Elena Pierotti, studiosa dell’Italia risorgimentale e, in particolare, della realtà toscana, ha dedicato importanti ricerche ad una figura poco nota (se non addirittura trascurata dal dibattito storiografico) e ciò nonostante di notevole interesse.
Si tratta di padre Gioacchino Prosperi, del quale la dott.ssa Pierotti ha avuto modo di consultare il ricco epistolario conservato presso gli archivi della Biblioteca di Stato di Lucca.
Prosperi, per la sua intera esistenza, fece ragione di vita della propria missione religiosa in chiave politica.
Passò indenne attraverso situazioni molto complesse, fedele alle ragioni che sosteneva ed in pari tempo all’abito che portava. Probabilmente per lui l’essere un padre muratore (il condizionale è d’obbligo, anche se è del tutto evidente che il documento presente in Archivio a Lucca a lui rivolto così lo definisce, e ad una perizia grafica potrebbe risultare scritto dallo stesso religioso, parlando in questo caso in terza persona, perché lo stile di scrittura pare proprio il suo) non cozzava con l’affermazione del Vangelo.
L’ambiente di provenienza, legato per parte paterna agli ambienti musicali (parentela con Luigi Boccherini) e per parte materna agli ambienti cattolico liberali di stampo manzoniano, lo posero nella condizione di nutrire stima per il nuovo, a cavallo tra antico regime e modernità.
Sull’Etica Risorgimentale di stampo cattolico liberale si è scritto molto ma forse non si sono toccati i temi spinosi che la vittoria di un “laicismo” annacquato ha teso a celare.
L’idea che i padri gesuiti fossero tutti uguali ed in particolare che i religiosi in genere fossero prioritariamente conservatori ha generato confusione sul piano storico.
Si è spesso asserito che un Giuseppe Mazzini piuttosto che il suo carissimo amico d’infanzia Elia Benza, cresciuti a Genova e qui educati dai padri Scolopi, nulla avessero in comune con i religiosi di stampo liberale.
Il religioso padre Gioacchino Prosperi (1795-1873) con le sue vicende mette in evidenza situazioni ben diverse.
Il padre gesuita in questione si chiamava Gioacchino Prosperi, patrizio di nascita, Lucchese, formatosi in Sant’Andrea al Quirinale a Roma con Prospero d’Azeglio, di cui fu collaboratore in età giovanile. Vicino agli ambienti di Casa Savoia, sempre in Sant’Andrea al Quirinale visse in contatto con Sua Maestà Carlo Emanuele IV, fratello sia di Vittorio Emanuele I che di Carlo Felice, divenuto gesuita in età avanzata. Padre Prosperi a Torino divenne rettore e prefetto degli studi del collegio di Rivarolo nel 1827, nonché collaboratore di Cesare d’Azeglio sul giornale del marchese «L’Amico d’Italia».
Dopo aver militato nelle Amicizie Cristiane, floride a Torino per tutti gli anni Venti del XIX secolo, abbracciò la causa rosminiana pur restando nell’Ordine e/o collaborando con quei Gesuiti che sposarono più o meno ufficiosamente la causa nazionale, in un’ottica cattolico-liberale.
Mi riferisco – prosegue la relatrice - ad esempio a padre Boero e padre De Ravignan della Compagnia di Gesù, a loro volta collaboratori di Gian Carlo Brignole.
La preparazione dell’unità nazionale, in un’ottica regionalistica, passò dunque anche attraverso le esperienze di quei padri gesuiti che vollero scommettere su un’attiva partecipazione, così come Rosmini e Gioberti proponevano, alle vicende politiche del periodo, collaborando talvolta con forze in campo non cattolico-liberale. Padre Prosperi scrisse nel 1846 che «il laicismo italo-sardo, ancora fastidiosamente vantaggioso, li armò [i Polacchi] finalmente!», riferendosi ai moti polacchi di quell’anno, sostenuti in sordina da Carlo Alberto di Savoia.
I Chierici Regolari della sua città, Lucca, a più riprese padri Scolopi e con una loro Casa anche a Genova, religiosi cui lo stesso Prosperi in via parentale si poteva tranquillamente richiamare, avevano rapporti stretti a fine settecento col rivoluzionario Corso Pasquale Paoli, cui Giuseppe Mazzini si ispirò.
Ma gli stessi non furono così distanti dalla famiglia Bonaparte, quando questa in città a Lucca con Elisa, sorella di Napoleone, prese il potere.
Dunque scopriamo attraverso il religioso padre Gioacchino Prosperi che Giuseppe Mazzini era di fatto profondamente “cattolico” e molto “laici” quei padri che lo educarono.
I Bonaparte nel primo Risorgimento sposarono per tale motivo queste frequentazioni e dunque gli ideali mazziniani.
Se gli storici si limitano tutt'ora a sostenere che si trattava di riferimenti filosofici e non fattivi, politici, senza analizzare, nomi e cognomi, come si materializzarono i contatti, non fanno opera di ricerca storiografica completa.
Padre Gioacchino Prosperi con i suoi numerosi scritti (lettere e pubblicazioni) e percorso di vita tende a mettere in luce queste dinamiche.
La traccia che Egli ci mostra fotografa un Vaticano diverso, più intimo, più vero, sicuramente più variegato da quello comunemente conosciuto.
Scopo della conversazione far conoscere oltre gli addetti ai lavori quanto l’etica protestante fosse stata abbracciata anche in ambito cattolico e fosse prossima a materializzare una soluzione politica federale che coinvolgesse ogni gruppo politico del tempo, cattolico e non.

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11 febbraio 2022
la conferenza