Si sfoglia un'altra pagina delle conversazioni culturali inerente al tema I GIORNI DELLA CIVETTA organizzata dal Circolo Culturale “L'Agorà” ed ospitata presso la sede istituzionale del Convitto Nazionale “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria.
Legalità, giustizia sociale, lavoro, questi alcuni degli aspetti che sono stati il filo conduttore del nuovo tema inerente la figura di Giuseppe Valarioti  assassinato da due colpi di lupara al termine di una cena nella quale so festeggiava la vittoria elettorale del Partito Comunista Italiano. Tale omicidio non fu l'unico assassinio politico che le cosche portarono a termine in quel periodo: dodici giorni dopo, a Cetraro, gli uomini del boss Francesco Muto sparano a Giannino Losardo. Pochi anni prima, vengono ammazzati invece due militanti, Ciccio Vinci e Rocco Gatto.  Giuseppe Valarioti muore nella tarda serata dell'11 giugno del 1980 ed il primo a soccorrerlo in quella tragica circostanza fu Giuseppe Lavorato, che in quel periodo ricopriva il ruolo di dirigente di quel Pci che voleva cambiare Rosarno.
Si chiede, per tale triste circostanza, Vincenzo Muratore: […] Per quale motivo hanno barbaramente assassinato Giuseppe Valarioti? Perché quella sera dell'11 giugno 1980? Perché al buio, all'uscita della pizzeria “La pergola”di Nicotera Maria, dove i comunisti di Rosarno si erano recato per festeggiare il successo elettorale? Chi sapeva che la pizza, invece che in sezione, come Giuseppe aveva detto ai propri genitori , sarebbe invece stata consumata in pizzeria? Ma soprattutto: a chi aveva dato fastidio. A chi aveva pestato i calli il giovane segretario del P.C.I. di Rosarno, tanto da essere ucciso' Questi interrogativi non trovano risposta […] (1)
Ritornando alla conversazione organizzata dal Circolo Culturale „L'Agorà” vi è stata la presenza, in qualità di relatore e di testimone di quei tragici e delicati momenti, di Giuseppe Lavorato che ha ricordato che «le attività economiche presenti a Rosarno e nella Piana furono certamente il fine dell'assassinio, il fatto scatenante fu lo scontro politico che la mafia intese come sfida pericolosa per il suo prestigio, il suo potere, i suoi disegni», così come esplicitato in diverse occasioni.
Giuseppe Valarioti era nato a Rosarno (Reggio Calabria) il 1° marzo del 1950 da Antonio e da Caterina Cimato,  una famiglia di piccoli imprenditori agricoli. Conseguì la maturità classica presso il Liceo "Nicola Pizi" di Palmi e successivamente conseguì la laurea il Lettere Classiche presso l'Università degli Studi di Messina, dove si laurea il 10 febbraio 1974 discutendo la tesi “Lingua e stile in Ammiano Marcellino”. Successivamente insegna presso il Liceo "Raffaele Piria" di Rosarno.
Ritornando a quella tragica notte il primo a soccorrere Valarioti fu Giuseppe Lavorato, con lui dirigente di quel Pci che voleva cambiare Rosarno, poi parlamentare e storico sindaco del paese. C'è tanta Calabria, di ieri e di oggi, nell'omicidio di Peppino Valarioti. 
Inizia la conferenza con la visione di due videoclip, realizzati per l'occasione e con la testimonianza del relatore inizia il riavvolgimento del nastro della memoria, di quei ricordi così come ebbe a riportare Pierluigi Bersani in un articolo dal titolo “Un altro Sud nel segno di Valarioti pubblicato sul quotidiano “L'Unità” […] La storia di Giuseppe Valarioti merita più che un semplice ricordo, merita una riflessione. È una storia emblematica perché dimostra come un altro Sud non solo è possibile ma un altro Sud c’è sempre stato. Lo studio, il lavoro, l’impegno politico per emancipare non solo se stesso ma anche la propria terra, la propria gente. Questa è stata la vita di Giuseppe fino a quando non è caduto per mano della ‘ndrangheta. Tante volte ci siamo detti che senza memoria non c’è futuro, la memoria di Giuseppe Valarioti fa parte del nostro futuro. Come capiremmo la Rosarno di oggi, la Calabria di oggi, senza ricordare chi veniva ucciso trent’anni fa perché lottava per la dignità del lavoro e per la legalità. Viene da pensare che in fondo i braccianti di ieri non sono diversi da quelli di oggi, al di là del colore della loro pelle, e la vita di una comunità è più ricca se è rispettosa della storia di tutti. I fatti accaduti a Rosarno nel gennaio di quest’anno ci dicono che la battaglia per la legalità cammina insieme a quella per il lavoro, per un buon lavoro e per uno stato sociale che possa sostenere le persone nei momenti di difficoltà. Chi divide, invece, le persone non solo non costruirà una società migliore ma non riuscirà nemmeno più a pensarla diversa da come è. Giuseppe Valarioti nel suo lavoro di insegnante, nella sua passione per l’archeologia, nelle battaglie per liberare il lavoro e per la legalità, una società diversa la pensava, la voleva e si è battuto con tutte le sue forze per realizzarla arrivando a sfidare la ‘ndrangheta in piazza. Parlando di Sud dovremmo tenere a mente con più chiarezza di cosa ci stiamo occupando, di quali sono i problemi. Quello che è accaduto a Rosarno ha suscitato giustamente grandi emozioni, ma per capire e per affrontare i problemi dobbiamo andare oltre le passioni e ricostruire più che difendere un sentimento di unità fra tutti gli italiani, quella stessa unità, quello stesso civismo popolare che portò a costruire a Rosarno con i soldi raccolti in tutta Italia una Casa del popolo. C’è anche un monumento in piazza a Rosarno dedicato a Giuseppe Valarioti e contro la ‘ndrangheta. L’unico che ci sia in tutta la Calabria. Un monito per noi a non dimenticare [...]
E proprio per non dimenticare questa conversazione culturale, inserita nel contesto de “I giorni della civetta”, proprio per come ebbe a ricordare Pierluigi Bersani che “un altro Sud non solo è possibile ma un altro Sud c’è sempre stato”, così come alcune delle figure che sono state oggetto di analisi durante gli incontri organizzati dal sodalizio culturale reggino.
Indagini giudiziarie, intimidazioni, depistaggi, fughe di notizie: questi alcuni dei elementi che si ritrovano con lo scorrere del tempo nei vari casi che hanno interessato e nel contempo coinvolto quelle persone che hanno creduto nell'affermazione degli ideali di giustizia e di uguaglianza e della legalità e che per tali intenti hanno sacrificato anche la loro vita.
Giuseppe Valarioti, oltre gli intenti sopra evidenziati, aveva anche la passione per la ricerca storica, per conoscere meglio le radici del territorio e dell'antica Medma e quindi l'interesse per l'archeologia, ma l'analisi del territorio di Rosarno va oltre tali vicende storicizzate, visto che Giuseppe Valarioti ricerca anche l'attualità del territorio. Tali analisi lo videro impegnato, insieme alla sezione del PCI di Rosarno, nel decennio 1970-1980, insieme alla cooperativa agricola “Rinascita”, che era connessa al partito, ma anche alla dura opposizione contro la speculazione edilizia del territorio, alla sensibilizzazione della comunità nei confronti anche del capitale storico ed ambientale del territorio.
A riguardo la cooperativa agricola “Rinascita” […] l'esigenza politica di spezzare il “blocco rurale” si incontrò con il bisogno degli agricoltori di avere una organizzazione capace di proporre  meglio sul mercato i loro interessi, liberandoli dell'intermediazione parassitaria e prepotente della 'ndrangheta. Da diversi anni non si affacciavano più nelle campagne della Piana di Rosarno gli storici veri commercianti che ad ogni inizio di campagna agrumaria erano soliti  comprare grande parte del prodotto al prezzo di mercato. Li aveva dissuasi la 'ndrangheta, con intimidazioni e minacce, per rimanere sola acquirente ed imporre le sue condizioni sul prezzo delle arance e dei mandarini. La cooperativa, oltre che per tutti gli altri benefici previsti dalle leggi nazionali e comunitarie, costituì lo strumento più efficace per liberare gli agricoltori dal giogo opprimente della 'ndrangheta. Così venne vista e vissuta dai braccianti diventati piccolissimi proprietari con l'occupazione delle terre del Bosco e da un numero sempre crescente di piccoli e medi agricoltori. [...](3)
Ritornando alla conversazione organizzata dal Circolo Culturale “L'Agorà”, l'onorevole Giuseppe Lavorato, nel corso del suo intervento ha inoltre evidenziato:

Il graditissimo ospite del Circolo Culturale “L'Agorà” e, non per ordine d'importanza del Convitto Nazionale “Tommaso Campanella”, nel corso della sua disamina ha evidenziato che  "Per capire l'omicidio Valarioti – spiega Lavorato – bisogna comprendere lo scenario politico e sociale in cui si è sviluppato: gli intenti governativi centrali di quel periodo erano indirizzati a creare 15 mila posti di lavoro in Calabria, di cui 7500 solo nella Piana di Gioia Tauro, e da queste cifre le conseguenziali aree d'interesse intorno a tale area.
[…] Per il Sud si prospettò una lunga stagione contrassegnata dalle speculazioni edilizie e dalla cementificazione più dissennata e non guidata da piani regolatori che ha portato, tra le altre cose, alla realizzazione delle cosiddette “cattedrali nel deserto” che costellarono il Meridione a partire dagli anni ‟50, quando il governo  guidato da De Gasperi istituì la Cassa del Mezzogiorno. In questo complicato contesto socio-economico, gravato oltretutto dal problema cronico della disoccupazione giovanile calabrese, Valarioti cercò di dare il suo contributo. Egli riteneva che fosse a tutti gli effetti un dovere della sua generazione quello di aprire una nuova strada per i giovani del luogo e così decise di impegnarsi in prima persona iscrivendosi alla sezione del Pci di Rosarno nel 1977. La scelta di essere partigiano del suo tempo richiama l‟invito gramsciano al prendere parte agli eventi della propria epoca, al rigetto verso l‟ignavia e l‟indifferenza che è a tutti gli effetti il “peso morto della storia”. La sua irriducibile forza di volontà nel perseguire questi ideali di giustizia e solidarietà dovette presto scontrarsi con gli interessi contrapposti che la „ndrangheta rosarnese, in linea con le altre „ndrine calabresi, stava espandendo in settori prima inesplorati. […] (3)
A conclusione di questa analisi merita attenzione quella campagna elettorale dove Giuseppe Valarioti attuò una linea dura ed intransigente nei confronti delle aree grigie e durante l'assemblea pubblica del 25 maggio di quel periodo storico, a seguito delle intimazioni subite, ebbe ad affermare che "Se pensano di intimidirci non ci riusciranno, i comunisti non si piegheranno": quella strada intrapresa, quelle scelte, l'impegno quotidiano di Giuseppe Valarioti  sia nei confronti delle classi meno abbienti che del territorio, premiarono il risultato di quella tornata elettorale.
Da quando sovra esposto, si assiste ad un percorso indirizzato ad una edificazione di fondamenta utili alla costruzione di una nuova cultura nella Piana di Gioia Tauro.

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21 maggio 2017
V.MURATORE, “Criminalità, Partiti Politici e Società in Calabria. Il delitto Valarioti”, Edizioni Periferia,1996;
D. CHIRICO-A.MAGRO, “Il caso Valarioti (Rosarno 1980: così la 'ndrangheta uccise un politico (onesto) e diventò padrona della Calabria)”, Edizioni Round Robin, 2010;
G.LAVORATO,”Rosarno,Conflitti sociali e lotte politiche in un crocevia di popoli,sofferenze e speranze”, Città del Sole Edizioni,2016.
la conferenza
(1) V.MURATORE, “Criminalità, Partiti Politici e Società in Calabria. Il delitto Valarioti”, Edizioni Periferia,1996, pp.63,64 ;
(2) G.LAVORATO,”Rosarno,Conflitti sociali e lotte politiche in un crocevia di popoli,sofferenze e speranze”, Città del Sole Edizioni,2016, pag.115;
(3) “Ribellarsi a Rosarno: la costruzione di una nuova cultura civile nella piana di Gioia Tauro”, elaborato finale di: Claudio Campesi, Relatore: Prof. Fernando Dalla Chiesa, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze Politiche, economiche e sociali, Corso di Laurea in Scienze Internazionali e istituzioni Europee, anno accademico 2014/2015. pag. 16.