Se negli ultimi anni abbiamo assistito a quella che è stata giustamente definita “la rinascita di Reggio”, occorre dire con molta sincerità che il “rinascimento” non ha però interessato, se sporadicamente, il settore dei beni culturali.
Dando per scontata la buona fede di tutela ed alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico, la chiave per a situazione di grave crisi è duplice: incapacità di programmazione ed arretratezza culturale.
Il primo di questi due problemi non è certo dovuto a mancanza di programmi, più o meno fantasiosi: anche chi tanto si è spinto avanti nel sognare ciò che la politica (scienza del fare) doveva realizzare è rimasto enormemente nella fattibilità pratica e nella effettiva utilità di tali progetti.
La colpa di ciò va ricercata certamente nella seconda causa della nostra arretratezza economico-sociale: la mancanza di una cultura adeguata a cogliere le occasioni di sviluppo peculiari della Calabria, oltre che incapace di troncare un tipo di fare politica - la definiremmo tribale o di clan - che la città si porta dietro come retaggio della dominazione spagnola e che in tutti i secoli ha prodotto sfasci inenarrabili, come la dinamite distruggere la chiesa di S.Gregorio Armeno, quella di S. Maria di Terreti, la stessa parte sveva del castello, costruita da Federico II.
Da ciò emerge chiara e forte la necessità di attuare un ricambio generazionale, perché nel caos primordiale che è diventata Reggio un dato è certamente da cogliere: per la prima volta dei giovani che hanno acquisito competenze che li
rendono in grado di competere professionalmente a livello internazionale sono tornati a casa, per spendersi nella e per la propria terra e tante sono le speranze per chi si trovi ad operare in campi importanti per lo sviluppo della Provincia di Reggio, quali quello, strategico, dei Beni Culturali.
Nessuno, certo, si aspetti che dal Governo centrale possano calare come la manna quei mezzi finanziari e professionali che servano per trasformare le nostre risorse artistiche, archeologiche e culturali in ricchezze spendibili nella nostra terra per turismo e per i fini di riscoperta delle nostre radici e dei nostri
riferimenti culturali, indispensabili per supportare un qualsiasi sviluppo economico.
Ciò fa parte di quella incultura incapace a programmare cui si accennava: bisogna invece che le realtà locali si rendano propositive, progettando e chiedendo l'aiuto del governo azionale su proposte che nascano da reali bisogni, e nelle quali i Reggini si facciano parte diligente: almeno due poli archeologici di richiamo, mostre, convegni, valorizzazione dei castelli bizantino-normanni, e quant'altro ...
Il dibattito ha voluto assumere soprattutto assumere carattere di confronto tra il mondo dell'associazionismo volontario ed i centri politi, operanti entrambi nell'ambito della tutela e recupero dei beni culturale, al fine di stabilire insieme le linee guida per una più consistente divulgazione della conoscenza del patrimonio artistico presente in città.
La manifestazione, moderata da Daniele Castrizio dell'Università di Messina, ha visto l'apertura dei lavori con una serie di diapositive, realizzate e presentate da Gianni Aiello, presidente del sodalizio organizzatore, che hanno illustrato ai presenti in sala le opere artistiche della nostra città aggredite dal degrado ambientale, offese dai vandali, mortificate dall'incuria.
Come la fontana borbonica di Gallina, le statue del condottiero Garibaldi, dell'onorevole Biagio Camagna a piazza Castello, di San Francesco ubicate nella zona sud della città a Sbarre Centrali.
Si è parlato anche del la stele di Umberto I, privata della fascia di bronzo, ubicata all'ingresso principale della Villa Comunale.
Essa è priva dell'ornamento bronzeo che faceva parte del busto raffigurante il sovrano di casa Savoia, tra l'altro in stato di completo abbandono.
Gianni Aiello, nel corso della sua relazione ha parlato anche della scomparsa del tripode delfico che faceva bella mostra di se lungo la via Marina bassa all'altezza dell'Istituto Tecnico "Raffaele Piria" a pochi centinaia di metri dal Palazzo Vitrioli .
Esso era posto sopra una colonna e posto ad ornamento della stele alla memoria del latinista reggino Diego Vitrioli .
Gianni Aiello, parlando della scomparsa del manufatto ha fatto un breve excursus storico sullo stesso: «Esso si trova presente anche nella moneta di Crotone ed era simbolo della acerdotessa di Apollo che profetizzava gli oracoli.
La tradizione descrive il momento del vaticinio vero e proprio come un atto di mania profetica in cui la Pizia è invasata dal Dio esce da una fessura nel suolo, presso l'omphalos, l'ombelico del mondo, forse Il tripode delfico della Via Marina venne probabilmente collocato per perpetuare il mito di Apollo che aveva proprio in Delfi il suo santuario più importante ».
La relazione del presidente del sodalizio organizzatore è proseguita con la descrizione del check-up relativo alla colonna ellenica in via Marina, anch'essa mancante di una parte, quella di una targa in bronzo che era dedicata al sindaco della ricostruzione della città, dopo il terremoto del 1908, l'avvocato Giuseppe Valentino.
Una critica costruttiva senza toni polemici uella del sodalizio reggino a voce del suo presidente Gianni Aiello che ha evidenziato: «il giro turistico che andiamo ad intraprendere non ha nulla di caustico nei confronti degli organi competenti ma vuole essere solo una critica costruttiva anche se le immagini che stiamo vedendo sono dei dati di fatto».
Per Maria Teresa Sorrenti, della Soprintendenza regionale dei beni archeologici, tale degrado denota, secondo l'intervenuta, «un errato approccio con le sopravvivenze della nostra storia».
Anche se esiste un motivo sociologico relativo all'aggressione dei manufatti artistici al quale si è aggiunta la voce del responsabile dell'Archeoclub, Massimo Chilà che ha sottolineato come gli scavi archeologici nella zona di Montechiarello di Ortì, ove si vuole creare un campo da golf, si stanno rilevando
estremamente interessanti.
Ma queste opere, pur meritorie, non sono sufficienti a correggere l'attuale approccio culturalmente errato, sa parte della cittadinanza, con quelle che sono le sopravvivenze della propria storia.
Esiste un problema sociologico che trova il suo humus nella "solita mentalità locale" per cui si è portati a ritenere giusto disfarsi del "vecchio" per far posto al "nuovo" .
Risposte sono giunte dall'assessore alla cultura, Gimo Polimeni: «Abbiamo restaurato quasi tutto il patrimonio archeologico della città, dalle mura greche alle terme romane, dal castello aragonese, il cui crollo sembrava il simbolo del fondo toccato dalla nostra città, al recupero dell'archivio storico, alla prossima consegna del parco archeologico di trabocchetto, presto ci occuperemo delle statue interne alla Villa comunale.
Mentre per quanto riguarda Ortì, se gli scavi saranno così importanti, alla zona sarà riservato lo stesso trattamento di Piazza Italia».
All'invito di Maria Teresa Sorrenti che tentava di strappare all'assessore una promessa per una collocazione interna e sicura per la statua dell' "Angelo Tutelare" Polimeni ha detto: «Abbiamo i fondi per farne una copia da esporre all'aperto mentre l'originale resterà custodito all'interno della città probabilmente a Palazzo San Giorgio, al riparo dalle intemperie.
Un metodo estremamente diverso dalla clonazione dei Bronzi voluto per portare in giro per il mondo un falso facendone perdere la loro unicità. al riguardo dovrà scusarci il presidente della giunta regionale Chiaravalloti ma i Bronzi proprio non si cloneranno».
Di diverso avviso, invece, l'assessore provinciale ai beni culturali Santo Gioffrè «La Regione farà la clonazione e sarà un colpo mortale al nostro turismo culturale».
Nel continuare l'intervento l'assessore provinciale ha ricordato che «nel recente passato le risorse finanziarie non sono mancate, non ultime quelle legate ai fondi europei di sviluppo.
Il federalismo e la fine degli aiuti Eu nel 2006 ci impongono di fare presto in questa opera di protezione: la Provincia sta allestendo tredici parchi antropici a Villa, Pentedattilo, Stilo, lungo il fiume » .
Puntuale infine l'intervento dell'avvocato Francesco Arillotta che ha sottolineato «In questi giorni ha fatto scalpore, giustamente, la distruzione delle statue dei Budda da parte dei talebani afghani: ma perché non si riesce a provare altrettanto orrore per una politica locale che ha distrutto con uguale furore ogni segno delle civiltà passate? Perché non gridare allo scandalo per S. Antonio di Archi, per lo splendido castello di S. Niceto, per S. Maria di Tridetti? Perché lo Stato ritiene fondamentale salvaguardare Assisi e lascia distruggere, scientemente, ogni testimonianza nella nostra terra?» .
Tale incontro si è prefisso di dare una continuità a quanto di propositivo è emerso nel precedente appuntamento e che ha lo scopo salvaguardare e far conoscere il nostro passato attraverso tracce indelebili piene di fascino anche attraverso una funzione educativa diretta alle fasce più giovani.