Tra le date da ricordare nel calendario della storia sicuramente riveste una sua particolare importanza sia dal punto di vista storico che culturale la data del 2 settembre: essa rappresenta la liberazione della città di Buda e di tutto il territorio magiaro dai Turchi, da parte della coalizione cristiana, dopo un dominio durato 150 anni.
Il lungo periodo della sovranità turca sul territorio magiaro derivò dall’esito disastroso della battaglia di Mohács, avvenuta il 29 agosto 1526, dove venne distrutto l’esercito magiaro (circa ventimila uomini caddero sul campo di battaglia, tra cui il giovane sovrano ungherese Ludovico II Jagellone) da parte dell’armata dell’Impero Ottomano che segnò sia la fine della potenza medievale ungherese ma anche l'estinzione della dinastia degli Jagelloni.
Dopo di ciò ne conseguì che la parte meridionale del bassopiano magiaro passò sotto l'amministrazione turca e, di conseguenza, l'Ungheria divenne la base per gli attacchi verso i territori posti sotto l'amministrazione di Austria, Polonia e Venezia .
Nel 1529 vi è l'assedio di Vienna che si concluderà nel 1532, grazie all'intervento di Carlo V, e, successivamente si avviano le procedure della suddivisione dell'Ungheria (1533), in seguito la caduta dei Szeged (6 settembre 1566) e da queste fatti si arriva alla costituzione della “Lega Santa” (20 maggio 1571) su indicazioni del Pontefice Pio V e che ebbe il suo epilogo nella battaglia navale di Lepanto del 7 ottobre dello stesso anno.
La battaglia di Lepanto ridimensionò l'influenza dell'Impero Ottomano nel Mediterraneo favorendone quindi gli equilibri militari, ma nonostante ciò si assiste ad un nuovo periodo bellico conosciuto anche come “guerre austro-turche” che ebbero inizio nell'estate del 1663 a seguito dell'invasione turca dell'Ungheria meridionale e la successiva conquista nel mese di settembre della fortezza di Nové Zámky.
L'armata ottomana era diretta ancora una volta su Vienna ma ciò non avvenne, in quanto venne sconfitta nella battaglia di Mogersdorf (conosciuta anche come battaglia di San Gottardo, Szentgotthárd , od anche Battaglia del fiume Raab) del 1° agosto 1664 dall'esercito diretto dal barone Raimondo Montecuccoli che con tale vittoria sancì il trattato di Eisenburg (Vasvár) del 10 agosto che ridimensionò all'Impero Ottomano le pretese di espansione, imponendone la non belligeranza per un periodo di venti anni e la restituzione dei territori occupati.
Successivamente agli eventi sopra menzionati, una consistente armata ottomana, diretta dal generale Kara Mustafà e dal sultano Maometto IV, inizia la marcia sull’Europa centrale, ciò da adito alla stipula del patto della Lega Santa che viene siglato il 5 marzo del 1684.
Questi due momenti storici sanciscono l’inizio di una nuova guerra che si protrarrà sino al 1699 e nel contempo si assiste , nel corso delle operazioni belliche ad un secondo assedio di Vienna, da parte dei Turchi, dopo quello del 1529, che ha inizio il 13 luglio del 1683.
Il 4 settembre dello stesso anno, dopo varie trattative di resa, inizia l’assalto alle mura della città e successivamente gli assedianti riescono ad entrare dentro la cinta muraria, ma le estenuanti operazioni di accerchiamento operate dagli ottomani giocano loro un brutto scherzo.
Infatti, nonostante la loro superiorità numerica rispetto ai soccorsi che giunsero il 7 settembre ad opera del sovrano polacco Giovanni III Sobieski, e diretti dal duca Carlo V di Lorena che riuscirono a capovolgere la situazione, tanto da infliggere agli assedianti una dura sconfitta nella battaglia di Kahlenberg del 12 settembre 1683.
Il 5 marzo del 1684, come detto in precedenza, vengono concordati gli obiettivi della “Lega Santa” che vede tra i firmatari il Pontefice Innocenzo, il re di Polonia Sobieski, l'imperatore del Sacro Romano Impero Leopoldo I (Ignazio Giuseppe Baldassarre Feliciano d'Asburgo ) e Marcantonio Giustinian Doge della Repubblica di Venezia.
Dopo la liberazione della fortezza di Ofen inizia la marcia da parte dell'esercito del duca di Lorena Carlo V verso la città di Buda e, quindi, la liberazione del territorio magiaro dagli ottomani.
Dopo la liberazione di altre città come Esztergom, Visegrád, Vác, il 30 giugno l'armata cristiana entra a Pest da dove inizia il primo assedio alla città di Buda, la cui parte bassa viene conquista il 19 luglio e dopo 109 giorni di assedio, con il sopraggiungere dell'autunno, nel mese di ottobre l'esercito imperiale abbandonò la città per ritornavi due anni dopo con il secondo assedio che inizia nella seconda settimana di giugno del 1686 e termina il 2 settembre dello stesso anno.
Quindi la riconquista la riconquista di Buda dopo un periodo di circa un secolo e mezzo di amministrazione ottomana assunse un significato di basilare importanza non solo per il territorio magiaro ma anche per quegli stati europei che svolsero un ruolo fondamentale a tale scopo durante la campagna di Ungheria.
Le cifre relative alle operazioni militari, ai fatti ed ai personaggi di quel periodo storico ono arricchiti dal ritrovamento del «Diario» del barone romano Michele D’Aste da parte dello storico Ernesto Piacentini.
Infatti il recupero di quelle cronache rappresenta un accrescimento delle informazioni su quel fondamentale momento storico dell’Europa e nel contempo, tale ritrovamento, assume un alto significato culturale in quanto se ne erano perse le tracce nonostante diversi tentativi da parte di studiosi.
A tal proposito Ernesto Piacentini ha ricevuto nel settembre del 2000 da parte del Governo Ungherese la Medaglia Pro Cultura Hungarica, per gli studi sugli aspetti della vita storico-culturale ungherese e per la pubblicazione del manoscritto sulla liberazione della città di Buda dall'occupazione dei Turchi.
Padre Ernesto Piacentini ha trattato il tema relativo a “Il diario dell'assedio e liberazione di Buda del 1686 del barone romano Michele D'Aste”, barone di Acerno, che per primo entrò nella fortezza di Buda, trovandovi la morte alla testa dei suoi granatieri.
Michele D'Aste nacque da Maurizio e Vincenza Carafa a Napoli il 22 Aprile 1656, a tal proposito il relatore precisa che il padre era romano, così come la famiglia e la residenza della stessa.
Compì gli studi a Roma presso il Collegio Clementino dove entrò nel 1667 all’età di dieci anni sino al 1675, in tale arco di tempo approfondì le conoscenze delle lingue straniere e della letteratura.
Nel luglio dello stesso anno Michele D’Aste appena diciottenne iniziò la carriera militare e con l’ausilio del generale Raimondo Montecuccoli [Pavullo nel Frignano(Modena), 21 febbraio 1609 – Linz (Austria), 16 ottobre 1680] svolse delicati ed importanti mansioni nelle Fiandre come alto graduato dei Dragoni.
Infatti in quel periodo era in atto la guerra tra l'Impero Asburgico e la Francia di Luigi XIV di Borbone, tale conflitto è conosciuto con diverse denominazioni come “guerra franco-olandese” o “guerra d'Olanda” (1672-1678) .
Tale periodo bellico si svolse nell'Europa continentale tra il Regno di Francia di Luigi XIV e gli stati della “Quadruplice alleanza” quali Brandeburgo, Sacro Romano Impero, Spagna e Province Unite.
Michele D’Aste ed il generale Raimondo Montecuccoli si ritroveranno durante la campagna di Ungheria in diverse operazioni militari.
Dopo la firma del trattato di Nimega (Negotiations de Nimegue o Negotiations de la Paix de Nimegue) del 10 agosto 1678 che sancì la fine delle ostilità della guerra franco-olandese, Michele D'Aste ritorna a Vienna, dove svolge le funzioni di capitano nel reggimento di Scherffemberg distinguendosi nella difesa contro l'assalto dei Turchi delle posizioni ubicate nelle località di Rivellino di Corte e di quella relativa al Bastione di Löbel.
A tal proposito ecco la testimonianza epistolare del Generale Carlo Ludovico Radcoit, Conte di Souches del 20 maggio 1687 indirizzata al fratello: “Conoscendo e ricordandomi bene del valore e della condotta del Signor barone D'Aste, perché durante la guerra col nemico capitale fu in più occasioni sotto il mio comando, io secondo la verità voglio dichiarare ed attestare, essendone richiesto, che il signor barone D'Aste nella fiera ossessione turca della residenza imperiale di Vienna avvenuta nel 1683, e specialmente presso l'assalito Rivellino e nella fossa innanzi la porta del Castello tenne testa agli assalti, e respinse il nemico. Come anche presso la prima e principale mina fatta saltar sotto il Bastione di Löbel, e nell'assalto molto fiero e ostinato dato dai turchi, che ivi seguì, il Barone alla testa dei suoi respinse il nemico, arrecandogli immenso danno sul tergo e sui fianchi con la moschetteria ed artiglieria.
Così come egli ha dimostrato il suo valore e la sua fortezza non soltanto come ufficiale arditissimo, ma anche come coraggioso soldato, e ciò tutti i testimoni del fatto attestano spontaneamente.” (1)
“Il nostro Michele” - prosegue il relatore Piacentini - è presente in altre importanti fasi della campagna di Ungheria come nella battaglia di Barkan (Párkány) del 9 ottobre 1683, l'assedio di Esztergom del 28 ottobre dello stesso anno, dove riporta alcune ferite.
Il 16 giugno dell'anno successivo il Michele D'Aste alla guida dei granatieri si distinse durante l'assedio e la successiva conquista di Visegrád e nello stesso periodo ha modo di mettersi in evidenza per la sua sagacia tattica anche durante la conquista della parte bassa di Buda, come attestato dalla corrispondenza e dai dispacci sia militari che diplomatici del periodo.
Nel 1685 Michele D'Aste è presente nell'assalto di Ungvár (attuale Ucraina), poi a Miskolc (attuale capoluogo della contea di Borsod-Abaúj-Zemplén nell'Ungheria settentrionale), Eperjes (l'attuale Prešov in Slovacchia) dove viene ferito da armi da fuoco.
Il 16 agosto dello stesso anno Michele D'Aste è a Érsekújvár (l'attuale Nové Zámky in Slovacchia): anche qui gli viene inferta un'altra ferita, questa volta una freccia che lo colpisce ad un orecchio, mentre nel mese di ottobre (8-12) è a Kassa (l'attuale Košice in Slovacchia) .
Il barone Michele D'Aste ha modo di distinguersi nelle varie fasi che caratterizzarono la “Campagna di Ungheria” per coraggio ed ardimento fino all'ultimo assalto della parte alta di Buda in quella lunedì del 2 settembre del 1686 alla testa di 100 granatieri.
Viene ferito gravemente e sostituito dal sergente maggiore Sigismund von Bischoffshausen di Diepenthal, Michele D'Aste viene trasportato presso il presidio ospedaliero di Pest per essere sottoposto chirurgicamente ad un intervento direttamente dal chirurgo personale del Principe Eugenio di Savoia. Ma nonostante tali accorgimenti nulla si potè fare per salvare la vita dell'intrepido italiano, vista anche i peggioramenti causati dalla stessa ferita, morirà una settimana dopo, il lunedì del 9 settembre.
Michele D'Aste venne sepolto dapprima nella Chiesa di San Francesco a Pest e successivamente, a seguito delle disposizioni da parte del Duca di Lorena, Carlo Leopoldo Nicola Sisto di Lorena (Vienna, 3 aprile 1643 – Wels, 18 aprile 1690) conosciuto anche come Carlo V di Lorena, la salma di Michele D'Aste venne trasportata con i dovuti onori militari a seguito il 14 settembre dello stesso anno presso la chiesa dell'Assunta a Buda, conosciuta anche come Chiesa d'Incoronamento di Budavar o più semplicemente come Chiesa di San Mattia ( Budavári Mátyás-templom ) ubicata in Szentharomsag ter nel primo distretto di Budapest, sulla Collina del Castello.
Nel 1936 in occasione del 250° anniversario della liberazione di Buda venne apposta sul lato absidale destro all'esterno della stessa Chiesa un'incisione marmorea bilingue (italiano ed ungherese) per ricordare il valoroso Michele D'Aste, barone d'Acerno “döntő rohamban Buda felszabadításáért az elsők között áldozta életét itt helyezték örök nyugalomra / … ferito a morte il 2 settembre 1686 mentre alla testa dei suoi granatieri superava primo le mura della fortezza di Buda ebbe sepoltura onorata in questo Tempio”.
La tematica relativa a questo excursus documentato, ricca di argomentazioni storiche, riguarda anche Reggio Calabria e l’Ungheria, due terre lontane unite virtualmente da un “ponte” che poggia sulle fondamenta della multiculturalità, che si chiama “Árpád”: un Centro studi attivo nella Città dello Stretto a far data dal 24 novembre del 2005, quando venne organizzato il convegno “Le milizie ungheresi e slave nella Calabria medievale”, sotto l’Alto Patronato dell’Ambasciata della Repubblica di Ungheria. (2)
Il Centro Studi italo-ungherese ““Árpád” è un laboratorio di ricerca, (che opera all’interno del Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria, presieduta da Gianni Aiello), che rivolge il suo sguardo all’Ungheria e alla sua storia, promuovendo una quantità notevole di appuntamenti ed altre attività di indirizzo (quali proposte di intitolazione di piazze e/o vie con la dicitura “martiri ungheresi del 1956”, a tal proposito sono stati organizzati alcuni convegni ed in tale occasione sono stati presenti a Reggio Calabria illustri figure sia culturali che istituzionali come l’Ambasciatore della Repubblica di Ungheria, Istvàn Kovàcks.
Il quale nel 2007 è ritornato a Reggio Calabria, per consegnare alla Città una pergamena di riconoscimento da parte del Presidente della Repubblica ungherese Laszlò Solyom, “per la sensibilità e l’impegno che Reggio Calabria rivolse al popolo ungherese.
Il Centro Studi italo-ungherese “Árpád” ha organizzato anche dei progetti multimediali ed altri lodevoli iniziative rivolte a consolidare le fondamenta del “ponte culturale” che dal “mare nostrum” che bagna Reggio Calabria si estende sulle rive del Danubio, rinnovando così l’amicizia che lega i due territori da oltre mille anni .
La lapide marmorea che si trova nella Chiesa di Mattia ricorda il sacrificio di un italiano che in data 2 settembre 1686 venne ferito a morte “mentre alla testa dei suoi granatieri superava primo le mura della fortezza di Buda”: si tratta di Michele d’Aste, barone d’Acerno.
Non si tratta dell’unico italiano che sacrificò la propria vita per liberare l’Ungheria dalla dominazione turca, ne tanto meno l’unico italiano a rimanere ferito o a partecipare a quella spedizione multinazionale.
Infatti vi sono altri nomi di italiani, forse meno famosi ma altrettanto importanti che combatterono per tale causa.
Storie fatte non solo da grandi condottieri ma anche da semplici soldati che furono presenti in quel preciso momento storico sul territorio magiaro e tra questi anche personaggi provenienti dal profondo sud della penisola italiana e, nello specifico dalla provincia di Reggio Calabria.
A tal proposito ci piace ricordare Paolo Carafa, dei principi di Roccella (Reggio Calabria), capitano di cavalleria, che si era battuto con successo con il suo reparto contro i turchi, durante l’assedio di Buda nel 1686 (3) , mentre Antonio Carafa del ramo dei baroni di Foroli, si era distinto nella liberazione di Vienna, assieme a Giovanni Sobieski, re della Polonia, dall'assedio dei turchi nel 1683.
Il nostro percorso continua con Bernardino Abenavoli, barone di Montebello (Reggio Calabria) che per sfuggire al carcere a causa di alcuni guai giudiziari, giunse nell’isola di Malta dove “... riuscì ad arruolarsi, sotto falso nome , nell’esercito dei Cavalieri di Malta e venne subito spedito in Ungheria a combattere contro i Turchi di Karà-Mustafà con grado di ufficiale.
In quel periodo Malta era impegnata, insieme alla Russia, alla Polonia, all’Austria e alla Repubblica di Venezia nella Lega Santa contro i Turchi e non gli fu difficile, dopo un breve periodo nell’esercito maltese, entrare a far parte delle milizie asburgiche col grado di capitano.
Dopo di allora molte furono le battaglie che dovette combattere, tanto da ricevere più volte riconoscimenti dai suoi superiori.
Fino a quell’ultima, che lo vide addirittura al seguito del duca Carlo V di Lorena, quando gli eserciti imperiali, appoggiati dai Polacchi, fecero il loro ingresso nella città di Buda, abbattendo il dominio turchesco, che si essa pesava da oltre un secolo e mezzo.
Ma fu proprio in quella città, mentre si aggirava tra le truppe che bivaccavano in attesa di rimettersi in marcia per nuove battaglie contro i Turchi, fu riconosciuto da quel tale Andrea Tripodi, che aveva assassinato suo padre e che poi era sparito, facendo perdere le sue tracce.” (4)
Ora indirizziamo il nostro sguardo alla figura di Gianfrancesco Gemelli Careri nato a Radicena nel Ducato di (oggi Taurianova) nel 1651. Compì gli studi a Napoli dove si laureò in giurisprudenza ed inseguito, completati gli studi, lavorò nella capitale del Regno.
Ma per una serie di cause dovute al tipo di lavoro, dovette lasciare Napoli ed il suo lavoro nel 1685, intraprendendo un viaggio sia in Europa (Francia, Spagna, Germania, Ungheria) e tale esperienza pubblicò "Relazione delle Campagne d'Ungheria" (1689) e "Viaggi in Europa" (1693) che nel resto dei paesi del globo terrestre che vanno da Occidente ad Oriente "Giro intorno al mondo" pubblicato a Napoli nel 1701 .
Dalla lettura dei "Viaggi in Europa", e del "Giro intorno al mondo" fuoriesce la figura dell'attento osservatore che descrive al lettore i luoghi, i suoi abitanti, gli usi e le tradizioni dei luoghi che Francesco Gemelli Careri ha visitato mentre da "Relazione delle Campagne d'Ungheria" è indirizzata alla letteratura relativa al "giornalismo da guerra", quindi emerge la figura dell'inviato di guerra che descrive dettagliatamente ciò che accadde.
Anche in questo caso Giovanni Francesco Gemelli Careri ha il merito di tramandare ai posteri queste importanti informazioni relative al territorio ed ai suoi vari aspetti, effettuando quindi un vero e proprio reportage giornalistico del periodo.
Le tre pubblicazioni sono legate tra di loro, infatti da "Giro intorno al mondo" risulta chiaro quali siano stati i motivi che indussero il Gemelli ad essere in Ungheria perchè “ ...«perseguitato», come scrive, da «un personaggio altolocato», decise di partire, alla fine del 1685, «per servire l’augustissima casa d’Austria»". (5)
Mentre in "Viaggi in Europa" : «Chi è curioso, ha bisogno certamente di gran sofferenza: io dal canto mio ne ho quanto basta per gia vedendo varie cose», scrive dalla capitale francese, da dove si reca prima a Londra, e poi ad Anversa, Amsterdam, Colonia per raggiungere infine Vienna il 14 luglio.
Da qui raggiunge l’Ungheria per prendere parte alla guerra contro i turchi.
Dal campo di Buda, «ultimo baluardo dell’Islam», stretta dall’assedio delle truppe di Leopoldo in cui si era arruolato, indirizzò numerose lettere nelle quali racconta «lo stato delle armi», l’andamento della guerra, la vita e i costumi di quei luoghi.
"La guerra" viene descritta come un qualcosa che viene deciso da pochi illustri capitani, ma è pagata da centinaia di migliaia di anonimi soldati.
Lo spettacolo dei cadaveri e di feriti ad ogni attacco a Buda è causa di pianto e tenerezza, aspetti questi che vengono descritti nel corso di tutta la campagna di guerra contro i Turchi.
Il Gemelli Careri ci tramanda un territorio magiaro pieno di descrizioni relative alle esperienze intellettuali e politiche ed il clima che si respirava nel suo tempo.
Lo troviamo per la prima volta a Pozsony dove ha modo di verificare che anche la gente più umile ha modo di comunicare nella lingua latina: questo lo meraviglio in modo favorevole, acquisendo così simpatia ed ammirazione verso gli ungheresi definendoli "magnifici", ne descrive il loro stato d'animo durante la battaglia dove emettono urla come fanno i Turchi ed in caso di vittoria portano infilzate su delle lance le teste dei nemici come dei trofei.
Della città di Esztergom ci tramanda delle case di paglia e fango e descrive anche la Cattedrale, in rovina, ma ne immagina lo splendore di un
tempo.
Giunge a Buda assediata, dove durante alcuni scontri viene ferito ad una gamba da parte di un Turco.
Descrive della stessa città ma anche di Pest in modo preciso ed attento i diversi accampamenti militari da dove i cannoni sparavano, come ad esempio da quello del Gonzales, dopo il Gemelli Careri ritorna nel suo alloggio, una barca ancorata sul Danubio.
Le descrizioni delle battaglie sono molto crude infatti ne descrive lo stato dei feriti, quello dei soldati morti durante gli scontri così come avviene durante l'ultimo e decisivo attacco che causò 3.500 morti tra gli assediati e 500 tra gli attaccanti, così come Gemelli Careri racconta, parlando anche delle migliaia di prigionieri e della loro sorte, dei cadaveri dei turchi gettati nel Danubio come quelli degli ebrei e la sepoltura in una fossa comune dei cristiani.
Il dramma della guerra è riportato anche in retroscena meno noti come i corpi nudi dei nemici che diventano cibo per i cani ed i corvi, ma anche di altre violenze: come quella subita da un soldato turco da parte di un tedesco il quale gli taglia i testicoli, insieme al grosso dito del piede (alluce) ed a quello della mano sinistra, insieme ad un pezzo di pelle della gamba.
Da questa scena Gemelli Careri pensa che possa essere un qualcosa che serva o per qualche atto propiziatorio o di stregoneria, quindi nel suo diario inserisce anche aspetti di antropologia.
Tutto viene raccontato nei minimi particolari come la città di Buda ridotta in macerie; una biblioteca i cui pregiati libri verranno trasportati a Vienna: egli ammette di non avere avuto modo di vederla, ma pensa che la stessa potrebbe riferirsi alla stessa di Mattia Corvino.
Ma l'Ungheria descritta non è solo quella della conquista di Buda o delle battaglie in cui egli è presente come quella nei pressi del fiume Drau (luglio 1687), di Siklós (12 agosto) , quando si unì al reggimento del principe di Lorena o quella di Mohács (nota anche come battaglia del monte Harsány o seconda battaglia di Mohács) del 12 agosto 1687.
MA la pianura danubiana è anche un territorio ricco di diverse risorse come quelle agricole,l’allevamento, le acque termali, quindi l’autore si spoglia delle vesti di cronista di guerra per indossare gli abiti di un moderno tour-operator.
Parla delle diverse sorgenti termali, ne descrive le caratteristiche ed i benefici che queste portano alla salute dell’uomo ma parla anche di acque «velenose» forse per l’attraversamento di zone minerarie, termali «ove son de’ fuochi sotterranei».
Descrive l’abbondanza di piantagioni di cereali, frumento e di grano, animali di allevamento e da macello e da cacciagione, che secondo le stime dello stesso autore potrebbe soddisfare le esigenze di tutti gli stati italiani del periodo.
A riguardo l’abbondanza della pesca parla degli storioni del Danubio, dei lucci del Tibisco e del prezzo molto basso visto l’enorme quantità e qualità degli stessi.
Infatti secondo le stime del Gemelli Careri “i castrati sono talmente rinomati che, oltre a quel che serve per il consumo interno del Regno di Ungheria, se ne esportano molti, fino a centomila all’anno, nell’Impero” .
Parla anche dell’ottima produzione vinicola come quelle delle Contee di Zalad, Giavarino e Pilsen, presso Buda, anche se osserva che « il più eccellente di tutti è il Tokay dal colore dell’oro» che per la sua qualità e valore economico è riservato alle tavole dei nobili.
Giovanni Francesco Gemelli Careri ritorna in Buda il 20 giugno del 1687 per rimanervi due giorni duranti i quali ha modo di descrivere, suo malgrado una città ancora in rovina, testimonianza è il luogo dove abitava il Governatore della città: una piccola camera di legno. Gemelli-Careri morì a Napoli nel 1725.