Il titolo della conferenza „I giganti di pietra” – come evidenzia Gianni Aiello in apertura – prende spunto dall'omonimo romanzo fantasy, di ispirazione lovecraftiana, dello scrittore statunitense Donald Wandrei che pone dei quesiti su probabili legami  di  Stonehenge con le statue nell'isola di Pasqua.
Tralasciando la trama letteraria, il quesito che è emerso nel corso della conversazione, organizzata dal Circolo Culturale „L’Agorà”, si è basato su quali potrebbero essere le attinenze che legano le varie testimonianze dell'enigmatica cultura megalitica, posta su un’ideale autostrada che collega diversi punti del globo terrestre.
Un immaginario tour che tocca diverse aree del Mediterraneo, del Mar Egeo, Mar Nero, giungendo poi in location lontane dai luoghi menzionati: Sardegna, Corsica, Bretagna, Calabria, Wiltshire, Marocco, Tunisia, Libano, Algeria, Russia, Bulgaria, Romania, isole Baleari, isola di Pasqua, sono alcuni delle zone dove sono ubicati straordinari reperti megalitici, testimonianze di antiche civiltà ancora avvolte nel mistero.
Di tale cultura si conosce ben poco, si hanno a disposizione le esperienze, frutto di pazienti ricerche, degli addetti ai lavori che vengono considerati come un fenomeno storico marginale.
Su tali strutture architettoniche, quali dolmen, menhir vi sono tanti interrogativi che celano il mistero di tali imponenti presenze: opere degli effetti metereologiche o opera di antiche civiltà celate sotto una coltre di nebbia?
Esse scorrono lungo una misteriosa rotta culturale che fu percorsa dai Popoli del Mare , conosciuti come i Pelasgi e delle cui testimonianze si hanno notizie nel mondo classico come nell’Iliade di Omero, nell’Odissea sono ubicati nell’isola di Creta, Erodoto in Tracia, Dionigi di Alicarnasso nel Peleponneso da dove emigrarono verso altri luoghi.
Venivano considerati come una popolazione preellenica della Grecia, quindi tra i primi abitanti di quei territori, come in Tessaglia, dove un luogo veniva conosciuto come Pelasgiotide, cioè, "terra dei Pelasgi".
I motivi della forte migrazione non sono certi, ma un dato certo è dato dalla consistente presenza delle strutture megalitiche ubicata nelle aree costiere, che dal Mare Nostrum si dirigono verso l’Egeo proseguendo la rotta verso il Mar Nero e toccando lidi ancor lontani, dove sono custoditi tali complessi architettonici che risultano, nonostante i vari studi, le scoperte, alquanto enigmatici, visto anche le varie ipotesi sulle origini di tali imponenti manufatti.

Tra le varie congetture quelle i luoghi costieri erano utilizzati come punto di passaggio e/o d’incontro di tale flusso di migrazioni sapiens, tra le quali, secondo alcune scuole di pensiero, quella dell’Uomo di Cro-Magnon, considerato come il propulsore del megalitismo.

E’ molto acceso il dibattito sulla direzione della corrente migratoria del megalitismo nel Mediterraneo: alcuni studiosi individuano l’origine del fenomeno nell’area orientale del bacino, mentre altri sostengono l’esatto opposto.
Secondo i maggiori studiosi del megalitismo, in entrambi i casi gli artefici del fenomeno sembrano avere a che fare con i mitici Popoli del Mare, individuati sulle nostre terre nei Pelasgi. Tali esempi architettonici sono sparsi in diversi luoghi del globo terrestre ed assumono diverse denominazioni, quali dolmen, nuraghi, menhir, cromlech.
Queste alcune delle cifre che sono state oggetto di analisi nell'apposita conversazione culturale alla quale ha partecipato in qualità di relatore Filippo Arillotta (docente di letteratura italiana e latino del Liceo Scientifico „Leonardo da Vinci”.
Nel corso della conversazione culturale sono state sottolineate le figure di Don Nuccio Santoro e quella del prof. Domenico Raso ritenute fondamentali e con i quali il Circolo Culturale „L’Agorà” ha svolto una proficua collaborazione e di stima interpersonale.
Ritornando alla conversazione culturale è interessante quanto è emerso nel corso della stessa come le provocazioni che sono scaturite nel corso delle varie analisi su tale tema indirizzate al quesito se queste strutture megalitiche sono il risultato dell’erosione prodotta dalle condizioni climatiche o per mano dell’uomo?
Il relatore prof. Filippo Arillotta ha analizzato i lavori dello studioso antropologo Domenico Raso che attraverso le sue ricerche sulla civiltà pelasgica ha dato un valido contributo su tale tema e sulle strutture magalitiche di Nardodipace, nei pressi di Serra San Bruno (Vibo Valentia), dove si insediarono a far data dal VII millennio a.C. alla metà del II millennio a.C..
Una scoperta archeologica che assume un’importanza fondamentale nel panorama della preistoria italiana poiché il sito, per via delle dimensioni eccezionali, per la stupefacente conservazione e per la sua apparente natura antropica, è stato accostato alle famose costruzioni megalitiche del Nord Europa.
La loro identità è stata via via svelata dagli apporti epigrafici di prescrittura pelasgica, ritrovati a Biblo, in Libia, in Toscana, a Glozel sul Massiccio Centrale della Francia, in Scandinavia e sulle coste atlantiche canadesi.
A tal proposito Filippo Arillotta a riguardo ai simbolismi rinvenuti (tra i quali quelli che ricordano un cervide) in quell’area e descritti nella pubblicazione “La Città della Porta” che secondo il prof. Raso si estendeva lungo l’asse tra il Piano di Cianu-Nardodipace nuova e Marina di Caulonia-Focà fa un riferimento con quanto effigiato nella monetazione della colonia di Kaulon, dove oltre alla figura di Apollo vi era quella di una cerva.
Altra provocazione, quella di Gianni Aiello, consistente nella somiglianza stilistica del “Re dei venti anni”, facente parte della raccolta Tolone che ricorda proprio nei tratti somatici le fattezze di quelle di Monti Prama (Oristano).
E c’è un filo conduttore tra la parte meridionale della Calabria e la Sardegna: la Città della Porta, Ianua (toponimo che con le sue derivazioni rimase in vigore fino al settecento) e proprio in lingua sarda porta si dice janna, ianna in sassarese o giana in campidanese cagliaritano, come afferma Gianuario Piga.

13 aprile 2018
la conferenza
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