Continua la programmazione da remoto del Circolo Culturale "L'Agorà" che organizza una nuova conversazione sul tema della rivolta di Reggio Calabria del 1970. Il nuovo incontro, organizzato dal sodalizio organizzatore ha come titolo “La politica industriale in Calabria dal dopoguerra ai moti di Reggio del 1970”, settimo appuntamento sui moti di Reggio del ’70, organizzato nell’anno in corso dal sodalizio organizzatore. Si tratta di una serie di approfondimenti su tali aspetti da parte di Andrea Guerriero (socio del sodalizio organizzatore) e cultore di storiografia economica). Nel corso della conversazione in argomento sono stati analizzati da parte del relatore le condizioni economiche del territorio e di quel programma governativo che proponeva di creare oltre 15 mila nuovi posti di lavoro in Calabria. La Rivolta di Reggio Calabria, esplosa tra l’estate del 1970 e il febbraio successivo ed innescata dalla rivendicazione del capoluogo regionale, aveva ulteriormente marcato la geografica economica calabrese, creando, così di fatto, un ulteriore divario tra le tre Città della regione. Le motivazioni di quella reazione a catena, andavano oltre quelle inerenti all’eventuale titolo di capoluogo di Regione, già di fatto assegnatogli dalla storia, ma ad un concreto risvolto economico e politico, derivante dall’assegnazione del capoluogo e con i relativi benefici economici derivanti da nuovi posti di lavoro pubblici ed altre attività connesse. Nel corso della giornata di studi saranno analizzate il susseguirsi e l’evolversi delle varie vicende storiche inerenti alla "industrializzazione senza volto" del territorio, alle mancate promesse, all’ennesima burla per la Città di Reggio Calabria, già beffata per l’assegnazione del capoluogo di regione a quella di Catanzaro. Il cosiddetto Pacchetto Colombo contenente qualcosa come due mila miliardi di lire per la Calabria, disposto dall’allora ministro dell’Industria Emilio Colombo, avrebbe dovuto segnare la svolta, invece si rivelò un misero fallimento oltre che un’offensiva banalizzazione delle istanze di un territorio e un inaudito spreco di denaro e risorse.  Quasi nulla, infatti, fu concretizzato di quanto deciso dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe). Il "Quinto centro siderurgico" della Piana di Gioia Tauro fermo alla posa della prima pietra del 25 aprile del 1975, così come le promesse esplicitate dall’allora Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, Giulio Andreotti, presente in quella occasione nella Città della Piana. La fabbrica della Liquichimica di Saline Joniche, stabilimento che doveva produrre bioproteine per mangimi animali, durò due mesi e poi chiuse i cancelli. Solo dopo lo sperpero di 1300 miliardi delle vecchie lire le Istituzioni conclusero che la produzione era "altamente inquinante". Nonostante la cospicua dotazione finanziaria gran parte degli investimenti programmati, come il V centro siderurgico di Gioia Tauro – per il quale erano destinati 1.300 miliari, con un’occupazione prevista di 7.500 unità – non vedranno mai la luce. Nonostante l'ingente impegno economico, le ricadute sia industriali che occupazionali del "pacchetto" furono al di sotto delle aspettative. La ricaduta occupazionale effettiva del “pacchetto Colombo” è modesta rispetto alle previsioni: circa 3500 addetti; gran parte dei quali, dopo breve tempo, entra in cassa integrazione. Quello che si configurava come uno dei più consistenti provvedimenti per l’industrializzazione del territorio rivestì rimandi fallimentari. Gli anni Settanta furono dunque un decennio di crisi. Ma crisi che nasceva dalla difficoltà a cogliere e affrontare questioni del presente e del futuro, ben più che portato irrisolto dello sviluppo precedente. Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data dal 16 luglio.

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16 luglio 2021
la manifestazione