Ritornando “alla svolta della Bolognina” , che si svolse tre giorni dopo la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989), vi fu la comunicazione del segretario del periodo, Achille Occhetto, che annunciava dei “cambiamenti” all’interno del PCI.
Tali mutamenti sfociarono nel suo scioglimento che venne deliberato il 3 febbraio del 1991 e tale decisione diede inizio a diverse frammentazioni di quel partito considerato come “il più grande partito comunista d'Europa”.
Ed è proprio dal capoluogo emiliano – afferma Michelangelo Tripodi – dove avvenne la “svolta” che il rinato Partito Comunista Italiano inizia il nuovo corso, dopo una parentesi che ha visto una lunga sequenza di frammentazioni.
Tutto ciò con la chiara volontà di rivitalizzare la desertificazione di quelle linee programmatiche disposte da una azione politica definita di “sinistra”.
Proprio da Bologna, spiegano gli intervenuti, sì è voluto ripartire, dove avvenne “quello scellerato e nefasto scioglimento del PCI, avviato proprio in quella città dall’allora segretario Occhetto”,e proprio in quella città si dà inizio al risorgimento del PCI con «Un futuro grande come una storia. La nostra» e “senza nostalgia o passatismo.
L’assemblea nazionale che si è tenuta a Bologna lo scorso 24 giugno che ha sancito il ritorno del PCI con quello stesso simbolo voluto da Palmiro Togliatti ed ideato da Renato Guttuso, quella stessa falce e martello con il tricolore sullo sfondo che sono stati e saranno i codici identitari che andranno a caratterizzarne il nuovo percorso nel quale le cui linee programmatiche riguarderanno anche quei punti fondamentali della vera “lotta di sinistra” quali lavoro, sanità, diritto allo studio, solidarietà.
Dagli intenti congressuali di Bologna si evince che […] C’è bisogno di comunismo, c’è bisogno delle comuniste e dei comunisti, c’è bisogno di Partito comunista. Cadute presto le promesse di benessere e democrazia della narrazione borghese del 1989, il capitalismo mostra, senza veli, il suo volto distruttivo. Un pugno di ricchi, che gestisce lo sfruttamento di enormi masse umane e dell’ambiente, è disposto - pur di non cedere, neppure parzialmente, potere e privilegi insopportabili - a provocare una guerra generalizzata e a correre il rischio di desertificare il pianeta. Per non rassegnarsi a queste prospettive terribili e per costruire il futuro è necessaria l’idea generale di un modo diverso di vivere e produrre. Il socialismo; cioè la proprietà e il controllo sociale dei mezzi di produzione, di scambio, d’informazione e delle risorse essenziali per la vita umana, è un tema attuale e decisivo. Il comunismo come liberazione integrale e sviluppo onnilaterale delle donne e degli uomini, si conferma un obiettivo storico di cui si accumulano potenzialmente le condizioni materiali e intellettuali che il dominio capitalistico tende ad asservire ai propri meccanismi o a dissipare […]
Se Bologna ha un significato identitario per i fatti storicizzati relativi alla “fine” ed alla “rinascita” del PCI, per altri aspetti la scelta di Polistena – prosegue Michelangelo Tripodi - rappresenta […] una scelta non casuale e certamente simbolica, proprio perché Polistena rappresenta la roccaforte dei comunisti calabresi e italiani con il suo grande patrimonio di lotte e battaglie popolari, di conquiste e di progresso sociale, di crescita civile e di avanzamento culturale di cui è stato protagonista assoluto il Partito Comunista, dal 1970 fino ad oggi […].
L’Assemblea di Polistena (11 giugno 2016) rappresenta una nuova tappa del percorso cominciato con le assemblee territoriali che si sono svolte in tante città e paesi della Calabria da Cosenza a Roccella Jonica, da Crotone a Palmi, da Bova Marina a Reggio Calabria e nelle quali si è registrata una partecipazione ampia e significativa di numerose presenze, cifre che contribuiranno alle prossime vicende della rinata sinistra italiana.
Una sinistra che avverte chiaramente che lo scenario sociale è molto preoccupante in virtù degli azzeramenti delle conquiste e dei diritti sociali, dell’arretramento e del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle grandi masse lavoratrici e popolari, crescita della povertà, aumento della disoccupazione, attacco allo stato sociale, alla sanità, alla scuola e alle pensioni, conclude Michelangelo Tripodi.
L’analisi inerente alla conversazione storica-culturale su “Articolo 49: il Partito Comunista Italiano” si è basata su un percorso che non ha rivestito i canoni legati ai ricordi, quindi alla “nostalgia”, ma un nuovo programma indirizzato ad un processo di ricostruzione sia della sigla politica che del Paese intero, ripartendo dal basso e dai territori, dando assoluta priorità ai drammatici problemi delle persone, dando così credibilità sia alle idee che alle battaglie politiche e sociali di cui le nuove linee programmatiche del Partito Comunista Italiano intende essere interprete e rappresentante.
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