Quinta edizione del convegno che ha visto nello scorso incontro la presenza dei discendenti diretti dello sfortunato Re di Napoli Joachim e la figlia Elise Murat e due ministri della Real Casa.
Questo nuovo appuntamento dopo l'introduzione del segretario del sodalizio Natale Bova è stata aperta da Bruno Polimeni, assiduo studioso della storia calabrese e attivo collaboratore di varie riviste scientifiche.
Lo studioso reggino ha argomentato su "L'esercito meridionale nel Regno delle due Sicilie" descrivendone gli armamenti trattando anche le vicende storiche delle guardie d'onore borboniche di istanza sulle rive della città dello Stretto, delineando, quindi, un interessante spaccato di storia locale .
Ne è stata descritta la storia dell'esercito borbonico dal 1734 al 1861, momento della sua scomparsa, che coincise con la fine dell'amministrazione borbonica de gli armamenti e tratterà anche delle guardie d'onore borboniche di istanza sulle rive della città dello Stretto.
Nella storia delle forze armate del Regno delle Due Sicilie possiamo individuare quattro cicli e cioè quelli relativi alla formazione durante la reggenza di Carlo III, quello relativo alle vicende della rivoluzione francese e dell'epopea napoleonica, quello di Ferdinando II, l'ultimo identificato con l'impresa garibaldina.
Durante il decennio francese Murat aveva compreso l'importanza di dare uno sbocco alle aspirazioni delle famiglie aristocratiche con l'istituzione del Corpo delle Guardie d'Onore, sulla esperienza delle "guarde d'honner" organizzate in Francia nel biennio 1805-1806.
L'esercito murattiano prese forma dopo la seconda invasione francese contando nel 1810 ventimila francesi e ben settemila giovani tra i sedici ed i venticinque anni di età che parteciparono a ben cinque campagne quali quelle di Spagna, Tirolo, Germania, Russia e a quelle dell'Italia tra il 1814 ed il 1815 .
Nel territorio napoletano potevano fanne parte i giovani tra i diciotto e i trent'anni, reputati idonei da una commissione incaricata di redigere una lista per ciascuna provincia , anche se dopo la caduta di Gioacchino Murat, tale istituzione non venne mantenuta dal rientrante sovrano borbonico .
Gianni Aiello, attraverso la proiezione di alcuni documenti inediti del periodo e di notevole spessore, ha trattato il tema relativo a "Il decennio attraverso documenti inediti" portando all'attenzione il modo in cui venivano annotati spostamenti di truppe, conflitti a fuoco, rifornimento di viveri e vettovaglie destinate ai militari, parlando poi di alcuni scontri memorabili,avvenuti nelle acque dell'area dello Stretto, come quelli relativo al primo tentativo di sbarco in Sicilia: due corpi di truppe francesi e napoletane dovevano essere imbarcati con novemila uomini al seguito del maresciallo Iourdan ed il generale Saligny nel golfo di Baia , e l'altro di pari numero sotto Reynier su scialuppe cannoniere, brigantini ed altre barche tra Reggio e Scilla, con lo scopo di farli sbarcare tra Messina e la punta del Faro, rendersi padroni di quel punto importante, fortificarvisi e tenere aperta la comunicazione con la Calabria per il passaggio di altre truppe utili alla conquista della Sicilia. il tutto sarebbe stato supportato da dieci vascelli di fila, due fregate, due corvette e due brigantini.
La flotta fu sorpresa da una bufera e per tale motivo dovette approdare a Taranto e parte a Corfù, ove non poté che raccogliersi il 10 marzo.
Intanto si seppe che gli inglesi avevano messo fuori dai porti dell'isola una flotta di diciassette vele, e Napoleone, ricordando il disastro di Trafalgar, ordinò il ritiro dell'altra flotta per Tolone, rinviando l'invasione relativa alla terra di Trinacria .
Il terribile scontro navale avvenuto nelle acque di Bagnara il 29 giugno 1810 e durò dalle nove del mattino fino alle ventitre della stessa sera .
Durante la battaglia entrarono in funzione i fortini con le artiglierie che, per le loro posizioni, recarono molti danni alle imbarcazioni inglesi mentre queste cannoneggiavano la città.
Del secondo tentativo relativo all'invasione della Sicilia avvenuto il 17 settembre 1810, nel quale lo sbarco di truppe comandate dal Colonnello D'Ambrosio avvenuto sulla costa tra la Scaletta e la fiumara di S.Stefano ad opera di quindici barche a remi e a vela sbarcarono presso la foce della fiumara di S.Stefano sorprendendo 40 inglesi.
Il maresciallo Zenardi prese posizione sul colle prossimo al Lido.
A tal riguardo la storiografia locale riporta che "senza chiedere altre spiegazioni a Grenier la mattina del 17 Gioacchino dava ordine al generale Cavaignac d'imbarcarsi alle dieci ore della sera colla sua divisione.
Le istruzioni dategli determinavano il punto dello sbarco sulla costa tra la Scaletta e la fiumara di S. Stefano. Si avvertiva che nella stessa ora il nerbo dell'esercito accorrerebbe al movimento e lo renderebbe generale, imbarcandosi a Pezzo ed a Scilla per prender terra su diversi punti della linea nemica dalla Torre del Faro a Messina.
Il generale Cavaignac doveva regolare il suo tragitto coi segnali di alcuni razzi che si solleverebbero dal campo di Piale. Il primo indicherebbe il momento dell'imbarco delle milizie, due altri la partenza dei convogli da due punti della linea, altri infine dovevano segnalare l'assalto simultaneo di tutti i posti fortificati nei luoghi indicati.
L'imbarco si eseguì in quella notte nel miglior ordine possibile lungo la rada di Reggio. Cavaignac per guadagnar tempo commise al Zenardi di scegliere quindi delle migliori barche, montate dai più robusti marinai e soldati Corsi, e di spingersi avanti come avanguardia. ..."
A questo nuovo incontro ha relazionato lo storico calabrese Mario Spizzirri, esplicante mansioni presso l’Università degli Studi della Calabria e tra gli altri socio del Centro nazionale di Studi Napoleonici e di Storia dell’Elba.
Il professore ha relazionato su "Le battaglie in Calabria durante il decennio".
Dopo la battaglia di Austerlitz da Schonbrunn, il 27 dicembre 1805, Napoleone lanciava il noto proclama : «La dinastia dei Borboni di Napoli ha cessato di regnare» e nel gennaio 1806 iniziava l'occupazione del Regno di Napoli. Il generale Damas, che comandava la truppa nazionale del Regno, non oppose resistenza all'avanzata dell'esercito francese ma preferì ritirarsi verso la Calabria.
L'esercito francese, al comando di Giuseppe Bonaparte e del generale Massena, con 11.629 uomini e 6 cannoni il 6 marzo sbaragliavano l'avanguardia borbonica a Lagonegro ; dopo un primo scontro a Capestrino il 6 marzo, favorevole ai francesi, il generale Reynier con circa tredicimila uomini, attaccava i napoletani sul vasto altopiano di Campo Tenese sconfiggendo Damas in marzo, che ancora comandava le truppe borboniche e catturando millenovecento uomini .
La scelta di difesa militare ai confini della Calabria, fu dovuta alla fiducia nella regione che nelle imprese sanfediste del 1799 aveva assunto e ben sostenuto il ruolo di serbatoio di forze umane.
Si è parlato della sconfitta francese di Maida (4 luglio1806), dello sbarco di Assia Philippsthall a Reggio e alla sua sconfitta a Mileto in data 2 maggio 1807 che «fu una delle più sanguinose», come si può evincere da una relazione del Principe Luigi d'Hassia di Philippstal, vedendo nell'esercito napoletano cinquecento morti, cinque o seicento feriti, oltre mille i prigionieri , mentre le perdite delle truppe francesi dirette dal Reynier non sono ben note, quindi si potrebbe avanzare l'ipotesi di un migliaio di caduti tra le opposte fazioni.