Una certa storiografia ha avuto la tendenza a mettere i reggini e i calabresi ai margini della storia del passato, mentre nuovi ed interessanti documenti testimoniano il contrario:questo è quanto è scaturito ancora una volta dai nostri convegni ed il timoniere di questa nuova rotta culturale è stato lo storico Padre Carlo Longo .
Tornando, quindi,ai protagonisti della storia del passato, che non furono semplici spettatori, il conferenziere ne ha tracciato i tratti somatici, esponendo le vicende di quei viaggiatori reggini che portarono per il mondo una nuova cultura, quella di Tommaso Campanella, esportando le teorie della Città del sole insieme alla parola di Dio.
Era quella tuttavia una Calabria feudale, con baroni e tiranni prepotenti e vassalli avviliti, ma fu proprio da questa regione che si levarono voci imperiose come quella di Campanella ad avvertire con prepotenza il bisogno di un nuovo ordine e di una nuova giustizia.
Tornando, quindi,ai protagonisti della storia del passato, che non furono semplici spettatori, il conferenziere ne ha tracciato i tratti somatici, esponendo le vicende di quei viaggiatori reggini che portarono per il mondo una nuova cultura, quella di Tommaso Campanella, esportando le teorie della Città del sole insieme alla parola di Dio.
Era quella tuttavia una Calabria feudale, con baroni e tiranni prepotenti e vassalli avviliti, ma fu proprio da questa regione che si levarono voci imperiose come quella di Campanella ad avvertire con prepotenza il bisogno di un nuovo ordine e di una nuova giustizia.
Padre Carlo Longo parla a braccio ma attinge a documenti originali e inediti.
Uno dopo l'altro vengono fuori gli identikit di uomini spinti dal bisogno di comunicare, ma anche da ardimento e soprattutto da un progetto rivoluzionario ed esaltante.
Il relatore traccia un lungo elenco di uomini coraggiosi che in nome di un ideale di giustizia ed eguaglianza sfidavano la sorte contro mille avversità andando incontro a persecuzioni e quasi sempre alla morte.
Tanti i nomi dei «viaggiatori reggini del XVII secolo» e tutti, direttamente o indirettamente, discepoli di Tommaso Campanella ,Paolo Piromalli di Siderno, discepolo diretto del maestro Campanella , fu autore di 500 lettere e di indimenticabili diari di viaggio nel Medioriente.
Lo scopo della sua missione: l'incontro tra cristianesimo ed islam.Attuò azione missionaria in Armenia, dove cercò di convertire al cattolicesimo gli abitanti del luogo, non riuscendovi, e per il suo carattere irruento andò in corso a numerosi problemi.
Qui però introdusse il testo della "Grammatica" campanelliana, tradotta in armeno da un suo discepolo e divenuta testo base per la formazione culturale di quel popolo.
Fu in Polonia, poi di nuovo in Armenia dove assunse la carica di capo della chiesa cattolica armena, ma ciò gli provocò altri dissidi con il clero locale.
I viaggi di Paolo Piromalli sono in continua evoluzione: infatti trovandosi nei pressi di Pellaro, fu catturato da alcuni pirati magrebini e tratto in stato di schiavitù, ma tale status durò poco, in quanto riuscì a liberarsi. Divenne in seguito vescovo di Bisignano.
L'ultima delle sue epistole attesta tutta la sua partecipazione nel sostenere le idee del movimento del "Risveglio armeno" che avrebbe portato agli inizi del secolo scorso all'indipendenza dell'Armenia.
Le idee campanelliane continuano a diffondersi e nel tempo fanno altri proseliti che ne continuano il verbo, come Giovanni Mandica, educatore della gioventù reggina, alla quale venivano impartiti i principi cari a Tommaso Campanella.
Tra i discepoli di questi il gesuita Giovanni Battista Montiel (1635), figlio del comandante della guarnigione di stanza presso il castello della Città dello stretto, che fu inviato a spargere il verbo del cattolicesimo nelle Filippine, ma nell'isola di Mindanao trovò la morte, dati i cattivi rapporti tra cristiani e musulmani di quelle contrade.
E poi il domenicano Francesco Bendici (1624), che seguì gli studi presso l'istituto di teologia che orgeva dove oggi si trova il teatro comunale «Francesco Cilea», e fu missionario nelle isole greche e a Costantinopoli.
Il fratello di quest'ultimo, anch'egli domenicano e anch'egli missionario in Armenia, Silvestro Bendici, che durante un viaggio che da Livorno avrebbe dovuto ricondurlo nel Caucaso, fu portato a Tunisi, in qualità di prigioniero, dove venne venduto come schiavo.
Ma grazie alla sua cultura entrò nelle grazie dei potenti del luogo e nominato cappellano di tutti gli schiavi cattolici.
Nonostante ciò rimase fedele al verbo campanelliano e tentò una congiura per realizzare lì una propria Città del sole e dare libertà alle migliaia di schiavi detenuti in quella città, ma questa fallì ed
egli venne murato vivo nelle mura castello ed ucciso.
Quest'incontro ha ancora una volta rimarcato che la nostra storia non è stata per nulla marginale e che i grandi avvenimenti non sono sempre accaduti altrove e più volte siamo stati decisivi per la stessa storia dell'umanità e viene voglia di concludere che sono ingiuste le accuse di disincanto e di svogliatezza troppo spesso rivolte ai calabresi.
«Noi reggini – dice sorridendo Carlo Longo, il domenicano – siamo volitivi e curiosi, sappiamo impegnarci per realizzare i valori in cui crediamo con molta tenacia, spesso al di fuori della nostra regione, perché 'cu nesci rrinesci».
È proprio dalla terra in cui più discriminante era la differenza tra ricchi e poveri partì l'idea della grande sfida, quella di una società giusta. La Città del sole.
Un progetto utopico, l'isola che non c'è.
Lo stesso Campanella era consapevole che per arrivare ad una società egualitaria occorreva saltare molti ponti economici, storici e sociali in un progetto a lunghissima scadenza e lo erano anche quanti si ispiravano ai suoi insegnamenti portandoli per le vie del mondo.