Nuova edizione del festival del cortometraggio denominato “HYPERGONAR corto fest”, che per l'occasione si è svolto nella location del Pub “Art Cafè” di Reggio Calabria .
Altra location, rispetto a quelle dei precedenti incontri, quindi altro luogo di incontro-confronto.
Ha preso la parola Gianfranco Cordì il quale ha spiegato che per Gilles Delezue, filosofo che negli anni Ottanta ha dedicato due interi volumi al cinema, gli autori cinematografici sono dei veri e propri pensatori.
Essi infatti pensano per immagini, e non per concetti.
E non utilizzano semplicemente le immagini come i poeti e i pittori.
Ma attraverso le immagini realizzano un discorso che li avvicina ai filosofi.
Ora, ha aggiunto Cordì: Henri Bergson ha spiegato che il movimento non si confonde con lo spaio percorso.
Infatti il movimento è l’atto stesso del percorrere.
E’ un atto che si fa in se stesso.
Mentre lo spazio, se è stato percorso, rimane qualcosa che chi si è lasciati alle spalle.
Il cinema, a questo punto, procede con due dati complementari:le immagini (sezioni istantanee) ed il movimento (o tempo) che si trova “nella” macchina da presa e che è sempre astratto e uniforme.
Il cinema a questo punto risulta essere il tipico esempio del falso-movimento.
Un falso-movimento che risulta dalla connessione (e sconnessione) tra un immagine ed il tempo.
Tra qualcosa che in sequenza (e ne scorrono da 18 a 24 di immagini in un singolo fotogramma) si presenta immediatamente successiva alla precedente e precedente rispetto alla successiva, e qualcosa che rimane fisso, stabile, uniforme (il tempo della cinepresa).
Alla fine si ha così uno scarto ed in questo scarto si configura il prodotto cinematografico.
Che ovviamente non è solo frutto della ripresa delle immagini ma anche del montaggio.
Per cui il cinema risulta un falso-movimento composto da uno scarto nel quale si inserisce una immagine media (all’istante qualsiasi).
In questa immagine media non c’è bisogno di aggiungere il movimento.
Il movimento, anzi, è dentro all’immagine stessa.
La somma di tutti i fotogrammi da quindi una sorta di immagine complessiva (e media) che contiene inscatolato il movimento.
E che nello stesso tempo questo movimento adesso è nella macchina da presa ma è anche nella stessa immagine.
Ed è nell’occhio dello spettatore.
Si realizza così una visione nella quale attraverso delle immagini, il tempo risulta fluire (come volevano i paradossi di Zenone) in singoli fotogrammi ma anche del tutto autonomamente e di per se (come vorrebbe Eraclito).
Dall’incontro tra Zenone ed Eraclito in qualche modo nasce il cinema.
Si è passati quindi alla presentazione della vera e propria rassegna di questa edizione di “Hypergonar”.
La composizione della rassegna ha previsto due eventi speciali (rispettivamente ad apertura e chiusura di rassegna) ed un totale di 10 corti in programma.
Ad aprire l’edizione di quest’anno sono state alcune immagini tratte dal visionario e filosofico lavoro di Pierpaolo Moio e Mauro John Capece, “Alieno. L’uomo del futuro”, presente in vari festival in tutto il mondo e molto apprezzato dagli spettatori e dalla critica.
Si sono viste scorrere delle immagini disegnate, che aprono il film, e delle immagini di vita quotidiana raccontate in prima persona dalla voce del protagonista.
Il primo dei due blocchi di corti è stato aperto con la discussione e relativo commento sul lavoro di Ettore Scola, “’43-‘97”.
Si è trattato di un corto che in chiave di rivisitazione storica (all’inizio) ha ripercorso i tragici avvenimenti del periodo del fascismo e de nazismo per arrivare ai giorni nostri attraverso le immagini pià rilevanti della storia del cinema italiano.
Una sorta di misto tra “La vita è bella “ e “Inglorius bastards” ha fatto si che lo spettatore si trovasse scaraventato in un circolo temporale dentro al quale il cinema si manifesta come chiava di volta attraverso la quale passa la storia, ritornano le cose, si aprono i problemi, si sperimentano le soluzioni.
E’ stata poi la volta di “I disegni di Fellini animati da Tonino Guerra” anche questo grande omaggio alla storia del cinema esemplato in uno dei registi di maggiore prestigio internazionale e “visto” dal punto di vista del suo sceneggiatore, Tonino Guerra appunto.
Sono passati, sotto i colpi della matita di Fellini, Casanova, il Rex, Giulietta Masina, le giunoniche tabaccaie di “Amarcord” e le tante navi che sono partire con elefanti a bordo.
Rio Stone, invece, è stato il regista che, con “Il figlio del quadro”, ha portato in scena la pittura e più in generale l’arte vista nelle sue evoluzioni et trasformazioni.
Un opera altamente visiva e piena di rimandi e citazioni che ha condotto gli spettatori in sala ad una fruizione del cinema inteso come arte e non come semplice strumento di comunicazione.
“Il lungo addio” di Claudio Di Biagio e Matteo Bruno è invece un noir metropolitano che fin da subito, dal titolo, riecheggia Chandler e i miti americani del giallo forte e robusto.
Ha chiuso il primo blocco “Il malacarne” di Antonio Colantuono nel quale, con un colpo di genio cinematografico, a morire è lo stesso regista del corto.
E’ intervenuto quindi di nuovo Gianfranco Cordì per presentare il secondo blocco di corti in programma.
Si è partiti da “Beauty pain”di Pierpaolo Moio, opera ambiziosa sulla cura di se e del corpo intesa come estetica dei nostri giorni.
L’impegno civile di Stefano Angelillo è stato invece la cifra caratteristica di “Taranto R.I.P.”, storia i operai e di fabbrica ma anche e sopratutto del devastante impatto ambientale dell'Ilva nei confronti del territorio e della popolazione.
L’amore contrastato ma anche appagato ha fatto invece il suo ingresso con il riuscito corto “Il primo appuntamento” di Francesco Pagano girato in bianco e nero.
Pagano ha inteso soprattutto raccontare una storia e fare un omaggio al cinema che torna a raccontare le storie.
Il quarto corto del secondo blocco è stato “E spingi il furgone della psichedelia” di Matteo Codignola che attraverso un serrato gioco di immagini e di musica ha portato gli spettatori nelle atmosfere “stupefacenti” dei Pink Floyd.
Ha chiuso il secondo blocco “Perchè mi saluti” di Matteo Gamboni: una storia dei nostri giorni che si apre con il mondo di face book per ricordarci che la quotidianità può essere anche fatta di tecnologia ma nel contempo di ironia.
Gianfranco Cordì, infine, ha ufficialmente chiuso “Hypergonar” per quest’anno con “L’etoile de Mer”, film del 1928 realizzato attraverso una messa in scena di Man Ray.
Le immagini sgranate, che all’inizio ricordano i quadri di Renoir, hanno portato gli spettatori verso l’inizio di una storia, quella cinematografica, il cui impulso vitale e la cui grande prospettiva ancora oggi continua ad affascinarci.