Torna in riva allo Stretto, dopo l'edizione ungherese dello scorso anno, il festival del cortometraggio denominato “HYPERGONAR corto fest”, organizzato dal Circolo Culturale “L'Agorà” e dal Centro studi italo-ungherese “ÁRPÁD”, giunto alla undicesima edizione.
Si diceva in apertura della manifestazione del 2009 che è stata organizzata in terra magiara sia per consolidare ulteriormente il “ponte culturale” tra i due territori, sia per festeggiare il decennale di HYPERGONAR e per celebrare questo importante traguardo il Circolo Culturale L'Agorà ed il Centro studi italo-ungherese “ÁRPÁD”,  hanno presentato tale edizione in Ungheria dove sono stati proiettati lavori esclusivamente italiani facenti parte dell'archivio del sodalizio reggino.
Ritornando alla nuova edizione  che si è svolta presso la Biblioteca Comunale “Pietro De Nava” di Reggio Calabria, c'è da evidenziare che si è assistito alla lettura di “nuovi linguaggi”, come tra l'altro evidenziato nel corso dell'intervento di Gianfranco Cordì, responsabile della sezione cinema del Circolo Culturale “L'Agorà”.
In tale occasione Gianfranco Cordì ha evidenziato ciò che ha espresso Walter Benjamin  nel suo saggio “L'opera d'arte nell'opera della sua riproducibilità tecnica”, pubblicato nel 1936 e dove si discute il tema dell'estetica relative e delle tecniche di riproduzione sia dell'arte fotografica che di quella cinematografica.
A tal proposito l'intervento di Gianfranco Cordì, responsabile della sezione cinema del sodalizio organizzatore, si è basato su tali coordinate di pensiero come i valori dell'originalità e dell'autenticità dell'arte, come tra l'altro riportati nel pensiero benjaminiano come “ciò che viene meno nell’epoca della riproducibilità tecnica è l’AURA dell’opera d’arte” .
Nel pensiero di Walter Benjamin, tale elemento contiene gli aspetti fondamentali di un'opera d'arte che sono stati sopra menzionati e cioè quelli della sua originalità e della relativa autenticità, aspetti determinanti per la sua estetica.
Gianfranco Cordì a proposito dell'autenticità ha ricordato ai presenti quanto disse Walter Benjamin e cioè che essa rappresenta “ la quintessenza di tutto ciò che, fin dall’origine di essa, può venir tramandato, dalla sua durata materiale alla sua virtù di testimonianza storica”.
Da quanto sopra evidenziato nel saggio di Walter Benjamin intitolato “L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica", scritto nel 1936, si evince che per la prima volta si discusse sul problema estetico posto dall'emergere di una nuova forma di produzione artistica: il cinema.
Da questi elementi Gianfranco Cordì prosegue il suo intervento parlando di altre scuole di pensiero come quelle del contemporaneo Gilles Deleuze ne “L'immagine-movimento. Cinema 1” , (Ubulibri, Milano 1984) e “L'immagine-tempo. Cinema 2, ” (Ubulibri, Milano 1989) , dove il filosofo francese  sostiene la tesi secondo la quale, nonostante la grande abbondanza di mediocrità presente nella produzione cinematografica, i grandi autori del cinema possono essere paragonati non soltanto ad altri artisti, quali architetti, pittori o musicisti, ma anche a dei pensatori, che pensano attraverso delle immagini-movimento e delle immagini-tempo al posto dei concetti.
L'esponente culturale transalpino, considerato uno dei massimi rappresentanti della “Nietzsche-renaissance”, - continua nel suo intervento Gianfranco Cordì – ha trattato tali argomenti ricollegandosi alle vedute sul cinema di Henry Bergson, dove esso “attraverso il montaggio arriva a dare un'immagine del tempo che può essere diretta se legata alle immagini-tempo o indiretta se proveniente dalle immagini-movimento e dai loro rapporti”, quindi – continua Gianfranco Cordì - il cinema si presenta come l'esempio tipico del falso movimento: esso, infatti, procede con due dati complementari, delle sezioni istantanee che si chiamano immagini e un movimento, o tempo impersonale, uniforme e astratto, che è nella macchina da presa e con cui si anno "sfilare" le immagini.
A tal proposito Gianfranco Cordì argomentando sul tema immagini-movimento ha informato l'uditorio che tale argomento risulta presente nella letteratura classica ancor prima di quella cinematografica e delle varie teorie intorno ad esso.
Infatti ha citato il paradosso del filosofo presocratico Zenone di Elea (489 a.C. - 430 a.C.) il quale affermò che la realtà è immobile con diversi suoi paradossi, di seguito le reazioni di Aristotele.
Da quel periodo in avanti la letteratura in argomento risulta alquanto ricca e variegata come rilevato da Gianfranco Cordì citando tanti esempi sull'argomento come Gilles Deleuze, Griffith, De Mille, Hawks, Eisenstein, Vertov, Pudovkin e Dovzenco, Godard, Dreyer, inserendo nelle sue argomentazioni sia aspetti cinematografici che filosofici.
E da quanto sopra evidenziato dall'intervento di Gianfranco Cordì si tracciano le coordinate relative
alla discussione del nuovo appuntamento che giunge alla sua undicesima edizione.
È stata quindi una interessante lettura, quella dell'odierno appuntamento, atto a verificare, a capire i
diversi modi di creare, di formulare un prodotto artistico indipendentemente dalla sceneggiatura, dal
formato, dall'anno di produzione, dal periodo storico della sua realizzazione.
Diverse esperienze culturali e di vita, diversi modi di lettura quelli facenti parte degli indirizzi artistici facenti parte del palinsesto in questione che per certi aspetti si ricollega a quanto esposto nell’intervento di Gianfranco Cordì.
Ciò che è stato oggetto di lettura rappresenta la sintesi delle profonde trasformazioni che si sono susseguite in Ungheria nella seconda parte del Novecento ed a tal proposito piace ricordare “Siren” di Andras Novak e dell’amicizia nata per le vie di Budapest tra un soldato dell’Armata Rossa sovietica ed un giovane ragazzo della capitale magiare: siamo nel 1956, un periodo particolare non solo per l’Ungheria.
Ma per meglio significare tale contenitore cronologico si ricordano anche  “Three Women”/ “Les Trois Femmes” di László Elkan, fotografo ungherese nato il 7 agosto del 1910 nella città di Hódmez vásárhely da una famiglia di origini ebrea. Emigrando a Parigi nel 1929, nel 1938 assunse la cittadinanza francese prendendo il nome di Lucien Hervé.
“Three Women”/ “Les Trois Femmes” rappresenta la sintesi delle esperienze e delle attitudini di vita del suo autore : la fotografia, l’architettura, ma anche il suo impegno durante la seconda guerra mondiale, come componente del MOI-FTP.
Altri due esempi che rappresentano le trasformazioni in terra danubiana sono quelle relative a Bèla Vajda con “Moto Perpetuo”  (1981) che raccoglie una serie di fotografie che analizzano attentamente la situazione dei territori dell’Europa centrale sotto l’influenza sovietica.
Tale cartoon riflette quelle stesse situazioni già presenti in un altro lavoro ungherese del 1964, tale ”Gustavus (Gusztáv)” di  Dargay-Nepp-Jankovics.
Naturalmente l'impronta della Pannónia Filmstúdió (fondato nel 1951 da Gyula Macskássy) è evidente nello stile, nella forma e nei contenuti di tali lavori.
Non da meno è il prodotto realizzato nel 1965 da Vadász János“ Nyitány “  un lavoro sperimentale che ha ricevuto un’alta menzione al festival di Cannes con la consegna della “Palma d’oro”. “ Nyitány “ è un documentario dove viene narrata la nascita di un pulcino.
Da ricordare anche “Vége“ dell’animatore budapestino Jankovics Marcell, il quale nel lavoro in questione lancia il suo messaggio verso l’arte che rimane sempre giovane ed eterna, mentre per i comuni mortali il tempo scorre.
Ritornando all’attività dello stesso autore piace ricordare che ha ricevuto nel 1974 una prestigiosa menzione internazionale con un cortometraggio di animazione “Sisifo” e nel 1977 a Cannes la Palma d’Oro con “The Struggle” .
I lavori sopra menzionati rappresentano quindi la prima parte di uno spaccato di quell’Ungheria sotto l’influenza sovietica e soggetta ad una forte censura.
La caduta del muro di Berlino svincola tale arte narrativa dai controlli  di regime e slega così anche quel metodo narrativo che risultava quindi incatenato ad argomentazioni il cinema ha potuto essere concepito in modo diverso, liberandosi da una censura spesso forte ed oppressiva.
Dalle conseguenze sociali, culturali, politiche del 1989 anche l'industria cinematografica ungherese ha smesso di essere legata a quelle tematiche che in precedenza alla caduta del muro di Berlino venivano imposte ed ordinate dai vertici politici.
Tali “conseguenze” sono presenti nelle direttive creative degli altri lavori come si può evincere dalla lettura di “Forgolódás” di Szombath Máté, dalla sperimentazione visiva di Dóczi Dániel  con “Szimbiózis “ .
Il palinsesto dell’undicesima edizone si completa con il lavoro del 2002 di Péter Mészáros “ After Rain “ (2002) che ha partecipato al Festival di Rotterdam, aggiudicandosi nell’anno successivo la Palma d’oro a Cannes.
Altro lavoro quello di animazione “Beteg” di Vincze Dávid che rappresenta un altro valido esempio della scuola ungherese del cortometraggio.
Piacevole l’ultima lettura della giornata quella dello spagnolo Enrique Gato con “Tadeo Jones” un intreccio di esperienze che vanno dalle produzioni di animazioni 3D ai vari progetti informatici, campi questi ben conosciuti dal regista iberico.
In buona sostanza i contenuti della manifestazione organizzata dal sodalizio reggino rappresentano una lettura delle immagini che rievocano ricordi, dove l’esteriorità corrente, nello specifico il racconto va ad intrecciarsi con un’immagine non reale, cioè la memoria.
Tutto questo crea un percorso che ruota lungo l’asse che ha nei suoi punti limiti degli aspetti relativi ai temi del presente e quelli del passato che si alternano a volte anche velocemente come ad esempio nel lavoro di “Siren” di  Andras Novak.
Questo percorso indirizzato all’attualizzazione della memoria si intreccia con quello del flash-back, creando a volte anche dei déjà-vu, elementi quindi che si intrecciano con i loro contenuti, con i loro messaggi con altri indirizzi che vanno dalla psicologia, alla narrazione letteraria, a quella filosofica, temi questi affrontanti nel corso della giornata da Gianfranco Cordì durante il suo intervento.
In conclusione l’appuntamento organizzato dal Circolo Culturale “L'Agorà” e dal Centro studi italo-ungherese  “ÁRPÁD”, giunge alla sua undicesima edizione attraverso un percorso non facile ma caratterizzato dalla tenacia degli organizzatori cui si deve dare atto di quanto realizzato fino al momento anche in tale aspetto culturale.

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PROGRAMMA
UNDICESIMA EDIZIONE
TITOLO
REGISTA
Siren
Novak Andras
Vége
Three Women
Szimbiózis
Nyitány
After Rain
Moto Perpetuo
Forgolódás
Beteg
Tadeo Jones
Jankovics Marcell
Hervé Lucien
Dóczi Dániel
Vadász János
Mészáros Péter
Vajda Bèla
Szombath Máté
Vincze Dávid
Enrique Gato