Il 16 agosto 1972 il Mar Jonio ha restituito a Riace di Reggio Calabria le due statue di bronzo dopo duemila e cinquecento anni dalla loro creazione: a 200 metri dalla riva e ad 8 metri di profondità, un sub, tale Stefano Mariottini, durante una battuta di pesca subacquea in apnea avvistava tra la sabbia del fondale le due statue.
Il 21 agosto 1972, i carabinieri del “nucleo sommozzatori” iniziavano le operazioni di recupero dei due reperti archeologici. Alle ore 12, dello stesso giorno, recuperavano la statua B, il giorno successivo la statua "A".
Gli studiosi di archeologia accertavano che si trattava di sculture in bronzo, realizzate da artisti sconosciuti, risalenti a duemila e cinquecento anni addietro.
La statua "A" definita genericamente "il Giovane" misura m.1,98 di altezza, la statua "B" definita "il Vecchio", priva dell’occhio sinistro perduto in mare, misura m.1,97 di altezza.
Restaurate a Firenze, sono custodite dal 16 luglio 1981 nel Museo di Reggio Calabria ; tra le Opere d’Arte più pregiate al mondo, sono adesso patrimonio dell’Umanità.
Trovarsi di fronte ai Bronzi di Riace è un momento di grande emozione.
Si rimane lì fermi in silenzio ad ammirare quelle statue che sprigionano fierezza e si instaura immediatamente un contatto interiore con il loro mistero.
Chi siano stati e da dove siano venuti non lo sapremo mai, ma è certo che i loro corpi sono stati forgiati con l’Arte della guerra.
Si è tanto parlato in questi anni sulle due pregevoli opere, tanto da indire una consultazione popolare ad opera del Comune di Reggio Calabria dal 30 giugno al 6 luglio del 2003 a risposta e nei confronti di chi voleva "clonare" le due statue e portarle in giro per il mondo.
Alla fine ha prevalso il buon senso ed i due guerrieri ellenici sono rimasti al loro posto e ben custoditi, come sempre.
Si sono svolti nell'arco degli anni diversi convegni, tavole rotonde, ipotesi sul tema in questione e, naturalmente la scrivente Associazione è stata sempre attenta alle tematiche dei beni culturali, come, tra l'altro si può ben evincere consultando le apposite pagine sul sito, organizzando convegni sul tema, facendo diverse proposte a riguardo i beni culturali e, naturalmente anche, nello specifico, sul tema in oggetto.
L'appuntamento ha avuto come scenario la sala convegni della Biblioteca Comunale "Pietro De Nava" e rientra in una serie di manifestazioni denominati "Pomeriggi Culturali", organizzati dal Circolo Culturale L’Agorà in collaborazione con il Comune di Reggio Calabria, la Biblioteca Comunale “Pietro De Nava” ed i laboratori di ricerca del sodalizio reggino, tali gruppo di ricerca Mnemos, centro studi “Gioacchino e Napoleone” e Centro Studi italo-ungherese “Árpàd”.
Il segretario dell'associazione organizzatrice Natale Bova, durante il suo intervento ha ricordato al pubblico presente del continuo impegno del Circolo Culturale L'Agorà anche in tema di "Beni Culturali", tra cui anche l'adozione di un monumento: i resti della Chiesa di architettura bizantina-normanna di S.Giorgio intra, naturalmente di concerto con la Soprintendenza alle Antichità della Calabria.
Il relatore Riccardo Partinico ha esordito dicendo ai presenti che al momento di trovarsi di fronte ai BRONZI DI RIACE venne avvolto da uno stato di grande emozione.
«Ho ammirato quelle statue - prosegue - , dalle forme armoniche, che riproducono due uomini atletici, con la muscolatura scolpita, che sprigionano fierezza e mistero ed ho instaurato un contatto interiore “magnetico” con la loro identità.
Un filo invisibile ha legato i miei pensieri a quei due uomini. Chi sono stati e da dove sono venuti non lo sapremo mai, ma è certo che i loro corpi sono stati forgiati con l’Arte della guerra; la forza fisica è raffigurata nella definizione dei loro muscoli e la postura simboleggia gloria ed invincibilità.»
L’Anatomia umana è la Scienza che studia la forma, l’architettura e la struttura del Corpo umano.
I primi studi del Corpo umano sono avvenuti mediante dissezione, poi, nel volgere dei secoli, nuove tecniche di studio hanno consentito di conoscere il Corpo umano anche a livello submicroscopico, basti pensare alle ultime scoperte sull’Acido Desossiribonucleico (DNA).
Anche l’interpretazione muscolo-operativa è una Scienza.
Infatti, lo studio effettuato da Riccardo Partinico sui Bronzi di Riace è il risultato di dati scientifici, conseguiti con l’osservazione, con la riflessione intellettuale e con la valutazione di determinazioni tecniche.
L’osservazione della postura, della morfologia del sistema muscolare e della somatometria dei distretti muscolari, consente al docente di Scienze Motorie e Sportive di risalire, con poca percentuale di errore, al tipo di attività sportiva esercitata da un atleta.
Vero è che un sollevatore di pesi presenta una forma muscolare diversa da un maratoneta ed anche un lottatore appare fisicamente diverso da un pugile pur praticando entrambi sport di combattimento.
L’analisi scientifica finalizzata allo studio anatomico dei Bronzi di Riace ha consentito a Riccardo Parinico, attraverso l’osservazione, la riflessione, l’intuizione e la valutazione tecnica, di leggere la storia di quelle strutture muscolari desumendone dati molto attendibili conducenti alla loro “identità” e alla realizzazione delle due statue.
Lo studio scientifico svolto sui Bronzi di Riace ha dato la possibilità di leggere la storia di quei corpi e desumere dati molto attendibili e fornire dei quesiti alle quali il docente di scienze motorie ha dato le seguenti risposte:
Le due statue rappresentano due personaggi eroici realmente vissuti perché lo scultore o gli scultori che hanno realizzato le due Opere d’Arte hanno copiato, fedelmente, le deformazioni del sistema scheletrico di soggetti reali, sicuramente, di altezza inferiore a quella delle due statue che, a causa della loro attività guerresca, hanno acquisito alcune alterazioni del sistema scheletrico.
Tali anomalie non possono essere frutto di fantasia dell’artista in quanto, duemila e cinquecento anni fa, nessuno sapeva cosa fosse la scoliosi, l’ipercifosi, l’iperlordosi ed il varismo.
La volta plantare dei piedi del guerriero definito il “Vecchio”, si presenta allargata e il quinto dito presenta un’anomala flesso-adduzione (varismo) causata da un’alterazione delle articolazioni tra il V° metatarsale e la falange basale.
I motivi di tale anomalia possono essere legati a fattori genetici, a fattori meccanici: vedi ad esempio calzature strette ai bordi o ad altri fattori legati all’attività svolta dal guerriero.
Il sovraccarico dell’elmo (4-5 kg.), dell’arma impugnata (3-4 kg) e dello scudo (4-5 kg.) utilizzati dai guerrieri per eseguire azioni di combattimento, hanno determinato alterazioni strutturali della loro colonna vertebrale.
Il guerriero definito il “Giovane”, presenta una scoliosi dorso-lombare di lieve entità e nel tratto lombare della colonna vertebrale è possibile riscontrare un’accentuata iperlordosi compensata da una ipercifosi poco rilevante del tratto dorsale.
Nel “Vecchio”, invece, è visibile una caratterizzante scoliosi dorso-lombare e l’appiattimento della curva di lordosi del tratto cervicale.
Questi dismorfismi che possono definirsi “professionali” non diminuiscono le funzionalità, le potenzialità muscolari e neanche l’estetica dei due guerrieri.
I Bronzi di Riace rappresentano due uomini di razza bianca, con muscolatura ipertrofica e simmetrica, con struttura fisica longilinea e capaci di effettuare azioni di combattimento con grande abilità.
Forza e potenza muscolare sono le qualità fisiche che emergono dalla forma di quei muscoli.
I corpi dei due guerrieri sono depilati, la peluria del pube è squadrata, le unghie dei piedi e delle mani perfettamente curate, i capelli e la barba sono acconciati, tutti questi particolari evidenziano un interesse per la cura del corpo e sono, anche, sinonimo di “nobiltà” e “fierezza”.
Le strutture fisiche sono state forgiate dallo stesso tipo di addestramento: la guerra.
Ma, dallo studio della fisionomia muscolare, dall’espressione somatica e dalla comparazione strutturale tra le due statue emerge che i Bronzi di Riace hanno esercitato attività guerresche diverse.
Il Bronzo definito il “Giovane” rappresenta un guerriero appartenente alla fanteria; i muscoli mimici delineati da fossette e lo sguardo enigmatico sono l’espressione di chi ha visto, conosciuto e sfidato la morte; i denti posti in risalto evidenziano “aggressività”.
Lo studio della conformazione degli arti inferiori dimostra alcuni dati di fatto inequivocabili: i piedi ben strutturati; le dita dei piedi armoniose, simmetriche e senza alterazioni scheletriche; la volta plantare normale; la notevole ipertrofia dei glutei (medio e grande), della parte alta del vasto laterale e della parte centrale dei bicipiti femorali e dei gastrocnemiindicano che il “Giovane” era capace di sprigionare forza e potenza in azioni guerresche di media durata e la tonicità dei suoi muscoli evidenzia che è “pronto” a combattere.
Invece, l’ipotonia di alcuni muscoli degli arti inferiori, precisamente, quelli che adducono la coscia: il pettineo, il vasto mediale, il gracile, il sartorio, gli adduttori, il semitendinoso ed il semimembranoso, dimostrano, inequivocabilmente, che il guerriero definito il “Giovane” non andava a cavallo.
Quest’ultima affermazione trova conforto nello studio della fisionomia dei muscoli degli arti inferiori di soggetti che, invece, cavalcano e che, pertanto, effettuano continue adduzioni con conseguente ipertrofia dei muscoli interessati.
Un esempio immediatamente visibile, per effettuare un confronto, è la statua del guerriero definito il “Vecchio”.
Il quale appare impavido e con lo sguardo tipico dello stratega.
La sua muscolatura è delineata, tonica ma rilassata, è un guerriero che, oltre alle comuni azioni guerresche, va anche a cavallo.
I muscoli adduttori, pettineo, vasto mediale, gracile, semitendinoso e semimembranoso sono ipertrofici.
La parte mediale dei muscoli: sartorio, retto interno e semitendinoso, dove si inserisce il caratteristico tendine a “zampa d’oca”, è molto evidente nel guerriero definito il “Vecchio”.
I glutei sono ipertrofici, i gastrocnemi (gemelli) sono molto definiti e, anche, la conformazione degli altri muscoli degli arti inferiori, sono compatibili per fisionomia con soggetti che cavalcano.
I muscoli del collo, dei due guerrieri, precisamente, lo sternocleidomastoideo, i trapezi e gli scaleni si presentano forti ed allenati a sostenere il peso dell’elmo.
L’ipertrofia accentuata dei muscoli deltoidi, in particolare i fasci che si portano in basso e lateralmente per terminare sull’omero a livello dell’impronta deltoidea, e dei muscoli sottospinato, grande rotondo e dei tricipiti evidenziano che utilizzavano con gli arti superiori attrezzi di peso consistente (armi leggere dell’epoca) la spada, la lancia, il giavellotto e lo scudo.
L’uso di un corpetto che, probabilmente, proteggeva la gabbia toracica e ne limitava l’espansione, il sovraccarico delle armi utilizzate che non consentiva ai guerrieri di sollevare agevolmente le spalle per effettuare un’adeguata respirazione toracico-addominale, li ha indotti, nelle azioni di addestramento e
nelle azioni di guerra a far uso, involontariamente, della respirazione diaframmatica.
Per questo motivo, la gabbia toracica dei due guerrieri, sia in larghezza che in spessore, non è molto sviluppata e alcuni muscoli deputati all’inspirazione, grande dentato e piccolo pettorale non sono molto evidenti.
All’inizio della formazione degli eserciti la lancia è l’arma offensiva della Fanteria, poi, con il passare dei secoli, viene perfezionata ed usata dalla Cavalleria.
La lancia è costituita da un’asta lunga circa 2 metri con una estremità di ferro, appuntita e con bordi taglienti, denominata cuspide.
Alla lancia, nella parte terminale opposta alla parte appuntita, viene inserito un “calzuolo” che serve da contrappeso.
I due guerrieri, per impugnare l’arma, sicuramente la lancia, utilizzano un sistema particolare. Con la mano destra estesa in avanti, in posizione supina sul piano orizzontale, flettono le dita, abducono il dito indice, tra lo stesso dito ed il dito medio inseriscono l’asta della lancia e con le altre dita impugnano l’arma avvolgendola.
In definitiva, l’indice ed il medio condizionano la direzione della cuspide e le altre tre dita mantengono ferma l’asta. Considerato che le due statue sono state realizzate in tempi diversi ed entrambe presentano la stessa impugnatura della mano destra, si desume che quella “impugnatura” è una “tecnica guerresca”.
In pratica, l’impugnatura che utilizzano i due guerrieri per mantenere la lancia, consente agli stessi di direzionare l’arma in avanti in maniera naturale e sfruttare, con la massima efficacia, la sinergia di forze tra arti inferiori, tronco ed arti superiori.
Gli assetti articolari si ritrovano perfettamente allineati sul piano sagittale e nel momento dell’impatto con il “nemico”, il contraccolpo si scarica sulle grandi articolazioni, scapolo-omerale e coxofemorale, senza subire traumi.
L’allineamento degli assetti articolari consente, anche, di esprimere, con gli artiinferiori, la massima potenza sulla cuspide della lancia mantenendo il corpo in perfetto equilibrio e di trasportare la lancia per lunghi tragitti in schieramento o in parata militare.
Diversamente, impugnando normalmente a mano chiusa una lancia, e rivolgendo la cuspide in avanti con la parte terminale dell’asta, trattenuta, tra il gomito e le costole, succede che la lancia devia la sua naturale traiettoria e si sposta verso destra.
Se la direzione della lancia viene riallineata volontariamente e mantenuta in avanti sul piano sagittale, gli assetti articolari dell’arto superiore vanno in contrapposizione: l’articolazione del gomito perde l’allineamento sul piano sagittale e tende a spostarsi lateralmente verso destra e l’articolazione del polso si flette medialmente.
Quindi, affondare i colpi sul “nemico”, trasportare la lancia per lunghi tragitti o in schieramento, con questo tipo di impugnatura, determina squilibrio, inefficienza e traumi alle articolazioni.
Questi dismorfismi che possono definirsi “professionali” non diminuiscono le funzionalità, le potenzialità muscolari e neanche l’estetica dei due Miti.
Per concludere c'è da sottolineare, visto anche l'interesse dell'uditorio che ciò che emerso dalla relazione del valido relatore è sta un'interessante lettura sulle due opere alquanto originale che ha offerto nuove prospettive inerenti alle due statue, proponendo, quindi, ulteriori spunti per nuove chiavi di lettura