Continua il percorso storico relativo alla Resistenza ed al contributo del Mezzogiorno dato alla guerra di Liberazione ed in particolare dei reggini che militarono nelle formazioni partigiane operanti nelle varie zone della  penisola.  
Dopo l'introduzione di Gianni Aiello che ha evidenziato l'importanza storica di tale argomento, la parola è passata a Cesare Sant'Ambrogio che ha ricordato le vicende del padre Iliano, partigiano della Brigata “Pisacane”, detto “Il Fiorentino” .
Era l'8 settembre 1943 ed Iliano Sant'Ambrogio si trovava a Venaria Reale (TO) quale istruttore ad un corso Allievi Ufficiali dell'aeronautica (radiotelegrafia) e nonostante fosse stato firmato l'armistizio la guerra, purtroppo, continuava.
Mentre le truppe tedesche assediavano le caserme, Iliano decise di raggiungere il paese natale: San Giovanni Valdarno, dove trovò un posto di lavoro al Comune, ma dopo alcuni mesi, enne  licenziato perché privo di un certificato attestante la sua posizione militare, quindi,  per non essere di peso ai  genitori,si arruolò nell'esercito repubblichino e venne assegnato al battaglione “Lupo” .
Dopo un periodo di addestramento, diretto da ufficiali tedeschi, venne trasferito a Torino per svolgere lavoro, di fureria, ma nella città ella Mole prese la decisione di passare nelle file delle formazioni partigiane della 105ª  Brigata Garibaldi “Carlo Pisacane” comandata da “Romanino” e “Petraia”  ed avente come Commissario il simpatico e bravo “Mario”.
La Brigata operava sotto la guida di “Nicola Barbato” (Pompeo Colajanni).
Fece parte delle squadre d'azione nella pianura del Po ed ebbe contatto con i maquis francesi ed alcuni Ufficiali inglesi, che erano stati paracadutati quali esperti di guerriglia.  
Il 19 novembre 1944, insieme ad un giovanissimo compagno (Netu) fu scelto per compiere un 'azione, alquanto delicata e difficile a Pinerolo, ma vennero catturati da un reparto delle Brigate Nere del capitano Novena che li condusse nelle carceri di Pinerolo.
Il 19 marzo del 1945 venne processato dal CO.GU (tribunale contro la guerriglia) e la condanna a morte chiesta dall'accusa, mi fu tramutata in trent'anni di carcere da scontare nel penitenziario di Alessandria.
Nel carcere di Torino rimase fino al 25 aprile.
Nei primi giorni di maggio, dopo l'imponente manifestazione di Torino, venne inviato a Moretta (Cuneo) quale comandante della polizia del popolo, mansione che portò a termine con grande abilità e consensi da parte della popolazione.
Dopo il proclama del Governo provvisorio che imponeva a tutti gli appartenenti alle formazioni partigiane di consegnare le armi agli Alleati, ricevette a Moretta la visita di un Alto Ufficiale americano che gli chiese se fosse disposto a trasferirsi a Cuneo per assumere la carica di Sindaco, ma rifiutò e poco tempo
Questa, la testimonianza di Iliano Sant'Ambrogio, raccontata dal figlio Cesare, rappresenta un altro valido tassello che va ad arricchire quella "memoria storica" tendente ad omettere il Sud, ed in particolare i Reggini dalla bibliografia dedicata alla Resistenza, quindi una testimonianza significativa che conferma l’assunto inconfutabile relativo al contributo offerto dal meridione alla lotta di liberazione.  
Si è passati, poi, al tema centrale della serata e  nello specifico ad Aldo Chiantella, autore della pubblicazione “Chiamatemi Abele” che rappresenta “l’altra faccia della Resistenza: quella della sofferenza, del sacrificio estremo, delle vittime innocenti.”  
Aldo Chiantella si arruolò nelle formazioni partigiane il 12 giugno 1944 fu impegnato in diverse zone del Friuli  come a  Pofiabro, a Barcis nella Vai Cellina, contro ingenti forze tedesche in un combattimento durato circa 7 ore.
Veniva catturato dalle S.S. tedesche e condotto nelle carceri di Meduno Spilimbergo (Udine) dove venne torturato al fine di riferire episodi su questioni militari e politiche ma Aldo Chiantella non rivelò nulla. 
Riuscì ad evadere,  raggiungendo altri partigiani e partecipò all'insurrezione dell'alto Friuli nell'aprile 1945, dove a capo di un gruppo di patrioti  raggiunse Dravescio e fece deporre le armi al presidio tedesco costituito da circa 50 uomini .
Nella sua relazione, Aldo Chiantella ha voluto soffermarsi sul termine resistenza che viene usato per le prime volte in Francia dove assume il significato specifico ed esclusivo di lotta contro l' invasore e quindi ha rapportato il movimento francese a quello italiano.
La Francia, allo scoppio della guerra,ha un ssetto politico e sociale ben consolidato ed una vita democratica ed una coscienza civile avanzate, non esistono particolari tensioni o rivendicazioni contrastate.
In tali condizioni il movimento di liberazione francese sviluppa quasi esclusivamente l'aspirazione a liberare il territorio dagli invasori e ripristinare lo status quo ante.
Ben diversa la situazione in Italia.
Una dittatura dispotica ed ingannevole che aveva soffocato per vent’anni ogni anelito democratico e addormentato la coscienza civile con paranoici sogni di conquista e di gloria e che si era resa corresponsabile con i tedeschi della immensa strage che aveva semidistrutto l'Europa suggerisce al movimento di resistenza aspirazioni e motivazioni che vanno oltre la volontà di liberare la patria dallo straniero, suggerisce la volontà di liberare il popolo dalla ventennale oppressione fascista, alla luce di una ritrovata coscienza civile che consentirà di restituire ad una massa quasi anonima di sudditi la cittadinanza perduta.
Un altro aspetto che caratterizza i movimenti di liberazione è la cosi detta spinta dal basso;un fenomeno nuovo rispetto alla storia delle tradizionali lotte di liberazione in cui l'iniziativa, la spinta alla ribellione proviene dall’alto.
Infatti e' sempre un'autorità militare o,autorevoli rappresentanze politiche o esigui gruppi culturali che suggeriscono motivazioni, tempi, luoghi e modi di condurre la lotta.
Il relatore ha parlato anche del contributo significativo, determinante che i partiti dell’antifascismo hanno dato alla resistenza, come la Democrazia Cristiana, il Partito Liberale, il Partito Socialista, il Partito d’Azione, quello Comunista, tutti componenti il Comitato di Liberazione Nazionale.
L'intervento di Aldo Chiantella si è basato sulla valutazione di merito circa l’apporto numerico dato alla lotta dai predetti partiti: « non possiamo che accettare e condividere un dato storicamente consolidato: il Partito d’Azione e particolarmente il Partito Comunista sono stati quelli numericamente più rappresentati attraverso il numero prevalente dei combattenti inquadrati nelle formazioni “Giustizia e Libertà” e nelle “Brigate d’Assalto Garibaldi” »
Nella zona del Nord-est i tedeschi esercitarono con impegno la loro violenza, particolarmente in Friuli che per la sua posizione geografica rappresentava un valore strategico e tattico di estrema importanza, perché doveva garantire in ogni circostanza e soprattutto in fase di ritirata, il collegamento con la Germania.
Per mantenere libero quel transito impegnarono ingenti forze contro i partigiani che contrastavano tenacemente quel disegno.
Furono mesi di lotta senza tregua e anche il Friuli fu teatro di mille battaglie, di infiniti atti di coraggio e di eroismo, ha assistito all'incendio di tanti paesi come Barcis, Nimis, Faedis, ha tagliato la corda dei suoi impiccati, ha seppellito i suoi morti.
Ma forse la singolarità del popolo friulano sta nell'aver sostenuto e protetto i suoi combattenti con una determinazione tale da metterlo sullo stesso piano di rischio e di lotta.  
Dopo i ricordi relativi al valore e la fierezza di quelle genti, il ricordo di Aldo Chiantella va a quei combattenti, in gran parte : « uno di questi mi morì accanto invocando la madre, in una notte infernale,  a duemila metri di quota, mentre la luna esaltava il rosso del sangue sulla  neve immacolata» .         
Il tema mette in discussione l'operato degli storiografi della Resistenza e scaturisce il bisogno di sapere che c’eravamo anche noi in quel momento straordinario in cui si scriveva un capitolo nuovo della storia del nostro Paese, il bisogno di sapere che possiamo andare orgogliosi anche noi del contributo di lotta e di sangue offerto .
E per questo non bisogna dimenticare l'impegno profuso da reggini nei territori del Veneto e
del Friuli, come Consolato Laganà (TITO) facente parte della Brigata Garibaldi "Ugo Battacin" del CVL di Treviso caduto in combattimento il 29 aprile del 1945 presso la Caserma Salsa contro truppe tedesche che si dirigevano alla volta di Udine.
Luigi Barone, facente parte dei GAP caduto in combattimento il 29 aprile 1944 in combattimento nell'area dei Casali Paparatti presso Palanuova di Udine.
Ezio De Stefano (SAMOS) che cadde mortalmente in un conflitto a fuoco il 22 dicembre del 1944 contro reparti delle S.S. tedesche nell'area del Tagliamento.

ShinyStat
12 dicembre 2002