La storia del giornalismo calabrese è come un lungo viaggio che affonda le sue radici nei fasti dei rapsodi sibaritici che cantarono le imprese guerriere e i viaggi degli achei (I Nostoi: Odissea, Argonautiche).
Nel periodo classico furono i musikoi a descrivere le gesta degli uomini illustri con la cetra e il flauto, come fece Ibico da Rhegion o cronache storiche come quelle di Hyppis da Rhegion.
Il maggior cronista italiota fu lo storico Lico da Reghion che ebbe il merito di riportare le vicende più rilevanti del periodo, mentre il figlio adottivo Licrofone, che svolse la propria attività lavorativa presso la Biblioteca di Alessandria d'Egitto, e grazie al saggio storico “Alexandra” rivisitò la storia dalle origini ai suoi giorni sul modello esiodeo.
In questa fase il giornalismo era fatto di acta diurna, epistolae e novellae, strumenti atti all'informazione relativa ai fatti politici e della vita cittadina dei paesi lontani, una figura accostabile all'attuale corrispondente.
La centralizzazione delle attività culturali sia nella Roma Imperiale che nell'Impero Bizantino delegò ai funzionari regi la trascrizione degli avvenimenti, così Cassiodoro poté varare la prima schola scriptoria occidentale : il Vivarium di Squillace, la prima grande Università occidentale.
Caduto l'Impero Romano d'Occidente, la comunicazione fu trasmessa attraverso la miniatura, piccoli codici in cui vennero conservati i testi di Aristotele e Platone, ma anche pergamene con le conoscenze del mondo del mondo antico.
Verso la fine del V secolo, quando i bizantini rioccuparono il territorio calabrese, alla fine delle guerre con i longobardi, le notizie di questo periodo furono tramandate con autobiografie in greco dette Bios, con Croniche scritte in latino da dotti cavalieri normanni o riprodotte oralmente nelle Ballate come “A Canzuni d'Aspromonte” o negli stornelli e nei Hfiuri in volgare calabrese dei cuntruvaturi che a partire dall'VII secolo cominciarono a girovagare per le contrade della regione.
Nella regione trionfò per la seconda volta l'ellenismo, si tornò a scrivere in greco, che ridiventò la lingua ufficiale delle regione.
Grandi fonti del quotidiano, ricche di informazioni e preziose raccolte di Inni sono due testi del X secolo il Bios di San Nilo scritto da San Bartolomeo di Simeri e il Bios di San Bartolomeo scritto da Luca.
I Bios o Vite dei Santi sono conservati nei codici calabresi che in epoca bizantina erano formati da fascicoli di 4 fogli piegati a metà (quaternioni), con la parte in carne all'esterno contrariamente alla struttura dei codici latini.
Nel monastero di San Giovanni Evangelista a Patmo a Reggio, il monaco Nicola e il figlio spirituale Daniele, massimi esponenti della scuola reggina, scrissero in minuscola antica oblunga caratterizzata caratterizzata da colori vivaci (soprattutto rosso, ma anche giallo e verde) gli scritti di San Gregorio Nanzianzeno conservati in un codicillo (44 x 33 cm) , il “Patmiaco 33” risalente al 941.
L'ecclesiastico Teodoro Siceliota scrisse, per l'arcivescovo Nicola, gli atti e le epistole del “Nuovo Testamento” (Vaticano 1650 del 1037).
Nei secoli X e XI nacquero nella regione scuole speciali, dove si studiarono e si insegnarono testi giuridici bizantini e manuali notarili; furono scritte leggi come il “Protiron Legum”, interamente copiato in Kalabria, che adesso si trova nel codice “Vaticano Greco 845” .
Alla fine dell'XI secolo, la scrittura calabrese era una quadriennale panbizantina, in cui dal corpo di alcune lettere si dipartivano prolungamenti verso l'alto e il basso, le lettere sono legate tra loro con grande libertà, ma nelle singole forme si rintracciano chiaramente influssi della minuscola medievale.
Con il feudalesimo, trapiantato in Calabria dai Normanni appoggiati dalla Chiesa latina per contenere l'avanzata commerciale araba, si scrissero, nuovamente in latino, atti ufficiali, giuridici e notarili e Croniche a imitazione dei
Ritratti svetoniani come il “Liber de regno Siciliae” (1190) di Ugo Falcando.
La prima officina impressoria calabrese fu impiantata alla Giudecca di Reggio (Rivah) dall'ebreo Abraham (1474) e quattro anni dopo ne aprì una anche a Cosenza, un altro ebreo, Ottavio Salomonio di Manfredonia.
A Reggio si stampò per la prima volta sul continente europeo con caratteri ebraici mobili il “Commentarius in Penthateucum di Rabbi Salomone Jarchi bar Isaac” (1475).
A Cosenza, Salomonio operò nel solo 1478 e stampò quattro libri in quarto con una trentina di linee senza segnature, quasi opuscoli di poche decine di pagine, tra cui testi in volgare come il dialogo “L'Immortalità dell'anima” del genovese Giacomo Canfora, “La Sfera” di Gregorio Dati, "Le favole" di Esopo e “Versi in morte di Enrico d'Aragona” di Giovanni Maurello.
Nel Cinquecento nacquero in Calabria come la “Cosentina” a Cosenza, i “Naviganti” e gli “Spensierati” a Rossano e gli “Incostanti Ipponesi” a Monteleone; quasi tutte si dotarono di una stamperia e di propri tipografi sociali, che dopo delibera accademica, ottenevano l'esclusiva di stampare i libri dei soci.
In questo periodo pubblicarono soprattutto fogli volanti, distinti racconti, pamphlet, mercuri, commentari e lettere d'avvisi.
Nel XVI secolo operarono due officine impressorie, una a Reggio, probabilmente di Ercolano Bartoli e una a Cosenza di Antonio Riccio; nel 1590 i sindaci cosentini stipularono un contratto con il veneziano Giovanni Giacomo Ferro e il napoletano Marco Imparato “per stampare e farsi le cartere per hutile et honore de la città”.
Nel Seicento, l'impressore monteleonese a Monteleone, quella di Giovanbattista Russo (attivo anche a Cosenza) e quella di Domenico Iezzo, sei a Cosenza: Andrea Riccio, Francesco Cappa, Ambrogio di Giuseppe, Giovanbattista Mojo e Francesco Rodella, Roberto Mollo, Basilio Lombardi; all'officina del Vescovado di Scigliano, il vescovo di Martirano, Jacopo Palemonio, che vi era esiliato, chiamò gli impressori Mario Barone Romano, Nicolò Sorvillo Captano e Cristiano de Vois di Bruxelles.
A Reggio vennero pubblicati Avvisi pubblici, intesi come notiziari internazionali e nazionali, commerciali e politici: «A 6 novembre 1690 nelli foglietti dell'avvisi pubblici vennero qui a in Reggio si avvisa che il Sepolcro di Nostro Signore è stato restituito alli Padri Reformati di S.Francesco dal Gran Turco ad istanza del Re di Francia con permissione alli detti Padri di insegnare la Fede Cattolica ai figlioletti».
Nel XVIII secolo furono attive la stamperia Milano (1712) a Polistena e Alfonso Lelli a Cosenza, ma subito dopo la pace di Utrecht (1714), le impressorie calabresi entrarono in crisi.
Nella prima metà del secolo, nel Regno di Napoli affidato agli Asburgo, si pubblicò, con regolarità, il primo importante periodico statale La Gazzetta Ufficiale del Regno di Napoli, diretta da Domenico Lanciano, l'abbonamento costava 30 carlini l'anno.
Le scarse notizie, prive di commento, controllate dal Ministro di Polizia, erano più che altro delle brevi sulla vita del Regno, di cui si servì il governo per trasmettere comunicati ufficiali e fare propaganda politica; il giornale in pratica integrò la funzione di banditori regi.
Solo più tardi, la Gazzetta aggiunse una rubrica di “Notizie letterarie” (1749).
Il più autorevole giornalista di tutta la penisola nel triennio rivoluzionario fu considerato Matteo Galdi, che rivendicò il carattere democratico e antitirannico della stampa in nome del diritto pubblico universale.
In precedenza con Vicenzo Pegorari e il marchese Santa Dorotea aveva dato vita, a Salerno, a un giornale letterario, il Magazzino enciclopedico salernitano (1787).
Nei salotti di Monteleone si lesse “La Gazzetta civica” (1795), stampato all'Accademia Florimontana, a cui collaborò anche Vito Capialbi.
Durante la rivoluzione giacobina del 1799, il giornale più autorevole del Regno, fu certamente il “Monitore napoletano”, organo della rivoluzione, diretto da Eleonora Fonseca Pimentel (ne uscirono 35 numeri), stampato a Napoli.
In quei giorni, fu pubblicato sempre nella capitale partenopea, anche un giornale più moderato che si schierò contro l'utopia egualitaria giacobina francese, “Il Veditore Repubblicano” (1799) diretto dal calabrese Gregorio Mattei e dal ragusano Pietro Natale Alethy.
Il foglio introdusse i commenti alle notizie e articoli sull'istruzione popolare e sull'uso del teatro.
Il 13 giugno 1807, l'officina di Monteleone del napoletano Giuseppe Verriente pubblicò il primo foglio ufficiale stampato per il pubblico in Calabria, il “Supplimento al Monitore napolitano” (1807), organo ufficiale del Regno bonapartista, costituito da un foglio a due colonne con i titoli su una sola dove erano i resoconti delle operazioni di guerra francesi contro le truppe borboniche .
Il “Giornale dell’Intendenza della Calabria Ulteriore” debuttò il 12 gennaio del 1808, pubblicato e stampato dall’impressore Giuseppe Verriente a Monteleone, capitale della provincia di Calabria Ultra.
Fu il primo periodico regionale, un foglio ufficiale governativo con una piccola appendice di notizie politiche e letterarie.
Fu utile nella guerra napoleonica contro i Borbone che, a Messina, potevano contare su una stampa amica, filoinglese, ma soprattutto antibonapartista.
Con la seconda restaurazione borbonica Ferdinando riconfermò i provvedimenti sulla stampa, stabiliti nel Regno fino al 1806 dall’amministrazione dei napoleonici.
Dopo i moti liberali del 1820-21 e il varo del primo governo costituzionale napoletano, venne concessa un'ampia libertà di stampa con il decreto del 26 luglio del 1820 che liberò i giornali dalla censura di polizia e li pose sotto il controllo di una Giunta provinciale.
I primi fogli periodici regionali furono i giornali dell’Intendenza pubblicati nelle due capitali calabresi (Monteleone e Cosenza).
Nel 1817 il governo borbonico autorizzò la pubblicazione a Reggio del “Giornale dell’Intendenza di Calabria Ulteriore” e pubblicava gli atti ufficiali dell’Intendenza provinciale ed ebbe una vita editoriale che durò fino al 1857. Sempre a Reggio, in epoche successive, uscirono il “Giornale degli Atti dell’Intendenza della prima Calabria Ulteriore” (1830-1831) stampato da Rispoli e nel 1838 il bollettino di atti amministrativi, il “Giornale della Provincia di Calabria Ultra Prima”, mentre nel 1855 a Catanzaro troviamo il “Giornale dell’Intendenza della Provincia di Calabria Ulteriore Seconda” .
Negli anni trenta anche i liberali calabresi si divisero in due fazioni: moderati (neoguelfi, monarchici e costituzionalisti) e democratici (mazziniani, repubblicani e indipendentisti) che si organizzarono intorno alla figura di Benedetto Musolino, successivamente deputato al parlamento costituzionale napoletano e poi deputato liberaldemocratico del Regno d’Italia.
Sotto la pressione dei giovani reggini, allievi di Domenico De Nava, Betti, il primo marzo 1838, agevolò e autorizzò la pubblicazione di un periodico letterario, il quindicinale “La Fata Morgana” in un momento particolarmente difficile per la Regione stretta tra la morsa del colera e le repressioni dei moti liberali.
Esso fu fondato da alcuni liberali moderati, neoguelfi e costituzionalisti i sacerdoti Paolo Pellicano, Giuseppe Surace e Pietro Paolo Moschella, e tra gli altri ebbe il supporto intellettuale di Domenico Zerbi, Girolamo Arcovito, Diego Logoteta Mari, Antonio Giuffrè, Michele Palestino, Saverio Calarco, Felice Valentino ed i fratelli Antonio e Agostino Plutino, Alessandro Nava, con un passato militante nelle file giacobine ed arrestati per i moti del 1847-48 che determinarono anche la chiusura del giornale.
Altre importanti testimonianze li abbiamo nell'area cosentina con il bisettimanale “Il Calabrese” che esordì il 15 novembre 1842 e fu stampato in fascicoli a 8 pagine in quarto e continuò le pubblicazioni sino al 30 dicembre 1847, quando venne sospeso per motivi politici.
A Scigliano venne pubblicato il quindicinale “Il Pitagora” , esso ebbe un periodo ancora più breve e durò solo l'arco di due anni dal 1845 al 1847.
Altre importanti testimonianze le abbiamo con “La Folgore” del 1848, giornale liberale reggino, “Il Corriere di Calabria” stampato a Napoli, e “L'Albanese d'Italia”, fondato a Napoli da Girolamo De Rada.
Nel 1860 si assiste ad una rifioritura della carta stampata: il reggino “Lo Scandalo”, cosi come “L'Osservatore” ed “Il Gravina” di Castrovillari, il “Monitore Bruzio” a Cosenza .
Durante il periodo liberale (1861-1895) in Calabria ebbe un ruolo determinante l'industria tipografica, anche se vi era l'assenza di industrie editoriali, nonostante la grande presenza di legname per la carta che impedì operazioni atte a grandi tirature.
Nel primo decennio unitario (1861-1870) si pubblicarono sessanta due giornali ed a Monteleone ci fu il boom dei periodici con ben centodieci nell'arco di ottantadue anni (1862-1944).
Nel secondo decennio (1871-1880) si pubblicarono 84 giornali ed a metà degli anni ottanta in una regione come la Calabria che annoverava una popolazione di 1.257.882 abitanti con ben 34 periodici: la media di un periodico ogni 36.966
“L'Eco d'Aspromonte” iniziò la sua avventura nel 1876 composto da articoli di fondo, relativi agli stati d'animo della popolazione, la seconda e la terza pagina con le notizie del circondario, mentre “Il Bruzio” aveva un taglio socioeconomico, vi furono anche giornali umoristici e popolari come il cosentino “La Cometa” (1865) anche se il maggiore dei giornali umoristici a sfondo satirico popolare fu il reggino “Giufà”, i periodici letterari tra cui il reggino “Ibico” e la stampa scientifica e giuridica. come il catanzarese “Calabria scolastica” nel 1893 a Reggio venne stampato “Borsa agricola, industriale e commerciale” .
A metà del secolo anche nella Regione fu la volta dei giornali politici come quelli liberaldemocatici, nell'area cosentina abbiamo “Corriere di Calabria“ ed “Il Martello”, a Catanzaro “Il Calabro”, “L'Avanguardia”, a Reggio “Il Frustino della Giovane Scuola” (1869), il “Caio Verre” (1874), “L'Eco dell'Aspromonte” (1876), “La Provincia” (1877) diretto dal futuro deputato democratico Biagio Camagna.
«Molti giornali dal 1882 - continua nella sua relazione Franco Votano - , fecero aperta professione di trasformismo, la nuova politica nazionale inaugurata dal Depretis che per ottenere il consenso parlamentare si appoggio ora a deputati della Destra ora a quelli della Sinistra. Il mondo politico cosentino fu dominato per tutti gli anni Ottanta dal deputato Luigi Miceli, massone con passato garibaldino, liberaldemocratico, ministro dell'agricoltura, crispino, esponente della Sinistra Storica, volontario alla spedizione d'Aspromonte del 1862. Miceli fondò il primo quotidiano cosentino "L'Avvenire del Popolo", il 10 ottobre 1882, alla vigilia delle elezioni politiche, affidando la gerenza a Salvatore Greco. Interessante, invece, il percorso effettuato dal "Ferruccio" (1878-1908), giornale che si occupò sia di politica nazionale che internazionale ed il 7 gennaio divenne organo del partito liberal monarchico, le sue campagne politiche si identificarono con le battaglie politiche del reggino Biagio Camagna, come in occasione della presentazione della legge sullo stato giuridico degli impiegati e sull'unificazione dei prestiti e dei debiti della Provincia e del Comune di Reggio (gennaio 1900). Dopo che "Il Ferruccio" si allontanò dalle posizioni dell'onorevole Camagna, quest'ultimo organizzo "Il Calopinace"».
Tra i giornali politici possiamo annoverare anche quelli di matrice socialista come “La Vigilia” , “Il Popolo”, stampato a Crotone, il foglio socialista “Primo Maggio”, stampato a Palmi, mentre per quanto riguarda il versante anarchico, di tendenze bakuniane, abbiamo “L'Anarchia”, del reggino Luigi Crucoli.
Nelle sei legislature del periodo giolittiano (1895-1918) si ebbero continue crisi politiche e le polemiche sui giornali divennero ancora più roventi e le campagne d'opinione scaturirono in un giornalismo organizzato e le testate ebbero maggior peso nella vita sociale ed ebbero un incremento nella crescita.
Dal 1890 al 1915 vennero pubblicati 217 giornali di cui 55 nel Cosentino, 52 nel Catanzarese e ben 110 nel Reggino, ma la cosa interessante da rilevare e che i quotidiani di Napoli e Roma giungevano nella regione con due giorni di ritardo, comparvero gli strilloni che animavano le vie cittadine, a Reggio operava Luccio.
Comincia, quindi a muovere i primi passi, la stampa professionale, con le numerose riviste a carattere scientifico che si trovavano in tutta la Regione, oltre che nelle librerie anche nelle prime edicole, così come i quotidiani, tra cui il “Corriere di Calabria”, foglio democratico giolittiano, vicino a Biagio Camagna, che da settimanale venne trasformato in quotidiano della sera e diretto da Orazio Cipriani.
Nacque il 15 settembre 1914 e durò fino al 27 maggio quando il regime fascista lo definì “pericolosamente liberale” e venne soppresso dopo l'uscita del numero del 18-19 agosto 1927: tale azione diede via libera alla stampa di regime che ebbe nella regione alcune testimonianze, come”Il Popolo di Calabria”, “Milizia fascista”, “Popolo di Calabria”, a Monteleone abbiamo il bisettimanale “Il Fascio”.
Risulta importante la data del 10 settembre 1943, infatti la settimana successiva nacque a Reggio il primo quotidiano dell'Italia libera “Calabria libera”, fondato e diretto dal comunista Carlo La Cava, mentre nei primi mesi del 1945 nacquero tre settimanali comunisti tra cui “Ordine proletario” a Cosenza, “Il Lavoratore” a Reggio.
Altra data importante risulta quella del 24 giugno 1944, quando vennero chiusi tutti i quotidiani di partito e venne aperto “Il Tempo”, a imitazione del quotidiano albionico “The Times”: esso si stampò nella tipografia di Giuseppe Attanasio e debuttò il 29 giugno dello stesso anno e si pubblico per due anni fino al 4 luglio 1946 mentre il 2 luglio dello stesso anno Orazio Cipriani riprendeva la vecchia testata soppressa dal regime fascista.
Negli anni '50 i quotidiani italiani scesero da 140 a 120, crisi che si ebbe anche nel 1975, quando scesero a 51.
La Calabria passò dai cinque quotidiani al solo “La Voce di Calabria” e il 15 settembre del 1951 venne fondata a Messina la “Gazzetta del Sud” che ben presto si radicò tra i lettori calabresi, occupando il mercato che prima era a vantaggio dei quotidiani napoletani e romani.
Alla fine degli anni settanta il giornale ritornò ad essere il mezzo privilegiato attraverso cui la politica poteva comunicare e interagire (editoriali, commenti ed interviste) con l'opinione pubblica, come dimostrato durante la rivolta di Reggio , quando i media internazionali Bbc, Cbs) giunsero nella Città dello Stretto nei momenti più cruenti ed il giornale più venduto nella città reggina fu il settimanale romano missino “Il Candido” di Pisanò.
Nello stesso periodo abbiamo “Il Giornale di Calabria” , mentre negli anni ottanta “Oggisud”, con formato tabloid a 32 pagine ed un'impaginazione simile a quella de “Il Giornale di Calabria”, due pagine di cronaca cittadina “per ciascuna delle città capoluogo e due per le rispettive province, una pagina intera per la Locride ed una pagina per la politica regionale.
«Il punto di forza del giornale - dice il relatore - fu certamente lo sport, nel momento del boom della pallavolo femminile con la Mangiatorella Reggio Calabria in serie A1 e la squadra di basket maschile Opel Reggio Calabria promossa nella massima serie. La redazione reggina di “Oggisud” riuscì a coprire giornalisticamente, facendo cronaca sportiva, ben 45 sport contro i 28 della “Gazzetta del Sud”» .
Gli ultimi decenni del vecchio secolo vedono la nascita de “Il Quotidiano” stampato a Cosenza ed “Il Domani” a Catanzaro .
Gli esordi delle comunicazioni via etere risalgono all'11 gennaio 1947, a Reggio, quando il presidente della Rai, Spataro, concesse al giornale Il Corriere di Calabria, al radiotecnico Tornetta e ai fratelli Montesano la licenza per radiotrasmettere in diretta le opere della stagione del teatro comunale “Francesco Cilea”.
La trasmissione fu ascoltata in un raggio di 100 chilometri, da Lamezia a Locri fino alle isole Lipari e a Siracusa.
La Rai trasmise i concerti lirici, radiofonici in diretta dal Comunale reggino anche nelle stagioni 1948-1950.
Intorno agli anni sessanta la Rai iniziò a trasmettere “Il Gazzettino della Calabria”, prima da sedi extraregionali, poi dalla sede di Cosenza.
Le stazioni radiotelevisive locali esordiscono con la tecnologia via cavo a metà degli anni Settanta assumendo il ruolo e le funzioni delle vecchie tribune giornalistiche.
Dovevano rappresentare un'occasione per creare mercati regionali integrati e quindi sviluppare commerci e produzioni locali ma purtroppo i proprietari non erano editori puri.
Le prime emittenti televisive locali via cavo nacquero nel 1976 a Catanzaro con “Rtc (Radio Tele Calabria)” e a Reggio con “Telereggio”.
Nel 1979 esordì il “Tg3 Calabria”, dalla sede di Cosenza, città che deteneva il 70% dell'informazione regionale, contro il 16% di Reggio e il 14% di Catanzaro.
Nel 1980 la regione Calabria aveva 34 stazioni televisive (su un totale di 972, undicesima in campo nazionale) con un rapporto di 58.477 abitanti per ciascuna emittente che la collocavano al settimo posto in Italia.
Il gruppo televisivo più forte fu “Telespazio Calabria” (reti 1 e 2) nacque nel 1978 ad opera di Tony Boemi e divenne la stazione tecnologicamente più avanzata della regione e fu la prima a realizzare con i microponti radio la copertura di tutto il territorio calabrese.
Nel 1980 la regione aveva 34 stazioni televisive (su un totale nazionale di 972, undicesima in campo nazionale) con un rapporto di 58.477 abitanti per ciascuna emittente che la collocavano al settimo posto in Italia.
Altre realtà televisive si possono annoverare con la crotonese “Video Calabria”, la reggina“RTV” e la lametina “VL7” che ebbe un periodo florido negli anni novanta con un palinsesto caratterizzato da news e magazine di approfondimento .