Continua l'iter culturale relativo alle giornate di studio relative al decennio francese, organizzate dal sodalizio reggino presieduto da Gianni Aiello, che in questa nuova edizione ha visto come tematica "Il  decennio anche nella documentazione archivistica".
 I lavori di introduzione sono stati curati da Orlando Sorgonà che ha illustrato le tappe fondamentali relative alle  giornate di studio organizzate fino al momento dal Circolo Culturale L’Agorà, tra cui quella relativa alla quarta edizione che ha visto la presenza dei discenti diretti del Re di Napoli  .  
Il tema di questa nuova edizione è stato quello relativo a ”Il decennio anche nella documentazione archivistica”, atto ad una rilettura degli avvenimenti storici attraverso la situazione documentaria, relativa al periodo storico trattato.
All’incontro doveva essere presente la direttrice dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria Lia Domenica Baldissarro per trattare il tema relativo a “Le riforme istituzionali durante il decennio francese attraverso i documenti d’archivio”, ma per motivi di salute,   ha dovuto disertare, suo malgrado, l’incontro.
Il docente  Giuseppe Caridi , dell’Ateneo messinese ha tracciato una panoramica relativa a “La Calabria ed il decennio francese“ , rilevando l’influenza del metodo napoleonico sul territorio calabrese, rimarcando che l’imponente opera amministrativa in questione è stata un’espressione di pensiero  molto importante nella storia del meridione, caratterizzata da una corposa opera legislativa, da un nuovo sistema amministrativo, finanziario e scolastico, e che nel tempo andrà ad incidere positivamente sulla collettività.
Le tematiche trattate dal docente universitario hanno delineato alcuni aspetti dell’enorme mole produttrice della macchina amministrativa francese, quali quelli relativi agli atti amministrativi e legislativi, finanziari e scolastici, strumenti utili a comprendere le  influenze dell’evoluzione della società  calabrese.  
La povertà strutturale del vetusto regime borbonico era ben evidente sin dall’entrata in  Napoli  del 24 gennaio 1799, dell’esercito napoleonico guidato dallo Championnet, dove emerse l’inadeguatezza del  sistema amministrativo, giungendo, quindi, ad una serie di decreti e corpose riforme, dopo la seconda “fuoriuscita” di Ferdinando in Sicilia. 
Il periodo, comunemente indicato come “decennio francese”, ha inizio con l’entrata in Napoli ad opera di Giuseppe Bonaparte avvenuta il 14 gennaio 1806, nominato re nel febbraio successivo e rimasto ivi fino al 15 luglio 1808, quando nominato re di Spagna, fu sostituito da  Gioacchino Murat, che rimase a governare il  Regno fino al marzo 1815. 
Rafforzando l’impalcatura del campo  istituzionale, si era iniziato nel periodo  giacobino, l’azione amministrativa si configura nella formazione di una burocrazia moderna, che si sviluppa in organi centrali e in uffici periferici modificandone profondamente la struttura, se esistente, o costruendola ex-novo.
Infatti, con Giuseppe Bonaparte si attua una serie di riforme sostanziali nel campo politico, economico, amministrativo, finanziario, sociale e religioso, la creazione di nuovi organi con poteri distinti e definiti.
E’ con Giuseppe che avviene la trasformazione delle Segreterie già esistenti in Ministeri e la  creazione di nuovi, tra cui il Ministero dell’Interno che accoglierà nella sua ampia organicità le mansioni più ampie della vita sociale del paese.  
Gli organi centrali che testimoniano l’inizio dell’attività legislativa dei primi mesi dell’amministrazione di Giuseppe Bonaparte sono:
il Consiglio di Stato, creato con decreto 15 maggio 1806, con compiti di materia tributaria e successivamente con decreto 5 luglio 1806 viene diviso in quattro sezioni: legislazione (giustizia e culto), finanza, interno e polizia, guerra e marina. 
Gioacchino Murat completerà, specie nel campo  politico amministrativo, le iniziative del suo  predecessore, che sono attestate anzitutto dalla legislazione relativa e dalle numerose regolamentazioni prodotte per la disciplina e per l’esecuzione delle norme generali.
Alle modifiche inerenti la struttura centrale dello Stato si affianca un provvedimento di vasta risonanza sociale ed amministrativa: l’istituzione dello Stato Civile. 
È bene ricordare che precedentemente al 1808 vigeva la regolamentazione ecclesiastica che precisava nella XXIV sessione del Concilio di Trento l’obbligo ai parroci di tenere registri separati per i battesimi e per i matrimoni.
Successive costituzioni pontificie avevano elevato poi a cinque i registri da tenersi dai  parroci: per i battezzati,  i confermati, i matrimoni, i defunti e lo stato della anime.
Gioacchino Murat il 29 ottobre 1808, ordinò che nei tribunali del Regno avesse forza di  legge, l’articolo 2 del Libro I del Codice Napoletano, che istituiva lo Stato Civile e limitava ai parroci la tenuta dei registri, solo a fini della certificazione dell’amministrazione dei sacramenti, stabiliva annualmente i registri dei nati, dei matrimoni e dei morti, completati da Atti diversi e Documenti di matrimoni.
Con il decreto datato 8 agosto 1806 vi fu l’ordinamento dell’amministrazione civile del  Regno di Napoli corrispondente agli istituti francesi mentre con il decreto dell’8 dicembre 1806  si definiva la divisione delle province in distretti e governi: il territorio del Regno venne diviso in 13 province, mentre la Calabria  in Citra (Cosenza) ed Ultra (Monteleone).
 Ogni provincia venne divisa in distretti e i distretti in università.
Il Presidente del sodalizio organizzatore, Gianni Aiello , prima di trattare il tema “Il decennio  attraverso documenti inediti“ , ha voluto dare spazio ad alcuni illustri ospiti, presenti alla manifestazione, come il Presidente dell’Unione della Nobiltà Napoleonica, avvocato Raffaello Cecchetti di Brugnolo, l’ingegnere Carlo Castellani, bisnipote di Carlo Castellani, avvocato della Gran Corte Criminale che lavorò con Gioacchino Murat, in qualità di giudice ed anche al dott. Giuseppe Cernelli, Presidente del  Centro Studi Murattiani di Palinuro.  
Tornando alla relazione di Gianni Aiello, bisogna dire che se per le aree geografiche del  Centro-settentrionale della penisola assumono i connotati  della quasi  consonanza, per la parte Meridionale si  rende quanto mai difficile un’esposizione organica, per cui è necessario porre in luce la carenza della stessa documentazione prima del 1943, che fu ulteriormente limitata dalle distruzioni avvenute nelle preziose carte del periodo, in particolare per il Regno di Murat, ridotte ore a  pochi gruppi nelle fonti originarie, ma passibili di ampie integrazioni con fonti sussidiarie, tenendo conto sempre come base tutta la pubblicistica dell’epoca.
Se tale mancanza è dovuta agli aspetti bellici dell’ultimo conflitto mondiale, come il bombardamento di Napoli che arrecò gravi danni anche al suo Archivio, per quelli relativi alle restante aree geografiche  vi è una mancanza documentaristica.
Dopo la battaglia di Mileto (28 maggio 1807) venne stilato il “Volume relativo al notamento delle pene civili e criminali, ed altro  dall’anno 1804 al 1808”, ciò al fine di ovviare la “vuoto” degli incartamenti inerenti alle pene fiscali e criminali dal 1802 al 1808, come si evince dalle numerose sollecitazioni epistolari del Procuratore generale del Re presso la Regal Corte dei  Conti (come quella indirizzata al  Procuratore generale presso la Corte di Appello delle due Calabrie a Catanzaro, dove era ubicato  l’Archivio.  
Da questo si deduce che sussisteva una mancanza di documentazione (sia all’Archivio di Stato di Reggio Calabria sia in quello di Catanzaro) per i carteggi penali della Corte Criminale della provincia di Monteleone (mancanza protrattasi tutt’ora); sussistono quelli di Cosenza, riferiti solo alla Calabria Citeriore; ma non si è potuto ovviare alla suddetta mancanza, in quanto nell’archivio della Regia Udienza non si sono trovati tutti i registri relativi alle citate pene criminali, ma soltanto quelli del 1804.
Dallo smarrimento dei documenti relativi all’operato della Corte Criminale si è a conoscenza sin dal 1810; uguale è la situazione della Commissione militare per la provincia di Monteleone, mentre risultano in perfetto stato quelle relative alla provincia Citeriore.
Tali discrepanze nella documentazione sopra in oggetto  possono ipoteticamente essere l’effetto di qualche saccheggio dei briganti volto a distruggere i carteggi penali (come avvenne nell’Archivio del Tribunale di Cosenza il 28.11.1806) o di qualche “manomissione” da parte  di qualche personaggio avente influenze nei quartieri alti del potere (come potrebbe essere stato il sindaco Bruno Varano di Monteleone che operava con “spirito”  brigantesco ed era accusato di complicità e rapporti di parentela  con i briganti)  « … essendo i di lui parenti briganti conosciuti, ed un di lui fratello  trovandosi in Sicilia fra le bande dei briganti, in qualità di capo … » come riportato nella lettera dell’Intendente di Cosenza, datata  26.11.1806, al Ministro dell’Interno del periodo.
Il giovane ricercatore reggino attraverso un’interessante carrellata di documenti ha messo alla luce alcuni aspetti poco conosciuti del  periodo, come la presenza nella città dello Stretto di personaggi illustri ed un famoso  pranzo al quale venne invitato il Sindaco di allora, Francesco Antonio Cimino, di Reggio da Giuseppe Bonaparte.
Il giovane ricercatore reggino ha trattato nel corso della sua relazione anche il bando della  Commissione militare, con il quale, dopo un   processo sommario, venne giudicato Gioacchino Murat, della Commissione faceva parte il barone  Raffaele Scalfaro, cavaliere dell'ordine reale delle due Sicilie e capo -legione di Calabria Ultra, quindi antenato di quel Oscar Luigi Scalfaro ex Presidente della Repubblica Italiana.  (1)
Il professore Mario Spizzirri, dell’Università degli Studi della Calabria e tra gli altri socio del Centro nazionale di Studi Napoleonici e di  Storia dell’Elba, ha trattato  il tema relativo  a “Il Regno di Murat e nobiltà napoleonica: il  maresciallo dell’Impero Nicola Charles Oudinot, duca di Reggio (1810-1815)” , ed una  testimonianza importante su questo valoroso maresciallo, quello che tra gli uomini di  Napoleone riportò più ferite in assoluto, è  giunta direttamente da Lyon tramite la missiva, indirizzata al sodalizio reggino ed al suo  Presidente ed al professore Mario Spizzirri, di un discente del nobile, Bruno di Quinsonas –  Oudinot di Reggio, purtroppo impossibilitato a  presenziare l’incontro, ma a conoscenza della  manifestazione dedicata al suo valoroso avo.   
Oudinot, duca di Reggio Calabria, venne nominato il 14 aprile 1810, fu tra i marescialli  di Napoleone quello che riportò più ferite, il  che non gli impedì di giungere, decano fra  tutti, alla venerabile età di ottantun anni. 
Figlio di un birraio, Nicolas-Chales Oudinot  nacque il 25 aprile 1767 in un quartiere popolare di Bar-le-Duc, ai confini fra la  Champagne e la Lorena. (2)
A diciassette anni, non essendo incline agli affari, fuggì da casa arruolandosi nel  reggimento di fanteria del Mèdoc. 
Nominato capitano di una compagnia di volontari di Bar-le-Duc, viene promosso successivamente  «capo legione». Partecipò, distinguendosi nelle tragiche vicende belliche che videro la Francia contro le prime coalizioni che si svolsero tra la Mosella ed il Reno, nelle piane dell’Alsazia  e nei Vosgi.
Durante l’inseguimento degli Austriaci a Bitch, il 20 settembre 1793, fu ferito per la prima volta, da una sciabolata al capo. Fu promosso due settimane più tardi al  comando della 4ª demi-brigade, formata dalle  truppe del famoso reggimento di Piccardia.
Passato il periodo dei fasti del luglio 1783, Oudinot nell’aprile del 1799 diventa generale di  divisione. Partecipa all’assedio di Genova ed il  29 agosto 1805 assume il comando della 1^  divisione (granatieri riuniti) del 5° corpo. 
Risulta vittorioso a Wertingen,  Ostrolelka,Vilkomir, tanto per citare qualche nome. 
Il 17 maggio 1839 è nominato Gran Cancelliere della Legion d’onore mentre il 21 ottobre del 1842 diventa governatore di Les Invalides, dove muore il 17 settembre 1847.
Il segretario del Circolo Culturale L’Agorà   Natale Bova, ha trattato il tema relativo a “Il decennio francese attraverso la documentazione dell’Archivio della Diocesi di Reggio Calabria“ ,  e quindi sul rapporto esistente allora tra il clero e i rappresentanti dell’Impero e le differenze di trattamento riservate dagli uomini di chiesa al regno dei Borboni e a quello napoleonico.
L’incontro si è snodato, quindi, attraverso l’analisi di variegati documenti, facenti parte di un periodo storico grazie al quale, l’Europa uscì dalle sacche del feudalesimo, ed il   territorio calabrese ed i suoi abitanti non  vennero più definiti i selvaggi d’Europa.

ShinyStat
11 ottobre 2001

(1) Archivio di Stato di Reggio Calabria;
(2) ritratto di Nicolas-Chales Oudinot, su gentile concessione di Bruno de  Quinsonas-Oudinot de Reggio.