Lo scopo del convegno  è quello di mettere a conoscenza dell’esistenza e quindi del recupero  e della salvaguardia di due importanti siti archeologici alle "spalle" di Reggio Calabria, ma disconosciuti ai molti .     
Il primo argomento "Motta Sant’Agata: una città scomparsa" è stata trattata dal professor Giuseppe Taglieri, profondo conoscitore della rupe Santagatina e delle sue vicende storiche, soffermandosi in modo particolare sulle testimonianze architettoniche della città seicentesca e della singolare posizione geografica.      
L'organizzazione amministrativa della "Regia città" rimasta quasi sempre indenne dal gioco  feudale e distrutta dal catastrofico terremoto del 5 febbraio del 1783 .
La città fortificata su di una rupe ha origine antichissime e ad oggi del suo splendido passato rimangono alcune testimonianze come la Porta di mare, la Porta di terra, la  cisterna, i resti della Cattolica o Chiesa di S.Nicola o la Chiesa di S.Basilio (con tracce di affresco).
Francesco Arillotta si è soffermato su "San Niceto: un castello bizantino da non dimenticare" .
Il maniero in questione è un capolavoro di architettura militare, caratterizzato anche da significativi elementi arabi e sul quale si sono sovrapposte strutture normanne e angioine .
A riguardo la sua edificazione non si hanno dati certi ma nella letteratura di S.Elia il Giovane si narra che tra l'823 ed il 903 che S.Elia di Enna insieme al discepolo Daniele si trovò in una zona nei pressi di Pentimele conosciuta come il "pantano" : «un toponimo - detta del relatore Arillotta - che tutti gli storici sono concordi nell'identificare con l'acquitrinio delle Saline» .
Ed in questa sua descrizione di quei luoghi non fa nessun riferimento a S.Niceto, quindi, forse  la fortificazione non era ancora edificata. 
Notizie relative a S.Aniceto si possono annoverare nel "Brebion" (nota elencazione dei beni posseduti dalle istituzioni religiose della Diocesi  di Reggio Calabria che venne redatta intorno al 1050) . 
In essa è descritta l'ubicazione del maniero e quindi va a confermare che la fortificazione  bizantina venne edificata nella prima metà dell'undicesimo secolo .  
Questo presidio militare, imprendibile e ben mimetizzato con il colore della roccia in cui è ubicato, resistette alle frequenti e massicce incursioni turchesche ma dovette piegarsi, per interessi economici, infatti  il tutto ebbe a scaturire dalle continue conflittualità che si registravano tra i reggini e gli abitanti delle Motte .
Infatti tra il 1459 ed il 1465 che venne attuata la conquista e la distruzione sistematica delle Motte con l'annessione dei loro abitanti e dei loro averi al Comune di Reggio. 
Con diploma di Re Ferdinando, dell'11 maggio1465, Motta Anomeri e Motta Rossa vengono riconfermate alla città di Reggio, avendo questa prestato il suo valido aiuto alla loro espugnazione e a quella di Pentidattilo e S.Lorenzo. 
I Reggini, alleati degli aragonesi decisero, dietro la "benedizione" di Ferdinando d’Aragona, nel 1562, per distruggere in modo definitivo i "vicini-nemici" . 
La missione militare venne affidata al giovane Duca di Calabria, Alfonso, principe ereditario, il quale, con truppe miste di aragonesi e reggini, riuscì brevemente a conquistare Motta Rossa (a Nord dell'odierna Gallico), Motta Anomeri  (sul piano di Monte Chiarello nei pressi dell'attuale Ortì), Motta S.Cirillo (ubicata sul piano di Monte Gonì nei pressi dell'attuale Terreti) e Motta Sant'Aniceto. 
L'unica a trarre scampo fu Motta S.Agata che ebbe ad allearsi con il Papa.    
La conquista di Motta Sant'Aniceto avvenne per ordine di Alfonso di Aragona e per opera di Antonio Cardona, discendente del vicerè di Sicilia. 
La conquista del castello di S.Aniceto è legata ad una strategia degna dell'omerico Ulisse: il Cardona, radunato un gregge di capre, fece legare alle corna dei fasci di stoppie e di sermenti secchi, cui mise fuoco ingannando i difensori del castello che lasciarono sguarnite le mura opposte che consentirono la conquista dell'imponente fortezza: era l'autunno del 1465.

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5 febbraio 1998