AA.VV. “Nanni Moretti”, Edizioni Scientifiche Italiane, 1986:
F. DE BERNARDINIS, “Nanni Moreti”, La Nuova Italia, 1987;
P.UGO , A.FLORIS.( a cura di), Facciamoci del male. Il cinema di Nanni Moretti, CUEC, 1990
G.RANUCCI,S.UGHI (a cura di) Nanni Moretti, Dino Audino, 1993;
AA. VV. “ Nanni Moretti”, Paravia/Scriptorium, 1999
Gianfranco Cordì, responsabile della sezione cinema del sodalizio organizzatore, nella sua relazione ha messo in evidenza i seguenti punti.
Il dottor Sigmund Freud, ha detto Cordì, scriveva nel 1920, all'inizio del suo viaggio “Al di là del principio del piacere”, di un bimbetto che amava giocare con un rocchetto di filo in modo certamente bizzarro.
Il piccolo provava soddisfazione nel lanciare l'oggetto, facendo seguire una singolare emissione vocalica, “o-o-o”, per riavvolgere giulivo il filo disteso e riavvicinarlo a se stesso al suono di un perentorio “da” . Freud individuava nel rocchetto che sparisce dalla vista del piccolo l'esperienza dell'abbandono materno, che trovava così imprevedibile risarcimento nell'atto di riavvolgere il filo: il bambino, attraverso questa inedita messa in scena, poneva riparo alla sparizione della madre, provocando la sua immediata ricomparsa.
Il bambino ricorre, evidentemente, a un elementare attività di simulazione per alleviare una possibile sofferenza.
La recita è completata da due battute: quello “o-o-o” , che Freud decodifica nella parola tedesca “fort” (cioè via), e il successivo da che significa qua: ossia, la fuga e il ritorno materni non più subiti passivamente, ma, grazie alla simulazione, felicemente padroneggiati e quindi disinnescati .
Al di là della rappresentazione dell'universo familiare, sempre esplosivo e contraddittorio, la poetica di Nanni Moretti ruota spesso attorno all'esigenza, avvertita violentemente da alcuni personaggi dei suoi film, di trovare una risposta concreta a una realtà circostante che conduce alla paralisi dei rapporti umani.
Per rispondere a una mancanza, a un bisogno, alla paura, tali personaggi ricorrono volentieri ad attività di simulazione, piccole messe in scena, rudimentali fort/da nei quali cercano conforto.
Così il figlioletto di Michele in “Io sono un Autarchico”, che, giocando con un teatrino di burattini, “doppia” il patetico tentativo degli adulti impegnati a comunicare con il corpo sociale attraverso lo spettacolino in un piccolo teatro alternativo.
Oppure Olga, la ragazza schizofrenica di “Ecce Bombo”, davanti alla quale non a caso finisce il protagonista Michele, che ha per una volta rinunciato all'ennesima serata inutile con gli amici trovando nello sguardo della ragazza lo specchio stesso della sua sofferenza.
Anche il regista Apicella di “Sogni d'oro”, che rimuove continuamente la realizzazione di una scena, all'interno di un suo film sulla figura di Freud, concentrata proprio sull'episodio del fort/da . O il bizzarro archivio del professor Michele Apicella, in “Bianca”, grottesca simulazione di una specie di malsana banca dati, serbatoio di immagini di amici e amiche che dovrebbe risarcire il personaggio della sia terribile incapacità a comunicare .
Infine la cerimonia cattolica della messa, in “La messa è finita”, emblema di un rito continuamente inseguito da don Giulio durante il film, come occasione di recupero delle radici di ogni messa in scena possibile, alla sorgente di ogni attività simbolica, verso il primario bisogno dell'uomo di dare una risposta all'ostilità dell'ambiente in cui egli vive.
Oltre a tutto ciò, il fort/da è anche una sorta di grado zero dell'autarchia, la sua messa in evidenza più elementare ed anche efficace, il trionfo dell'onnipotenza del bimbo che può, senza l'aiuto di nessuno, raggiungere i suoi traguardi .
È una figura, dunque, del cinema morettiano, ma anche sul cinema morettiano, che coglie con perfetto scelta di tempo, da goleador pallanuotista come è il suo attore, l'attimo in cui proporsi ed affermarsi al cospetto della macchina cinema.
Una macchina cinema ormai incapace di offrire coordinate pienamente riconoscibili nell'epoca in cui c'è più cinema negli spot televisivi, nei videoclip, nelle produzioni dei film-makers, che in tante pellicole “ufficiali”.