Si è svolta venerdì 21 aprile la presentazione del saggio storico del giornalista indipendente senese Michele Taddei, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà”, “Steppa bianca – memoria di Albino cavallo da guerra”. Il libro è stato realizzato dal giornalista indipendente senese Michele Taddei, autore di preziose guide turistiche ed anche di una serie di interessanti saggi letterari che hanno riscosso importanti riconoscimenti. Questa pubblicazione parla di guerra e narra le vicende che si svolsero nelle steppe della Russia durante le operazioni belliche del 1943 nelle steppe della Russia, nel 1943 che sancirono la perdita di circa 85mila soldati italiani, privi di equipaggiamento invernale, che morirono per il freddo, la fame, le ferite, o furono rinchiusi nei gulag sovietici. L’8^ Armata Italiana in Russia, nota con l’acronimo di ARMIR, fu l’unità del Regio Esercito italiano impegnata durante la Seconda Guerra Mondiale sul fronte sovietico del fiume Don dal luglio 1942 al febbraio 1943. Subentrò al più modesto Corpo di Spedizione Italiano in Russia, con l’acronimo di CSIR, entrato in azione per la prima volta sul fronte orientale nell’agosto del 1941. Agli ordini del Generale Giovanni Messe, il Corpo di Spedizione Italiano venne istituito nell’estate del 1941 e successivamente venne inviato in Russia per partecipare all’offensiva tedesca (Operazione Barbarossa) scattata il 22 giugno dello stesso anno. L'Armata italiana comprendeva, tra le altre truppe, il Raggruppamento truppe a cavallo "Barbò" (dal nome del suo comandante, il generale Guglielmo Barbò di Casalmorano), costituito dai reggimenti di cavalleria "Savoia Cavalleria" e "Lancieri di Novara", e dal Reggimento artiglieria a cavallo "Voloire"; l'unità era schierata come riserva dell'armata. Male equipaggiata sotto tutti gli aspetti, dalle armi alle divise, dalle scarpe al rancio, l'ARMIR fu travolta dall'offensiva sovietica del dicembre 1942, perdendo nella ritirata metà degli effettivi. Su 230.000 uomini, di cui 7.000 ufficiali, le perdite furono di 84.300 unità tra caduti e dispersi; 30.000 furono i casi di congelamento. Con la distruzione dell'ARMIR e il rimpatrio in Italia nella primavera 1943 dei pochi superstiti, ebbe fine la partecipazione italiana alla campagna sul fronte orientale. Alcuni reparti, tra volontari e non, rimasero sul fronte russo operando sotto il comando tedesco. Diversi riferimenti si fanno alla carica di Isbuscenskij che è un episodio bellico avvenuto durante la campagna italiana di Russia sul fronte orientale della seconda guerra mondiale, verificatosi la mattina del 24 agosto 1942, che vide protagonista il reggimento italiano Savoia Cavalleria. Viene ricordata come l'ultima carica di cavalleria condotta da unità del Regio Esercito italiano contro reparti di truppe regolari (sebbene l'ultima carica in assoluto compiuta da reparti di cavalleria italiani ebbe luogo la sera del 17 ottobre 1942 a Poloj, in Croazia, da parte del Reggimento "Cavalleggeri di Alessandria" contro un gruppo di partigiani iugoslavi) in Russia. La carica prende il nome dalla piccola località di Izbušenskij , situata nel distretto di Serafimovičskij presso un'ansa del fiume Don, anche se in realtà il piccolo villaggio non venne coinvolto negli scontri. Ritornando a quelle vicende, esse furono caratterizzate da una sostenuta controffensiva sovietica scattò improvvisamente il 20 agosto: i russi passarono il Don e sfondarono il tratto di fronte tenuto dalla Divisione fanteria "Sforzesca". Il raggruppamento truppe a cavallo ricevette quindi l'ordine di contenere l'avanzata nemica, spostandosi nell'area compresa tra i villaggi di Jagodnij e Čebotarevskij, per prendere sul fianco le truppe sovietiche. La carica spezzò definitivamente la resistenza dei sovietici, che si ritirarono in disordine, ma le perdite tra gli italiani furono di un certo rilievo ed un notevole eco. L'epopea del Reggimento Savoia Cavalleria nella steppa russa durante la Seconda guerra mondiale. A raccontarla attraverso Albino - cavallo maremmano che prese parte alla carica di Isbuscenskij il 24 agosto 1942, tradizionalmente conosciuta come l'ultima carica di cavalleria. Il cavallo Albino (che contrariamente al nome era di mantello scuro) fu ferito in battaglia, sopravvisse alla ritirata, se ne persero le tracce, finché, a guerra terminata, venne ritrovato e riconsegnato al suo Reggimento. L’eroico quadrupede, che aveva galoppato nell’ultima drammatica carica di Isbuscenskij, è oggi (imbalsamato) al museo del Savoia Cavalleria di Grosseto. Nel saggio letterario è proprio lui la voce narrante. È dunque un cavallo che sussurra agli uomini. Queste alcune delle cifre che sono state analizzate dal prof. Roberto Pizzi, gradito ospite del Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria. Lo storico lucchese, che ha già collaborato con il Circolo Culturale “L’Agorà”, espone la sua presentazione dell’interessante libro, inserendo le vicende in un più ampio e istruttivo contesto storico. Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data da venerdì 12 maggio.