Il capitolo relativo a questo nuovo appuntamento ha avuto come tema l'argomento relativo a “Pirateria e cronaca reggina attraverso documenti del ‘600”.
La tematica oggetto di studio è stata frutto di elaborate ricerche sia su saggi storici che documenti originali del periodo.
Il ricercatore reggino ha evidenziato l'importanza dell'opera di Trasselli "La vita a Reggio Calabria ai tempi di Carlo V" e dalla stessa ha estrapolato alcuni dati notarili che descrivono ampiamente lo stato sociale, economico, architettonico e viario della Reggio del periodo.
Infatti in un documento del notaio Perrone del 1535 si parla di un certo Minicu Dactulu che venne catturato dai Turchi e la moglie Beatrice dovette contrarre dei debiti per riscattarlo.
Per fare ciò impose un censo di 9 ducati annui sulle terre del consorte in Contrada Chechi, - (dovrebbe essere - secondo Gianni Aiello - l'attuale Rione Ceci, ubicato nella zona Sud) - dove era ubicato l'acquedotto
Risulta interessante, tra gli altri documenti, quello del notaio Speranza dal quale si evince che un certo Pietruccio Grasso da Reggio risultava debitore di 85 ducati nei confronti di Antonio De Alardo De Castigluni di Salerno.
E per saldare tale debito, con il consenso della madre e della moglie, consegnò al proprio creditore 25 ducati in monete ed uno schiavo negro, forse un pirata catturato in precedenza
La pirateria nel Mediterraneo, dopo i trascorsi fenici, greci, normanni, saraceni, genovesi, veneziani, nel Mediterraneo cominciò a farsi molto pericolosa dopo il 1492, periodo in cui cadde l’ultimo baluardo dell’amministrazione araba in Spagna, quando tutti o quasi i “Mori” furono costretti ad abbandonare la terra iberica tornata in mano cristiana.
Molti si rifugiarono sulle coste dell’Africa settentrionale (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia) che allora erano identificate come “barbaresche”, appunto dall’egemonia bérbera che le aveva dominate.
Gianni Aiello ha concluso l'incontro con una chicca, rappresentata da una sua recente scoperta e relativa a dei documenti del 1663 nei quali vengono pagati alcuni cavallari per aver effettuato delle guardia armate: «... nella marina di Ponente detta delli Pietri Nigri d'essa Città...» mentre nel successivo documento si può evincere quanto segue: «... nella marina di Levante detta di Ravagnisi... » .
La scoperta di questi documenti è di notevole importanza in quanto dagli stessi si può evincere che in quelle zone erano ubicate delle torri costiere di avvistamento, come quella di Torre Lupo, nella zona Sud di Reggio, dove rimangono alcuni resti e la denominazione dell'area cittadina.