Il Circolo Culturale “L'Agorà”, presieduto da Gianni Aiello, da sempre e come da intenti statutari, attenziona diversi aspetti con relativi fatti e personaggi, di diverse epoche dove micro e macro storie vanno ad intrecciarsi negli ambiti di un territorio che non è da considerarsi “marginale” nei confronti dei grandi eventi, tra i quali quelli inerenti al NOVECENTO.
Tra i vari aspetti di tale contesto storico. quello inerente alla seconda guerra mondiale, e nello specifico ai bombardamenti aerei che attenzionarono il territorio ed a tal proposito il sodalizio culturale reggino ebbe ad organizzare già due apposite conferenze quali IL CIELO SOPRA REGGIO CALABRIA e 6 MAGGIO 1943: BOMBE SU REGGIO.
La nuova conversazione a riguardo i raid aerei ha avuto luogo presso la villetta “DE NAVA” della Biblioteca Comunale ed ha avuto come tema “La paura viene dal cielo: storie di donne e di uomini durante i bombardamenti aerei del 1943”.
Dopo la parte introduttiva di Antonino Megali (socio del Circolo Culturale “L'Agorà”) che ha anche coordinato i lavori della conferenza, la parola è passata al ricercatore Giovanni Crea che ha analizzato diversi aspetti, alcuni dei quali poco conosciuti, di tale periodo.
Guardando le statistiche dei morti nella provincia reggina – evidenzia il relatore – dal 10 giugno del 1940 (data dell’entrata in guerra dell’Italia) all’8 settembre 1943 (data dell’armistizio) e dal 9 settembre 1943 al 31 dicembre 1945 (dal post armistizio fino alla fine della guerra), colpisce un dato su tutti: i morti civili superano i morti militari! Come è possibile che in una guerra che è mondiale, i morti degli abitanti civili superano quelle dei soldati? La statistica ci dice due cose fondamentali: la prima è che la prima causa di morte nella provincia di Reggio Calabria è costituita dai bombardamenti aerei, visto che in provincia non ci sono state stragi di civili; la seconda è che i citati bombardamenti ubbidiscono alla concezione di “guerra psicologica” del generale inglese Arthur Harris, comandante del “Bomber Command” (comando bombardieri) della Royal Air Force (RAF), aeronautica militare britannica) . Questa concezione fa dei bombardamenti l’elemento decisivo della vittoria. Il progetto del generale inglese, definito dai suoi aviatori “The butcher” (il macellaio) è definito “Area Bombing”, e consiste nella pianificazione del bombardamento aereo massiccio sulle città o zone di esse come atto determinante della guerra psicologica e terroristica. In pratica si individua un’area (o più aree) della città e si bombarda in modo massiccio, indipendentemente dalla presenza o meno di obiettivi militari o industriali. Il generale Harris è l’artefice del massacro della città tedesca di Dresda, il 14 febbraio 1945. Un’azione militare compiuta senza nessuna giustificazione in quanto la città è priva di obiettivi militari. Con la Germania oramai in ginocchio e prossima alla sconfitta, gli angloamericani decidono ugualmente di bombardare a tappeto questa città, lasciando sul campo 200.000 morti! Un massacro spaventoso quanto inutile. Uno degli atti piu’ crudeli della seconda guerra mondiale insieme a quelli dello sgancio della bomba ad idrogeno sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 agosto 1945. Un internato militare italiano, Diego Cogliandro, nato a Saline di Montebello Jonico nel 1920 e prigioniero a Dresda perché si è rifiutato di combattere con i tedeschi e i repubblichini di Salò, è testimone del massiccio bombardamento sulla città. Durante quei terribili sibili di bombe cerca di ripararsi come può. Un mitragliamento di aerei alleati lo snida allorchè si trova in marcia per il lavoro; vede cadere per terra senza vita alcuni compagni che si trovano accanto a lui ma riesce miracolosamente a salvarsi, sfiorato appena dai proiettili. Diego viene catturato dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 a Betasom presso Bordeaux, dove si trova la base atlantica dei sommergibili italiani. Patisce il freddo e la fame e il disprezzo dei tedeschi, ma non si scompone. E’ uno dei primi partigiani, insieme agli altri 650.000 Internati Militari Italiani (IMI) che non tradiscono il giuramento fatto al Re e alla Patria. E’ uno dei tanti a cui dobbiamo dire grazie per aver difeso il nostro Paese e la nostra libertà! I bombardamenti, quindi, portano la guerra dentro le nostre case. Se è vero che dall’entrata in guerra dell’Italia fino a tutto il 1942 la guerra è percepita come lontana (cioè puo’ riguardare la morte di un familiare, ma è sempre un fatto che non altera gli aspetti dei vita della comunità) nel 1943 invece la guerra entra prepotentemente nelle nostre case, sconvolgendo lo scorrere del vivere quotidiano! Muoiono giovani, donne, bambini e si concretizza la cesura tra il “prima” e il “dopo”. Si intuisce pure perché dall’inizio del 1943 le bombe arrivano su di noi e le nostre case. Il 23 ottobre del 1942 c’è la grande offensiva dell’VIII Armata britannica al comando del generale Montgomery in Africa settentrionale (Egitto e Libia) facendoci perdere l’ultima nostra colonia; il 7 novembre gli americani sbarcano in Marocco e in Algeria tramite l’operazione denominata “Tork” conquistando molte zone in terra africana. La conseguenza di tutto ciò è la possibilità per gli americani di far decollare i propri aerei da molti aeroporti del Nord Africa per bombardare le nostre zone. Con l’arrivo dell’anno 1943 stanno per iniziare le micidiali incursioni a stelle e strisce con i bombardieri B-17 Fortress, B-24 Liberator, B-25 Mitchell e B-29 Superfortress, le c.d. “Fortezze volanti”. Le bombe cadono sul territorio reggino senza pietà, e colpiscono anche per errore. Come succede in contrada Annà di Melito Porto Salvo il 31 gennaio 1943 nella villa del marchese Ramirez. Convinti dall’avaria di un mezzo militare italiano vicino alla villa che il posto può essere un obiettivo militare, le bombe seminano senza pietà morte e dolore alle 20:20 di sera: muoiono, tra gli altri, raggiunti dalle schegge dell’ordigno l’arcivescovo Enrico Montalbetti che si trova in visita pastorale, i coniugi Annunziato e Caterina Ramirez con il figlio Francesco, il parroco di Annà Giovanni Billari. Il 6 maggio è la volta della città di Reggio Calabria, colpita al cuore da due micidiali incursioni in tarda mattinata, la prima sulla zona nord (porto, Santa Caterina, Tremulini), la seconda nella zona sud (piazza Duomo, piazza Carmine; Distretto militare, stazione ferroviaria). 48 sono i bombardieri quadrimotori in totale, con centinaia di bombe sganciate sulla popolazione inerme. Tra i tanti, un solo obiettivo militare colpito: il porto! Migliaia sono le vittime! Durante la seconda incursione viene colpito mortalmente da una scheggia al cuore nei pressi di piazza Carmine il militare Giovanni Pizzichemi, in servizio al Distretto militare. Pochi minuti prima ha incontrato felice il fratello Carmelo, giunto dal paese di Fossato Jonico per donargli i prodotti raccolti dalla terra. La guerra psicologica continua in molte cittadine della costa tirrenica e jonica reggina per tutto il 1943. Il 1 settembre è la volta di Bova Marina, cittadina sulla fascia jonica, senza nessun obiettivo militare. Gli americani compiono, ancora una volta, una criminale e inutile azione terroristica. Due ondate di bombe colpiscono la cittadina in una solare giornata del dopo estate. I piloti volano radenti al suolo: distinguono una sagoma umana da un obiettivo militare che oltretutto in quel posto non c’è! Colpiscono senza pietà la popolazione che cerca di fuggire; viene centrato anche l’oratorio e il seminario vescovile; le colonne di fumo si alzano verso il cielo da tutto il paese, mentre dappertutto rimangono macerie e le undici vittime di quell’inspiegabile operazione di morte!
All’incontro ha partecipato Gerardo Pontecorvo autore di racconti e romanzi che hanno come protagonisti anche fatti riconducibili alla seconda guerra mondiale e in particolare alle vicende legate ai bombardamenti della città di Reggio. Nella suo intervento Pontecorvo ha sottolineato l’importanza della narrativa del romanzo storico perché “muovendosi” nel tempo e tra luoghi esistiti realmente costruisce con i suoi protagonisti storie verisimili che hanno la prerogativa di coinvolgere il lettore. In questo, il romanzo storico molte volte può assumere un ruolo importante nel comprendere la vera storia.
Pontecorvo ha poi letto una serie di brani da due dei suoi romanzi: I Diari del silenzio (2006) e L’amore scritto sul mare (2016) di cui si riportano di seguito alcuni stralci:
“Prima di quel sei maggio 1943 le incursioni aeree sulla città erano state quasi dimostrative; soltanto qualche bomba sganciata qua e là, e soprattutto lanci di volantini di propaganda che i bambini facevano a gara per accaparrarsi. Al di là del mare le cose andavano diversamente perché a Messina c’erano degli obiettivi militari.
Reggio sembrava dimenticata, anche se la gente guardava con preoccupazione quelle colonne di fumo su Messina e quegli aerei che di giorno sembrava volteggiassero proprio come falchi in una tranquilla migrazione primaverile. Ma arrivò pure il suo turno. I bombardieri anglo-americani cominciarono il loro sporco lavoro, solo con un po’ di ritardo. Il cielo notturno s’era già acceso di bagliori sconosciuti, quando le sirene d’allarme si confusero nel rombare di motori che scuoteva la terra.
Esplosioni.
La fuga verso un riparo e l’aria che s’infiamma nel respiro della corsa e i cannoni della contro aerea che gridano la loro impotenza, ancora esplosioni, il rumore sempre uguale delle esplosioni, lo sferragliare delle schegge impazzite e il silenzio prima di un altro scoppio sempre di più come un’ombra di gelo.
Esplosioni.
La paura che irrigidisce le gambe, svuota i muscoli, ti ruba la lingua e il cervello, ti fa orinare nei pantaloni e ti fa pregare, sì, per la prima volta pregare perché qualcuno t’ascolti sull’orrido tra la vita e la morte.
Di nuovo le sirene: l’ultimo muro agonizzante si abbatté su due feriti.
Era la guerra nella forma peggiore che colpisce alla cieca vittime e assassini, una perfetta trappola mortale che acchiappa tutti senza distinzioni.
Subito dopo quel devastante bombardamento sulla città vi fu un preoccupato passaparola per sapere e vedere dove erano effettivamente cadute le bombe, quali edifici avessero danneggiato o distrutto, chi ne era stato ferito o ucciso. Cominciarono a diffondersi bollettini di sciagure e serpeggiò il malcontento; per la prima volta qualcuno pronunciò in pubblico una parola: resa. Le bombe avevano frantumato due decenni d’illusioni.
Molte famiglie che potevano permetterselo sfollarono in campagna dove non c’erano obiettivi militari da colpire.”
“Il 2 settembre è stato sferrato l’ultimo attacco aereo su Reggio Calabria. Si e trattato di un bombardamento tanto violento quanto inutile, accertata la scarsa consistenza delle difese cittadine che avrebbero potuto ostacolare un eventuale sbarco Alleato sulla costa calabrese. Nel centro e nei dintorni della città si sono dovuti registrare notevoli danni materiali e vittime tra i civili.
All’alba del giorno dopo le truppe del generale Montgomery sono sbarcate con successo in Calabria alla fine di un’operazione denominata ‘Baytown’. Risulta che i soldati sono stati accolti bene dai pochi cittadini rimasti a Reggio. Questo clima tranquillo ha indotto gli Alleati a lasciare al suo posto il prefetto.
La notizia dell’armistizio dell’8 settembre si è diffusa tra i comandi militari italiani cogliendoli impreparati. L’ottava armata ha continuato a risalire il territorio calabrese senza incontrare grande resistenza da parte di tedeschi e fascisti rimasti a loro fedeli, mentre le popolazioni locali hanno spesso manifestato il loro ‘benvenuto’ ai nuovi alleati dell’Italia. Il 14 settembre l’ottava armata ha raggiunto il campo di concentramento di Ferramonti nei pressi di Cosenza...”
Pontecorvo ha concluso l’intervento auspicando che il dibattito sul periodo bellico e post bellico in città possa essere in futuro affrontato per chiarirne i molti aspetti ancora poco conosciuti.
27 aprile 2017
la conferenza
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