È ancora il sodalizio reggino, presieduto da Gianni Aiello, a fare sentire la propria voce in un momento storico particolare in cui il fragore delle armi crea innumerevoli paure all’umanità, nel corso di un incontro partecipato .
L’idea nasce da un progetto di Gianfranco Cordì, responsabile del Settore Cinema dell’associazione reggina, che prende spunto da uno dei tanti capolavori di Michelangelo Antonioni, il maestro dell’introspezione psicologica: “Professione: reporter”.
Il programma sei lavori ha visto come prima cosa la proiezione di una parte del film di Michelangelo Antonioni: “Professione:Reporter”.
Dopo è stata la volta dell’inchiesta realizzata dal giornalista Paolo Bolano sulle “Periferie di Reggio” .
Da questo filmato è emerso che nelle nostre periferie mancano o servizi, le strade, i ritrovi per gli anziani, i centri culturali per i giovani, i trasporti sono carenti e la cosa che molti di noi non si sognavano di pensare è stata quella di scoprire che alcune periferie di Reggio, sono prive ancora di rete fognaria.
Così, sicuramente, la città, non potrà andare in Europa, anzi si avvicinerà sempre di più all’Africa, per essere più precisi.
Ha poi preso la parola il giornalista Paolo Bolano per fare alcune considerazioni sulla professione del reporter.
E’ Erodoto – ha detto- Bolano il primo reporter della storia.
Erodoto non è soltanto lo storico da tutti riconosciuto, invece, è il giornalista che primo fra tutti ha capito l’importanza di andare verso i luoghi dove si svolgono i fatti e intervistare la gente.
Oggi, le agenzie, e le veline, servono per comporre un articolo, ma è importantissimo prima di tutto verificare la fonte della notizia.
Bolano, poi, prima di parlare della sua esperienza di reporter ha ricordato le difficoltà, le incomprensioni, i pericoli cui va incontro il reporter di guerra.
Peter Arnett il grande reporter statunitense, per esempio, dopo dodici giorni è stato licenziato dalla rete televisiva NBC per aver dichiarato che i primi americani sulla guerra in Iraq erano falliti. Questo dimostra la fragilità, spesso, del rapporto di lavoro di un reporter.
Bolano ha parlato, quindi, di due suoi colleghi Rai, Ilaria Alpi, che sicuramente è stata uccisa per aver scoperto un traffico d’armi e l’operatore, Palmisano, portato fuori dal perimetro controllato dalle forze di pace in Somalia, per insistenza della collega Carmen La Sorella e ucciso in una imboscata.
«Il piacere, i pericoli, le ansie e le paure dell’uomo reporter –ha continuato Bolano- in giro per il mondo, sono indescrivibili».
Lui ha provato a raccontarne alcune: « ... nel Congo durante gli anni settanta, con una produzione italo-inglese, per un reportage sui pigmei mi è capitato di incontrare, durante una festa presso la nostra ambasciata dello Zaire, un tizio pronto a mettere a disposizione un aereo per accompagnare la troupe televisiva ai confini con L'Angola e filmare i cadaveri di cento giovani universitari massacrati dall'esercito di Mobuto. Questi giovani universitari si erano portati alla periferia di una miniera di diamanti per portarne via qualche pezzetto di quei preziosi "sassolini" e commercializzali in Europa, ebbi paura e non accettai la sfida».
Il giornalista reggino prosegue il suo intervento continuando a sfogliare l'album dei ricordi e parla di una disavventura terminata a lieto fine quando per aver effettuato delle riprese in luoghi non autorizzati, venne fermato dalle forze dell'ordine e trattenuto per una giornata nella centrale della polizia bulgara.
Il Bolano riferisce di essere stato tradito dal suo accompagnatore, forse un agente segreto.
A Palermo gli capitò di avere avuto un contatto con una nota famiglia del capoluogo siciliano per un'intervista per la rubrica televisiva "Di tasca nostra", che poi sfumò .
«Ergo, fare il reporter, è, dunque, difficile e pericoloso, - ha continuato il relatore Paolo Bolano- ma, a volte la tensione maggiore e quella di dover giudicare frettolosamente le cose. Nessuno, mai, ti giustificherà delle tue scelte, specialmente lo spettatore, spesso,seduto comodamente davanti al televisore. Nessuno si accorgerà mai del pericolo che hai corso, della paura che hai potuto avere. Non importa, questo, è solo un rischio per il reporter. Quando sei in guerra poi come in Iraq e ti trovi sul carro degli Stati Uniti d'America è logico che poi parlare non di tutta la guerra, ma, di una piccolissima fetta perché non sei libero di girare e intervistare la gente. Per completare l'informazione il giornale ha altri inviati e altri commentatori».
Infine, a chiusura del dibattito è stato proiettato un documentario sul bergamotto realizzato sempre da Paolo Bolano.
Un bellissimo filmato, pieno di belle immagini, sceneggiato in alcune sue parti come mai ci è capitato di vedere. Un documentario che ha girato il mondo, con un bel testo ed una bellissima colonna sonora che ha accompagnato le suggestive immagini.