nel IX Canto “presso del Carnaro ch’Italia chiude e i suoi termini bagna.”. Nel XX: “Suso in Italia bella giace un laco …….c’ha nome Benaco”. Nel Canto VI del Purgatorio i versi citatissimi :”Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie , ma bordello”. Questo bel paese  dove ‘l sì sona avrà anche dedicati versi nel Paradiso . Ma passiamo all’argomento oggetto della nostra conversazione: La Calabria. Canto VII Inferno:” Come fa l’onda là sovra Cariddi, che si frange con quella in cui s’intoppa, così convien che qui la gente riddi. “ Siamo nel IV cerchio dell’Inferno. Avari e prodighi voltano” pesi per forza di poppa” in direzioni opposte e si scontrano per tornare poi indietro. Lo scontrarsi e rigirarsi ricorda il ballo della ridda, in cui si rigirava vorticosamente . Il paragone deriva dal fatto che in questa località le due correnti- Ionio e Tirreno- formano un pericoloso vortice. Con Cariddi siamo nello Stretto vicino a Messina, ma il suo nome è inscindibile da Scilla tanto da essere citati sempre insieme, come accade in Omero , Virgilio, Ovidio e tanti altri autori. Da qui anche il proverbio Cadere da Scilla in Cariddi. Cariddi, secondo il mito era un mostro, figlia della Terra e di Poseidone. Tre volte al giorno beveva acqua di mare con tutto quello che vi galleggiava. Poi rivomitava l’acqua bevuta. Di fronte c’è Scilla, un altro mostro, il corpo circondato da animali feroci che divorano tutto ciò che passa davanti a loro. Figlia della dea Crateide e di Forcide, dio marino. Secondo una versione del mito Clauco s’ innamorò di Scilla e rifiutò l’amore di Circe. La maga si vendicò mescolando erbe all’acqua della fontana in cui si bagnava. A contatto con l’acqua Scilla si trasformò: La parte superiore restò come era, mentre dal suo inguine spuntarono sei cani. Dante non la nomina ma, ripetiamo, citando Cariddi la evoca indirettamente. Il III Canto del Purgatorio è concentrato sull’episodio di Manfredi, nel quale è ricordato un altro luogo della Calabria: Cosenza. Manfredi era figlio di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia, nobile piemontese. Alla morte del padre assunse il governo di Napoli e Sicilia. Il Papa Innocenzo IV lo costrinse ad abbandonare il trono, scomunicandolo, m fu poi incorato re a Palermo. La lotta continuò anche con i Pontefici succeduti a Innocenzo. Fu vinto e ucciso presso Benevento. Il suo cadavere coperto di pietre dai soldati, fu per ordine del Vescovo di Cosenza dissotterrato e lasciato insepolto presso il fiume Liri. Dante immagina che Manfredi si sia pentito in punto di morte dei suoi peccati e così si sia salvato. Da notare che è l’unico personaggio del quale il poeta mette in risalto la straordinaria bellezza. Leggiamo i versi danteschi:” Io mi volse ver lui, e guardail fiso: Biono era bello e di gentile aspetto: Ma l’un de’cigli un colpo avea diviso.” E sentiamo Manfredi:”Orribil furon li peccati miei; Ma la bontà infinita ha sì gran braccia che prende ciò che si rivolge a lei. Se il pastor di Cosenza, che alla caccia di me fu messo per Clemente, allora avesse in Dio ben letta questa faccia,  L’ossa del corpo mio sarieno ancora in co’ del ponte presso Benevento sotto la guardia della grave mora. Or le bagna la pioggia e move il vento Di fuor del regno, Di dov’e ‘ le trasmutò a lume spento. “. Il pastor di Cosenza è Bartolomeo Pignatelli, Vescovo dal 1254 al 1266, strumento del Papa Clemente IV contro Manfredi. Siamo nel Paradiso terza Cantica, cielo primo o della luna (Canto IV). “Quel che Timeo de l’anime argomenta -non è simile a ciò che qui si vede-però che, come dice, par che senta. Dice che l’alma alla sua stella riede , credendo quella quindi esser decisa quando natura per forma la diede; e forse sua sentenza è d’altra guisa- che la voce non suona, ed esser puote- con intenzione da non esser derisa. S’elli intende tornar a queste ruote- l’onor de la influenza e ‘l biasmo, forse- in alcun vero suo arco percuote. Questo principio, male inteso, torse già tutto il mondo quasi, sì che Giove, Mercurio e Marte a nominar trascorse”. Riassumendo:Beatrice spiega che il ragionamento di Timeo (protagonista del famoso dialogo di Platone), secondo il quale l’anima ritorna alla sua stella, in quanto distaccata dalle stelle, non coincide con quanto si vede quassù (sempre che quel che Timeo dice corrisponda a quello che pensa).Certo che la sua dottrina è stata fraintesa, ha ingannato tutti, inducendo ad assegnare ai cieli nomi di dei pagani. Ma che c’entra la Calabria? Timeo, maestro di Platone, nacque a Locri, da ricca e illustre famiglia. Fu filosofo di grande rinomanza.  Passiamo all’VIII Canto, nel terzo beato cielo, quello di Venere. A parlare è Carlo Martello “Quella sinistra riva che si lava di Rodano poi ch,è misto con Sorga, per suo segnore a tempo m’aspettava, e quel corno d’Ausonia che s’imborga di Bari e di Gaeta e di Catona, da ove Tronto e Verde in mare sgorga”. Calo Martello, figlio di Carlo II re di Napoli, sposò Clemenza figlia di Rodolfo d’Asburgo. Una deputazione di fiorentini si recò a salutarlo a Siena. Di essa faceva parte anche Dante che così poté conoscerlo e gli fu a fianco a Firenze. L’anima dice :La regione bagnata e delimitata dalla riva sinistra del Rodano a valle della confluenza della Provenza( Sorga) e quella protuberanza d’Ausonia che, al di sotto della foci del Tronto e del Verde, è presidiata dalle piazzeforti di Bari, di Gaeta e di Catona (Regno di Napoli) aspettavano me per signore a tempo debito. La nostra Catona al tempo degli Angioini aveva un castello al tempo dei Normanni un ospedale. Inoltre sembra abbia posseduto un porto famoso, preferito per il passaggio in Sicilia. Ultima tappa: Quarto Cielo, in quello del Sole fra i dottori in Filosofia e Teologia, Canto XII. A parlare è San Bonaventura che passa in rassegna la ghirlanda dei Beati. Tra gli altri Natàn profeta, Crisostomo, Anselmo, Elio Donato per poi concludere:” Rabano (Arcivescovo di Magonza) è qui, e lucemi dallato il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato”. Giovacchino da Fiore, nato a Celico di Cosenza nel 1130, cistercense prima, poi fondatore di un suo Ordine (Florense); subito beatificato, mai canonizzato. Il nome di San Giovanni in Fiore deriva proprio dalla decisione di Giovacchino di chiamare Fiore il luogo da lui scelto nel 1190 come eremo e come sede del suo nuovo ordine. Fu considerato per le sue teorie più un mistico e un profeta, e quando era in vita quasi in odore di eresia. Il nostro viaggio  attraverso la Calabria nella Commedia finisce qui.

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4 marzo 2021