Prendendo spunto dal libro di Umberto Eco “Apocalittici e Integrati" pubblicato esattamente quarant'anni fa si è pensato di organizzare un incontro con finalità analoghe.
Con queste iniziativa si è inteso portare all'attenzione dell'opinione pubblica la questione relativa al diritto all'informazione (sancito dalla Carta Costituzionale - art. 21) in riferimento alla situazione nazionale odierna, e, più direttamente, a quella calabrese e reggina in particolare.
Prima di entrare nel dettaglio della manifestazione e, quindi dei relatori con relativi interventi, bisogna descrivere la scenografia dell'incontro o se vogliamo gli attori.
Un personaggio incappucciato a guardia del tavolo della conferenza: esso cosa potrebbe rappresentare? La notizia data o quella non data o il giornalista impossibilitato nello svolgere la propria professione ?
Anche questi quesiti risultano inquietanti, così come l'idea di portare lo stesso all'ingresso del Chiostro del Tempio della Vittoria: anche in questo caso l'impatto che l'attore ha avuto con gli ignari passanti ha ottenuto le stesse attitudini emotive: avrà incuriosito,scioccato o cos'altro ancora?
Un inquietante manichino in camicia verde, legato ed incappucciato, è posto davanti ai relatori.
Nel corso della manifestazione sono stati spiegati i motivi che hanno spinto gli organizzatori a porre detto manichino: esso rappresenta L'INFORMAZIONE tutta che, al momento attuale, nella nazione ed a Reggio in particolare è legata a lobby di potere ed è costretta a stare in soggezione del denaro, che regola comunicazione nel suo senso più generale
Prima di dare il via all’inizio dei lavori è stato ricordato brevemente il poeta reggino Giuseppe Morabito scomparso di recente.
Il convegno ha avuto inizio con la relazione di Gianfranco Cordì che ha spiegato il titolo della conferenza rifacendosi all’ormai classico volume di Umberto Eco “Apocalittici e integrati” (Bompiani, 1964).
A 40 anni esatti dalla sua pubblicazione, ha detto Cordì, il libro di Eco mantiene intatta la sua vis polemica ed analitica della società di massa.
In questo volume: Eco analizza con gli strumenti della cultura alta (Kant, Husserl) la cultura cosiddetta bassa (Superman, Rita Pavone).
E dice che di fronte alla cultura di massa l’uomo di cultura non può che dare un’estrema testimonianza in termini di “Apocalisse” di contro alla risposta ottimistica dell’ “Integrato”.
L’Apocalisse risulta così essere l’ossessione di chi dissente.
L’integrazione è, invece, la realtà concreta di chi non-dissente.
Cordì passa poi ad enumerare 13 capi di accusa contro la cultura di massa e in particolare il giornalismo. Per aprire così il dibattito fra i relatori fornendo degli imput alla discussione. Seguendo il libro di Eco Cordì dice che la malattia storica della cultura di massa fu individuata da Nietzsche nella sua forma del giornalismo.
1) Primo capo d’accusa: i mass- media si rivolgono ad un pubblico eterogeneo e si specificano secondo “medie di gusto” evitando così l’originalità;
2) I mass- media si rivolgono ad un pubblico inconscio di se come gruppo sociale. Il pubblico così deve subire le proposte della cultura di massa, senza sapere che le subisce:
3) I mass-media tendono a secondare il gusto esistente senza promuovere rinnovamenti della sensibilità. Cioè essi omologano, e svolgono funzioni di pura conservazione;
4) I mass-media tendono a provocare emozioni vive (non- mediate), cioè invece di simboleggiare un’emozione: la provocano;
5) I mass-media (immersi in un circuito commerciale) sono sottomessi alla legge della domanda e della offerta;
6) Anche quando diffondono i prodotti della cultura superiore, i mass-media li diffondono livellati e condensati;
7) Anche i prodotti della cultura superiore: vengono proposti in una situazione di completo livellamento con altri prodotti di trattenimento;
8) I mass-media incoraggiano una visione passiva e acritica del mondo;
9) Fatti per il tempo libero e il trattenimento, i mass-media sono studiati per impegnare solo il livello superficiale della nostra attenzione;
10) I mass- media tendono ad imporre simboli e miti dalla facile universalità;
11) Per fare questo: lavorano sulle opinioni comuni e quindi funzionano come una continua riconferma di ciò che noi già pensiamo;
12) Anche quando fingono spregiudicatezza: si sviluppano sotto il segno del più assoluto conformismo;
13) I mass-media si presentano, quindi, come lo strumento educativo tipico di una società a sfondo paternalistico.
Cordì, a conclusione del suo intervento, ha dato il via, sulla base di questi capi d’accusa, al dibattito tra i convenuti. Non rinunciando ad una battuta finale su di un giornale locale nel quale, egli ha detto, sarebbe auspicabile che i giornalisti oltre a correre dietro la notizia, essere dei segugi, sapessero pure scrivere.
Gianni Aiello nel corso del suo intervento ha evidenziato che «c'è innanzitutto da approfondire il profilo morale, ammesso che si possa parlare di tale attitudine, forse anche giuridico del problema.
Bisogna aggiungere, quindi che sarebbe interessante poter conoscere dove risiede la libertà di cronaca, il diritto all’informazione e di critica .
Ed è altrettanto evidente che spetta a tutti i cittadini, e in particolare ai giornalisti e agli studiosi, il diritto e il dovere di far conoscere, criticare e analizzare liberamente.
Poi, Aiello ha iniziato ad analizzare una sequenza di pubblicazioni inerenti il tema della serata rifacendosi ad alcuni capitoli del libro “Diritti e rovesci dell'informazione” di Alberto Leiss e Letizia Paolozzi.
Infatti si è soffermato sul capitolo relativo l'opinione pubblica?" dove gli autori discutono della nascita della democrazia in Grecia, passando poi ai vari Rousseau, D'Alembert, Tocqueville, per arrivare alla parte relativa alle affermazioni del cardinale Martini il quale - nella pubblicazione in oggetto dove «... i giornali ci presentano ormai solo dei giochi verbali e perdono di credibilità come l'hanno persa i partiti...».
Gianni Aiello ha poi proseguito trattando le pubblicazioni di Luigi Pintor “Politicamente scorretto (Cronache di un quinquennio 1996-2001)” [edizione Bollati Boringhieri, Torino, 2001]: «Buoni o cattivi, brevi o lunghi, corretti o sgrammaticati, i commentari delle loro prime pagine sono scritti sull'acqua che passa veloce sotto i ponti della cronaca e della storia...», di Mauro Wolf “Gli effetti sociali dei media” (edizione Bompiani, Milano, 1992): « ...in riferimento agli eventi politici che nel
1989 hanno scosso i paesi dell'Est europeo alcuni osservatori hanno parlato di "prime time revolution" per indicare il ruolo di assoluto rilievo che in quegli accadimenti hanno svolto i media e la televisione in particolare. Ma è proprio vero - come sosteneva Ronald Reagan - che anche il Grande Fratello più potente è disarmato contro la tecnologia dell'età dell'Informazione? Il problema del grado di influenza dei media sull'individuo e i suoi comportamenti, sulla società ed i suoi orientamenti, ha ricevuto nel tempo molte e difformi risposte ...» .
A riguardo la pubblicazione di di Umberto Eco “Dalla periferia dell'Impero (Cronache di un nuovo
medioevo)” [Edizioni Bompiani, Milano 2003], dove nel capitolo relativo a “La città degli automi” si legge « ... se tu hai informazione storica e immaginazione sociologica, se credi nei fenomeni sociali, se ami il corso umano della storia terrestre e non paventi le sue contraddizioni, se sai interrogare gli uomini e gli eventi, non farai mai lo sporco mestiere del pennivendolo di sottogoverno, dello yes-man dei comitati civici, del consulente delle fondazioni culturalmente arteriosclerotiche, del ghost-writer dei parlamentari mafiosi, del velinatore e del censore del telegiornale...».
Gianni Aiello, infine si è soffermato sulla pubblicazione di Noam Chomsky “Illusioni necessarie - massmedia e democrazia” [edizione Eleuthera, Milano 1991] dove si può trovare il seguente passo « ...Le accuse mosse ai nemici ufficiali raramente richiedono prove concrete; inoltre non sono sottoposte all'obbligo della rettifica, che può essere rifiutata come apologia di reato. Il sistema si protegge con l'indignazione quando viene messo in discussione il suo diritto ad ingannare se ciò viene fatto al servizio del potere, e l'idea stessa di sottoporre il sistema ideologico al controllo razionale suscita incomprensione o scandalo, anche se spesso le motivazioni sono variamente mascherate. Poco per volta, si scopre che il conformismo è più semplice e permette di ottenere privilegi e prestigio; il dissenso invece ha dei costi specifici che possono anche essere pesanti, pur in una società che non ha mezzi di controllo come le squadre della morte, i manicomi-prigioni, o i campi di sterminio. La struttura stessa dei media è concepita per indurre ad uniformarsi alle ideologie dominanti. In un breve comunicato di tre minuti, stretto in mezzo agli spot pubblicitari, o in un servizio di settecento parole, è impossibile presentare concetti inconsueti o conclusioni non conformiste con tutte quelle argomentazioni e prove necessarie a garantire una certa credibilità...».
Dopo l'intervento di Gianni Aiello ha preso la parola è passata a Giuse Barrile, direttore dell'emittente reggina RST - Telereggio che ha affermato di volere rispondere agli imput di Umberto Eco illustrati nell’interventi di Cordì ed anche alle provocazioni di Gianni Aiello.
Nel corso del suo intervento Giuse Barrile ha evidenziato che: «... se devo comporre il mio telegiornale ed ho trenta minuti a disposizione e 90 notizie: per forza di cose devo effettuare una scelta. Devo stabilire delle priorità. Questo è uno dei compiti primari del giornalista. A garanzia del giornalista c’è lo “ Statuto dell’ordine dei giornalisti” per prima cosa. Che fa cenno all’attenersi alla verità sostanziale dei fatti, ai concetti di correttezza e lealtà. Quando l’ho letto io ho riflettuto molto su questo articolo del Codice. Chi sta dall’altra parte, mi sono detto, si rende presto conto che la dicitura “ verità sostanziale “ è stata inserita nell’articolo perché il giornalista non può fare riferimento ad un piano di verità assoluta,per così dire.»
Il relatore ha voluto ricordare quando il giornalista Michele Santoro conduceva una trasmissione nei giorni in cui si votava per la seconda volta con il maggioritario: « ... c’erano la destra (Berlusconi e Fini) e la sinistra (Prodi, D’Alema e Rutelli) e nella sua trasmissione erano stati istituiti dei sondaggi. I nomi da votare erano i cinque da me nominati sopra: bisognava votare per una di quelle cinque persone. Nella prima fase furono estrapolati i primi tre nomi. Giuliano Ferrara aprì a quel punto una dura polemica con Santoro. Al primo sondaggio: i primi tre risultarono Prodi, Fini e Berlusconi. Cioè i voti degli spettatori appartenenti al centro sinistra si erano divisi in tre nomi e quindi si trovarono ad avere meno forza rispetto al centro destra (che si divise in due nomi). Per la stessa ragione,ma capovolta, al secondo sondaggio: vinse Prodi. Questo a mio avviso è un modo di fare informazione che può essere considerato corretto o scorretto. Mi pare che quello di cui stiamo discutendo oggi sia tutto qui».
Giuse Barrile, durante il corso del suo intervento ha posto il quesito se « ... i
Il relatore è passato alle conclusioni dicendo che a suo giudizio il campo dell’informazione è molto delicato e che «... l’utente non comprende che un certo tipo di informazione, e quel tipo di informazione che comprende rischia di portarlo fuori strada. Quello che il giornalista dovrebbe sempre tener presente è che l’informazione deve trasmettere il senso vero dell’avvenimento. Da tenere presente ci sono tre cose: la prima è che noi parliamo ad interlocutori che devono comprendere quello che diciamo; la seconda: è che dobbiamo cercare di far comprendere il fatto che stiamo esprimendo. Io, ad esempio,cerco sempre di applicare la regola un fatto dietro ogni notizia . Quasi mai però questo accade, quasi sempre si mischiano giudizio e commento. Il terzo punto è quello basilare: bisogna dare spazio a tutti. Non fare la cernita delle notizie sulla base degli interessi della testata...»
La parola è passata a Francesco Gangemi direttore del periodico locale "Il Dibattito" che ha ringraziato gli organizzatori del sodalizio reggino che è sempre molto attento alle problematiche più varie ed interessanti affermato: «Ho ascoltato molto attentamente tutte le relazioni, quella di Cordì, di Barrile; ma devo dire che, anche in tutti gli altri interventi, c’è un po’ di confusione. Signori miei: l’informazione giornalistica è una cosa; tutto l’altro tipo di informazione ha un diverso rilievo. E comunque, riguardo agli imput di Eco:mi consta dire che Eco non è il Vangelo. Io credo che se ciascuno di noi è,o non è, integrato dipende dalla propria dignità, dalla nostra coscienza, dal nostro modo di fare informazione. Noi siamo in una società in continua evoluzione. E quello che stiamo rischiando è di perdere così i grandi valori, come quello della famiglia. Quello che dice Santoro, riguardo alle testate nazionali,è completamente falso. Non è vero che “Libero” e “L’Unità” quantomeno danno la notizia. (Mentre la cosa grave sarebbe il non darla affatto). Oramai il giornalismo è detenuto da alcuni industriali che hanno degli interessi economici e politici ( essi hanno in mano l’informazione ). In Italia esistono, al momento, tre grandi gruppi ( Berlusconi- De Benedetti.- Lega Nord ). In questi casi di monopolio di un gruppo industriale,la verità è che il giornalista o ubbidisce alle direttive della sua testata o se ne va a casa. La mia esperienza a livello personale è emblematica, in questo senso, io al “ Tempo “ rimasi tre giorni e me ne andai. Quella di oggi è un’informazione teleguidata. Se ci sono sette giornali ci sono sette verità diverse. E mi riferisco a quanto ha detto il dott. Barrile che ha parlato dell’articolo 21 della Costituzione. In effetti questo articolo afferma che in Italia esiste il diritto di cronaca e il diritto di critica. Il vero problema,però non è fare ne cronaca ne critica. Perché esiste l’articolo 595 del Codice di Procedura Penale (primo, secondo e terzo comma) scritto dal ministro Rocco, il quale afferma che come giornalisti noi siamo sottoposti al Codice Penale. Che me ne devo fare, dunque, delle garanzie costituzionali quando poi esiste il 595 che sottomette il giornalista ad obblighi penali ? E’ una contraddizione palese. Neanche oltreoceano esiste il “ reato di opinione “; mi domando perché esiste in Italia ? Perché in Italia esistono le varie lobby politiche ed economiche che tengono sotto controllo l’informazione. L’Italia in realtà ha voluto una leva e non un esercito,perché l'Italia ha dentro di se paura che un esercito possa destabilizzare la democrazia. Tutto questo è alla luce del sole. Nel suo intervento, Barrile,ha affermato che lui “sceglie“ quale notizia mandare in onda. In realtà lui si trova a scegliere molto poco. Rai 3 Calabria non è differente dalla televisione di Barrile, tanto per fare un altro esempio. In verità voglio dire a Barrile: nessuna televisione oggi si può mantenere senza il contributo di Comune, Provincia e Regione. In generale:si danno tot minuti ad un sindaco e certamente molto meno ad un Filibetto qualsiasi. L’Ordine dei Giornalisti della Caloria in realtà dovete sapere, è nato a Napoli. Poi: ha traslocato in Calabria. Io ho attaccato duramente, sul mio giornale, riguardo ai problemi afferenti l’Albo stesso (la facilità con la quale qualcuno vi poteva accedere): come risultato ho avuto 3 anni di sospensione dall’Albo.»
Le argomentazioni tratte sono risultate interessanti ed hanno trattato vari aspetti del mondo dell'informazione come chi fa risaltare più di tutto la “ cronaca nera” e chi chi invece fa cronaca al posto della critica ed il relatore in modo garbato ha espresso che «... questo non è un modo di fare una corretta informazione pluralista. Io, personalmente, se dovessi scegliere propenderei per il “ Quotidiano”. In verità voglio farvi riflettere su un fatto. In Inghilterra ed in America ci sono dei “ giornali inchiesta “. Io credo di poter affermare che “Il Dibattito” sia un giornale-inchiesta del tipo all’inglese. A me, quando mi appresto a comporlo, quello che mi interessa è se il popolo e o no sovrano, mi interessano le grandi inchieste. Ma, credetemi, fare tutto ciò costa parecchio. Per fare del giornalismo vero in Calabria non servono chiacchiere, se è vero che il giornalismo vero costa, noi dobbiamo creare un modo per finanziare i giornali. E dobbiamo badare a che questo sia un modo davvero onesto. Guardate questa persona incappucciata (Gangemi indica con la mano il manichino posto davanti al tavolo dei relatori) è l’espressione migliore che ci possa essere riguardo a chi fa il giornalista. A ciò che quotidianamente gli tocca subire. Se il direttore di un giornale stesso, non ha la piena libertà di fare come desidera il suo giornale, quale informazione può avere il cittadino ? Il cittadino, credetemi, è legato mani e piedi come questo manichino (Gangemi indica di nuovo l’incappucciato). Io, vedete, non penso che abbia ragione Barrile quando dice che lui può dire ciò che vuole nel suo tg: in realtà il giornalista non può fare riferimento alla sfera familiare, egli può trattare solo la cosiddetta sfera pubblica. L’articolo 21 fornisce dunque dei limiti alla Costituzione. L’articolo 525 elimina questi limiti che la costituzione genera! Credetemi, amici, se io questa scelta di giornalista sul campo, la feci 40 anni fa per la prima volta; io la continuerò a rinnovare ogni giorno sulla mia pelle ! Io faccio un giornale-inchiesta e di questo me ne faccio un vanto. Noi portiamo alla luce dei fatti che altrimenti non sarebbero mai venuti fuori. Lo ripeto:questa è una mia scelta, fatta 40 anni fa. Io allora parlai con la mia “coscienza“ e con la mia “educazione”: e feci la mia scelta. Ma è chiaro che ho paura anch’io ! In verità: quello che faccio non lo faccio certo perché ho coraggio; lo faccio per rendere un servizio alla gente.»
Francesco Gangemi conclude il suo intervento dicendo che in Calabria si deve rilanciare il giornalismo sul modello dei giornali inglesi (che arrivano a mettere alla berlina i potenti) o sul modello dei giornali americani ed infine conclude dicendo che: « ... in Italia non è ancora così ed in questo contesto Reggio Calabria è un far-west senza sceriffi. Il sistema non lo posso cambiare certo io; ma io sono e sarò sempre con voi, con la vostra associazione… Sapete, io non credo molto nei dibattiti. Quando li facciamo ci mordiamo la coda. In 50 anni di giornalismo è la prima volta che vi partecipo e l’ho fatto solamente per il circolo “L’Agorà”! Voglio concludere dicendovi che se noi non ci leviamo di dosso una certa cultura allora non faremo che restare piccoli. Grazie.»
La scaletta dei relatori si è conclusa con l'intervento di Piervincenzo Canale che ha tratteggiato alcuni aspetti della sua tesi di laurea, dal titolo “Internet nei paesi del sud del mondo” , discussa con il professore Tonino Perna presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Ateneo di Messina.
Piervicenzo Canale nel corso del suo breve ma interessante intervento ha sottolineato che durante la stesura della sua tesi di laurea ha avuto modo di constatare come che il computer può offrire una grande libertà dell'informazione la quale porta alla libertà di movimento . «Essa -prosegue il relatore - offre ampi spazi informativi e con internet c’è la possibilità di comunicare a 360°, ma come sempre la concentrazione mediatica è impedita dai trusts dei potenti di turno. Una statistica dell'Ordine dei Giornalisti (sui settori mediatici ) dice che la concentrazione mediatica non giova all’informazione ! E’ chiaro che della televisione, quella che guardiamo tutti i giorni, ci siamo ormai stancati ! In questi casi possiamo dire che stiamo seguendo il modello che non va ! I siti Internet appaiono più indipendenti della Tv.»
Canale ha così ringraziato il pubblico ed Aiello ha concluso ringraziando tutti i relatori e specialmente Francesco Gangemi perché questa è stata la sua prima conferenza in tanti anni di militanza al servizio del giornalismo e di quella informazione che, come l'incappucciato che è stato sciolto dalle catene dagli organizzatori, si spera che, a Reggio come ovunque, venga un giorno liberata.