E’ molto acceso il dibattito sulla direzione della corrente migratoria del megalitismo nel Mediterraneo: alcuni studiosi individuano l’origine del fenomeno nell’area orientale del bacino, mentre altri sostengono l’esatto opposto.
Secondo i maggiori studiosi del megalitismo, in entrambi i casi gli artefici del fenomeno sembrano avere a che fare con i mitici Popoli del Mare, individuati sulle nostre terre nei Pelasgi. Tali esempi architettonici sono sparsi in diversi luoghi del globo terrestre ed assumono diverse denominazioni, quali dolmen, nuraghi, menhir, cromlech.
Queste alcune delle cifre che sono state oggetto di analisi nell'apposita conversazione culturale alla quale ha partecipato in qualità di relatore Filippo Arillotta (docente di letteratura italiana e latino del Liceo Scientifico „Leonardo da Vinci”.
Nel corso della conversazione culturale sono state sottolineate le figure di Don Nuccio Santoro e quella del prof. Domenico Raso ritenute fondamentali e con i quali il Circolo Culturale „L’Agorà” ha svolto una proficua collaborazione e di stima interpersonale.
Ritornando alla conversazione culturale è interessante quanto è emerso nel corso della stessa come le provocazioni che sono scaturite nel corso delle varie analisi su tale tema indirizzate al quesito se queste strutture megalitiche sono il risultato dell’erosione prodotta dalle condizioni climatiche o per mano dell’uomo?
Il relatore prof. Filippo Arillotta ha analizzato i lavori dello studioso antropologo Domenico Raso che attraverso le sue ricerche sulla civiltà pelasgica ha dato un valido contributo su tale tema e sulle strutture magalitiche di Nardodipace, nei pressi di Serra San Bruno (Vibo Valentia), dove si insediarono a far data dal VII millennio a.C. alla metà del II millennio a.C..
Una scoperta archeologica che assume un’importanza fondamentale nel panorama della preistoria italiana poiché il sito, per via delle dimensioni eccezionali, per la stupefacente conservazione e per la sua apparente natura antropica, è stato accostato alle famose costruzioni megalitiche del Nord Europa.
La loro identità è stata via via svelata dagli apporti epigrafici di prescrittura pelasgica, ritrovati a Biblo, in Libia, in Toscana, a Glozel sul Massiccio Centrale della Francia, in Scandinavia e sulle coste atlantiche canadesi.
A tal proposito Filippo Arillotta a riguardo ai simbolismi rinvenuti (tra i quali quelli che ricordano un cervide) in quell’area e descritti nella pubblicazione “La Città della Porta” che secondo il prof. Raso si estendeva lungo l’asse tra il Piano di Cianu-Nardodipace nuova e Marina di Caulonia-Focà fa un riferimento con quanto effigiato nella monetazione della colonia di Kaulon, dove oltre alla figura di Apollo vi era quella di una cerva.
Altra provocazione, quella di Gianni Aiello, consistente nella somiglianza stilistica del “Re dei venti anni”, facente parte della raccolta Tolone che ricorda proprio nei tratti somatici le fattezze di quelle di Monti Prama (Oristano).
E c’è un filo conduttore tra la parte meridionale della Calabria e la Sardegna: la Città della Porta, Ianua (toponimo che con le sue derivazioni rimase in vigore fino al settecento) e proprio in lingua sarda porta si dice janna, ianna in sassarese o giana in campidanese cagliaritano, come afferma Gianuario Piga.