I lavori della giornata di studi in argomento sono stati coordinati da Antonio Megali, socio del sodalizio organizzatore, che ha tracciato brevemente il percorso sia del filosofo che dell’uomo Gramsci ed il tempo storico nel quale egli visse.
In questi ultimi mesi – esordisce Antonio Megali - sono stati pubblicati numerosi saggi che hanno riaperto la discussione su questo pensatore e politico del secolo scorso. Ma non trattano la sua vita e le sue opere-per altro già oggetto di numerose pubblicazioni-né la sua vicenda umana e la sua esperienza culturale. I nuovi libri basati su rigorose ricerche d’archivio, ritornano sulla storia, quantomeno ambigua, dell’emarginazione e del leader comunista da parte dei suoi compagni. Su questo ritorneremo più avanti. Di origine sarda nacque infatti ad Ales in provincia di Cagliari nel 1891, si trasferì a Torino quando vinse una borsa di studio alla facoltà di lettere. Abbandonò poi gli studi per dedicarsi alla militanza politica nel partito socialista. Vasti i suoi interessi: la storia, la funzione degli intellettuali italiani, il Risorgimento, la letteratura popolare, la filosofia di Croce e, naturalmente, il materialismo storico. Sul suo pensiero filosofico ricordiamo solo che per Del Noce ha un rilievo preminente, mentre per Chiaromonte è privo di un autentica originalità, assimilandolo ai seguaci dell’eclettismo marxista. Tra i fondatori del Partito Comunista Italiano egli diventò l’ideatore della cosiddetta rivoluzione finale che auspicava una lenta conquista della società prima che dello Stato. Dottrina che si contrapponeva alla rivoluzione preventiva portata avanti da Lenin. Queste sue visioni politiche applicate alla società lo fanno ritenere da molti il precursore dell’eurocomunismo. In poche parole il pensiero gramsciano predicava l’inquinamento della società e dello Stato borghese agendo dall’interno e minando le sue sovrastrutture culturali. Questa azione doveva essere esercitata anche sul mondo cattolico e sulla Chiesa in modo da rendere più facile il passaggio finale al comunismo, attraverso, come scrisse Del Noce:” La transizione della vecchia alla nuova Chiesa”.
Dopo la Rivoluzione Russa fonda nel 1919 “Ordine Nuovo” prima settimanale, poi quotidiano e infine quindicinale. Nel presentarlo Gramsci definisce il giornale palestra di discussioni e di ricerche intorno ai problemi della vita nazionale e internazionale. Suo scopo principale quello di creare nei consigli di fabbrica altrettanti nuclei rivoluzionari. Nel 1921 il gruppo ordinovista  fonda, per scissione del Partito Socialista, il Partito Comunista d’Italia. Seguono gli anni di attivista nell’Internazionale comunista a Mosca e Vienna per poi diventare segretario generale del partito nel 1924, quando fu anche eletto deputato. Nello stesso anno nasce”. Organo del Partito Comunista d’Italia l’Unità”. A volerlo fu in realtà il Comintern, e non Gramsci , come riporta l’Unità nel dopoguerra. Egli si limitò a indicarne il titolo e le linee generali. In una lettera ai compagni, scrisse che” il giornale dovrà essere redatto in modo che la sua dipendenza di fatto dal nostro partito non appaia troppo chiaramente. Dovrà essere un giornale di sinistra, della sinistra operaia, rimasta fedele al programma e alla tattica della lotta di classe, che pubblicherà gli atti e le discussioni del nostro patito, come farà possibilmente anche per gli atti e le discussioni degli anarchici, dei repubblicani, dei sindacalisti e dirà il suo giudizio con un tono disinteressato, come se avesse una posizione superiore alla lotta e si ponesse da un punto di vista scientifico”. Il fascismo intanto diventa Stato e tra i numerosi comunisti arrestati vi è anche Antonio Gramsci. Nel partito milita Il fratello Mario che diventa il primo segretario fascista di Varese. Antonio sconcertato, va a trovarlo e cerca di dissuaderlo dalla scelta, ma Mario non recede dalle sue convinzioni. Da quel momento i fratelli diventeranno due estranei. Nel 1928 fu condannato dal tribunale speciale a 20 anni di reclusione. Alla guida del partito subentrò Togliatti  che incominciò a disinteressarsi delle sorti del leader comunista, che a sua volta prese le distanze dal nuovo dirigente. Durante il processo Gramsci riceve una lettera di Ruggero Grieco, che considerandolo capo del partito, avvalorava le accuse a lui rivolte. IL giudice la commentò così :” Onorevole, lei ha degli amici che certamente desiderano che lei rimanga un pezzo in galera”. Gramsci s’infuriò, sapendo che erano in corso trattative per il suo rilascio e parlò di “atto scellerato” dietro il quale sospettò un complotto contro la sua persona. Qualche anno dopo confidò alla cognata che :” può darsi che chi scrive fosse solo irresponsabilmente stupido e qualche altro, meno stupido, lo abbia indotto a scrivere”. Il riferimento è a Togliatti. Nel1933 le condizioni di salute di Gramsci si aggravano. Il medico inviato dalla famiglia nel carcere i Turi parla di morbo di Pott, lesioni tubercolari al lobo superiore del polmone destro con emottisi, arteriosclerosi e ipertensione. Arriva in seguito all’intervento del fratello Carlo e della pressione della mobilitazione internazionale il permesso di trasferimento in una clinica a Fiesole. Solo nel 1935 può trasferirsi nella clinica Quisisana a Roma. Intanto la pena gli viene ridotta per amnistia e Gramsci incomincia a pensare, una volta ottenuta la libertà, a un ritorno in Sardegna e in questo senso scrive ai familiari di affittargli una stanza a Santulussurgiu. Ha 46 anni e pochi giorni lo separano dalla libertà dopo i lunghi anni passati in carcere. Ma, colpito da emorragia cerebrale, morirà il 27 aprile 1937. Sui giornali la notizia della morte viene data con un dispaccio di agenzia: ”Ѐ morto nella clinica privata Quisisana di Roma,  dove era ricoverato da molto tempo, l’ex deputato comunista Gramsci “. Sepolto al Verano, dal 1945 riposa nel cimitero degli inglesi. Nel dopoguerra fu promossa dal Partito comunista l’esistenza di una continuità di idee tra Gramsci e Togliatti. Ma a gestire l’operazione fu lo stesso Togliatti che per rendere compatibili le sue idee con Gramsci, pubblicò i Quaderni del carcere e Lettere dal carcere, ma censurando le opere della parti che potevano mettere in luce i dissidi con i suoi compagni.
Forse fu un uomo sconfitto, come lo definisce un saggio a lui dedicato, ma di certo resta uno scrittore originale, di straordinaria forza morale e  una figura di primo piano del suo partito.
Ha preso quindi la parola il Prof. Gianfranco Cordì, Dottore di Ricerca in “Pensiero Politico e Istituzioni nelle Società Mediterranee” presso l’Università degli Studi di Catania e autore del saggio “Bentornata Realtà” (pubblicato dalla rivista accademica “Bloom” della Università “Federico II” di Napoli) dal quale Maurizio Ferraris (il massimo filosofo italiano padre del “New Realism”) ha tratto il titolo del suo ultimo libro edito da Einaudi con i contributi di Umberto Eco, John Searle, Hilary Putnam e Massimo Recalcati. Cordì è anche presente all’interno del “Labont” di Torino: Laboratorio di Ontologia fra i più prestigiosi del panorama universitario europeo. Gianfranco Cordì ha subito affermato di voler mettere nero su bianco, principalmente, gli assunti di base della filosofia di Karl Marx.
Solo partendo da questi dati di fatto, infatti, a giudizio del giovane studioso reggino si potranno pienamente cogliere le differenze apportate da Antonio Gramsci rispetto al marxismo e quindi al marxismo-leninismo e più in generale alla filosofia idealistica e razionalistica. Cordì ha introdotto così il concetto “capitale” (è proprio il caso di dirlo, se parliamo di Karl Marx) della differenza tra “struttura” e “sovrastruttura” introdotto dal filosofo di Treviri nelle sue opere. Per Marx “struttura” è solamente il mondo economico. Il teorico del Materialismo Storico si riferisce, con questa nozione, al complesso delle attività umane considerando sempre gli esseri viventi come inseriti in una determinata società.
Essendo il “mondo economico” la struttura abbiamo a che fare, ha detto Cordì, con un complesso di iniziative e riferimenti che fanno capo ai “bisogni” dell’uomo. Infatti: l’economia interviene a risolvere ed appagare quelli che sono i bisogni di base, le manchevolezze, le cose da coprire che l’essere umano reca con se. Bisogni come dormire, avete un tetto sotto cui stare, mangiare e bere, ripararsi dal freddo, sono tutti “appagati” dalla sfera economica- che nasce appunto a questo scopo. “Sovrastruttura”, invece, è tutto quanto il resto per Marx. E quindi: la società, lo Stato, la Giustizia, la Cultura.
La “struttura” è principale; poi viene la “sovrastruttura” che coglie altri aspetti (sia pure secondari rispetto ai bisogni ed all’economia, della vita dell’uomo). E’ qui che si inserisce la riflessione di Antonio Gramsci. Il filosofo ed uomo politico italiano (nato ad Ales in Sardegna nel 1891 e morto a Roma nel 1937), infatti, ha apportato una modifica abbastanza sostanziale al dettato marxiano.
In questo senso egli ha “continuato” la filosofia del Materialismo Storico (da egli chiamata – nei “Quaderni dal Carcere” – per evitare i diktat della censura fascista: “filosofia della praxis”) ma la ha anche portata più avanti in direzione della prima compiuta riflessione del cosidetto “Comunismo Italiano”.
Gramsci infatti sa benissimo che dalla riflessione di Hegel si dipartono la linea “destra” (hegeliana, appunto) e la linea “sinistra”( anch’essa: hegeliana). E sa che la riflessione di Marx è portata avanti da Lenin nel senso di quello che, appunto, verrà chiamato il “marxismo-leninismo”.
Ma Gramsci non si apparenta affatto alla linea della sinistra hegeliana (ed a Lenin). Ovvero: certamente fa parte dei “continuatori” del pensiero di Marx, ma con questa “mossa” – che stiamo per dire – riesce a proseguire il pensiero del filosofo del “Capitale” in un senso originale ed autonomo.
In sostanza, Gramsci accanto al momento strutturale pone anche il momento sovrastrutturale. Si tratta di una “mossa” davvero radicale, all’interno del marxismo. Adesso: non “solo” l’economia è struttura; lo è anche – allo stesso titolo - la sfera culturale.
Marx aveva scritto “Da ciascuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo i propri bisogni”. Questo avrebbe dovuto essere il comunismo. Privilegiando l’economia, Marx aveva privilegiato i “bisogni” a scapito – per un attimo – delle capacità.
Gramsci pone bisogni e capacità sullo stesso piano. Entrambi adesso sono “fondamentali” e principali e prioritari. Cordì a questo punto ha fatto un esempio. Per Marx la considerazione dell’uomo è quella di un essere comunque destinato prima di tutto a sopravvivere.
A darsi da fare per la sopravvivenza. Perché in se stesso – per Marx – l’uomo è incompleto, manca di qualcosa, ha necessità di “trovare” qualcosa per stare al mondo. Da qui il privilegia mento dei “bisogni” e quindi dell’ “economia” come sfera strutturale. Per Gramsci invece l’uomo “tende” verso qualcosa: ha delle “capacità” al pari dei “bisogni”.
Ha delle “attitudini” che lo portano a voler realizzare un mondo migliore, di civiltà, di bellezza, di verità. Marx sa benissimo che l’uomo ha anche “capacità” – lo ha scritto a chiare lettere come abbiamo visto – ha detto Cordì.
Ma privilegia la sfera dei “bisogni”. In sostanza egli dice: è vero, l’uomo ha capacità e bisogni, ma è più fondamentale che egli soddisfi i propri bisogni. Per Gramsci no: l’uomo ha capacità e bisogni e deve soddisfarli entrambi allo stesso modo. Il filosofo sardo, insomma, equipara allo stesso livello manchevolezze e aspirazioni umane.
L’uomo è sia manchevole che aperto all’emancipazione. Pone maggiormente l’accento sulla sfera delle “capacità” rispetto a Marx. Quindi l’uomo per Marx, appunto, è animale. Egli sa benissimo che l’essere umano è “animale razionale”. Ma privilegia in fondo la sfera dell’animalità, e quindi dei bisogni. Per Gramsci l’uomo è pienamente “animale razionale”.
Se in riferimento filosofico di Marx è necessariamente Hegel a questo punto quello di Gramsci è Kant, ha affermato Cordì. Ecco lo spostamento del marxismo operato dall’uomo politico sardo – fondatore nel 1921 a Livorno del Partito Comunista d’Italia.
Lo spostamento dei riferimenti: da Hegel a Kant. Il marxismo italiano si delinea così – dalla riflessione dei “Quaderni dal carcere” – come “critico”. E quella di Gramsci è una sorta di Quarta Critica: “La Critica della Ragione Antropologica”. Gramsci inaugura così il cosiddetto marxismo criticista italiano o criticismo marxista.
La linea italiana della riflessione di Marx tende ad equiparare il momento strutturale e il momento sovrastrutturale sullo stesso piano. In definitiva ciò vuol dire privilegiare l’educazione e la cultura sullo stesso livello dell’economia e dei bisogni dell’uomo.
E’ come se Gramsci ci dicesse – tagliando un poco con l’accetta i concetti, ma solo per fare capire – ha detto Cordì: l’uomo vuole sia fare soldi (per appagar i propri bisogni) ma anche leggere un libro di avventure. L’uomo vuole sia soddisfarsi di bisogni materiali ma anche ammirare un quadro di Guttuso o restare dieci minuti a guardare senza dire niente, un bel tramonto. Vuole queste cose alla stessa maniera.
Per Gramsci non solo l’uomo è materia e spirito, ma queste due cose insistono allo stesso modo sulla sua stessa vita. Per Marx l’uomo è ancora una volta materia e spirito ma la materia tende a prevalere.
Ecco perché quello di Marx è pienamente un Materialismo (che sappiamo essere peraltro: Storico) e quello di Gramsci è un criticismo “organico”. Un dualismo risolto in un continuum. “Organico” come l’intellettuale teorizzato dal filosofo di Ales. L’intellettuale che deve rispondere alle esigenze del “popolo” e nello stesso tempo deve fare parte dei quadri del Partito.
Tutto è organico in Gramsci: materia, spirito, Partito, masse… Cordì ha poi introdotto l’altro punto di novità e di distanza di Gramsci rispetto al marxismo. Si tratta della questione relativa alla Rivoluzione di Ottobre di Lenin.
E’ stato detto che il comunismo andava ad applicarsi in un luogo nel quale non c’erano le condizioni previste da Marx per l’avvento del comunismo stesso. Ad esempio: in Russia non c’era certamente nel 1917 nessuna forma di capitalismo. In questo caso Marx stesso si sarebbe arreso.
Tutta la sua riflessione (Rivoluzione -avvento della fase di transizione - e quindi del comunismo) poteva essere “applicata” solo se ci fossero state le “condizioni” che egli stesso aveva fissato per il suo discorso.
Ovvero: la società divisa in classi, le condizioni di sfruttamento, il proletariato oppresso, il capitalismo oppressore, ecc.). Nel Caso della Russia era mancato tutto quanto questo. Eppure la Rivoluzione c’era stata. E Lenin aveva applicato lo stesso le dottrine di Marx. A questo punto Gramsci che dice? Semplicemente: egli afferma: L’iniziativa rivoluzionaria può avvenire anche saltando le fasi necessariamente previste come necessarie dal marxismo. Ovvero: la Rivoluzione può avvenire pur non essendo gradualista. Ovvero il marxismo va bene comunque – ha semplificato Cordì – anche al di là del rispetto o meno delle condizioni nelle quali potrà essere applicato.
Cordì ha fatto a questo punto una riflessione più generale. Che Rivoluzione fu dunque quella Russa se mancavano le condizioni per applicare il marxismo? E che marxismo poteva essere applicato in una Realtà che non era ancora tipicamente “pronta” per poter essere cambiata dal marxismo? Chi aveva ragione Gramsci oppure i gradualisti? Il marxismo ufficiale, questa volta, fu con Gramsci.
Le critiche gradualiste vennero da alcuni intellettuali per così dire “fedeli alla linea”: strettamente aderenti al dettato del filosofo di Treviri. Bisognerebbe- in un caso come questo – ha concluso Cordì, in definitiva chiedersi: perché a giudizio di Gramsci la Rivoluzione può essere effettuata anche quando non sussistono le condizioni analizzate da Marx? Il finale della relazione di Gianfranco Cordì è servito solo a introdurre velocemente gli altri , notissimi, temi della riflessione gramsciana.
L’intellettuale organico, l’egemonia, l’estetica e la critica letteraria, il concetto di “nazional popolare” e la famigerata “questione meridionale”. A Conclusione dell’intervento del giovane studioso reggino (noto al pubblico italiano anche per avere scritto e pubblicato su “Economia & Management” della Rizzoli il saggio “Globalizzazione e politica”) hanno fatto seguito gli interventi dei presenti all’iniziativa organizzata da “L’Agorà”.

ShinyStat
23 novembre 2013
la manifestazione

N. MATTEUCCI, Antonio Gramsci e la filosofia della prassi, Giuffrè 1951;
B. Santhià, Con Gramsci all'Ordine Nuovo, Roma, Editori Riuniti, 1956;
P.P. PASOLINI, Le ceneri di Gramsci, Garzanti, 1957;
“Studi gramsciani”, atti del Convegno tenuto a Roma nei giorni 11-13 gennaio 1958, a cura dell’Istituto Antonio Gramsci, Editori Riuniti, Rome 1958;
E. GARIN, Gramsci nella cultura italiana, in La filosofia come sapere storico, Laterza, 1959;
La Città futura. Saggi sulla figura e il pensiero di Antonio Gramsci. a cura di A. CARRACCIOLO e G. SCALIA, Feltrinelli, 1959;
R. MONDOLFO, Da Ardigò a Gramsci, Nuova Accademia, 1962;
G.TAMBURRANO, Gramsci: la vita, il pensiero e l'azione, Lacaita, 1963;
G. FIORI, Vita di Antonio Gramsci, Laterza, 1966;
A.R. BUZZI, La théorie politique d'Antonio Gramsci, Parigi-Lovanio, 1967; 
J. CAMMETT, Antonio Gramsci and the origins of Italian communism, Stanford University Press, 1967; 
Prassi rivoluzionaria e storicismo in Gramsci. Quaderno no. 3 di Critica marxista, 1967;
P. TOGLIATTI, Gramsci, a cura di E. Ragionieri, Editore Riuniti, 1967; 
G. GALASSO, Croce, Gramsci e altri storici, Feltrinelli, 1967;
Gramsci e la cultura contemporanea. Atti del convegno internazionale di studi gramsciani tenuto a Cagliari il 23-27 aprile 1967. A cura di Pietro Rossi. Editori Riuniti,1969;
M.A. MANACORDA, Il principio educativo in Gramsci. Americanismo e conformismo, Ed. Riuniti, 1970;
A. PAGGI, Antonio Gramsci e il moderno principe, Editore Riuniti, 1970;
AA.VV., Gramsci e la cultura contemporanea (Atti del Convegno internazionale di studi gramsciani, Cagliari, aprile 1967), 2 voll., Editore Riuniti, 1967-70; 
H. PORTELLI, Gramsci et le bloc historique, Parigi, 1972; 
M.L. SALVADORI, Gramsci e il problema storico della democrazia, Einaudi, 1972; 
L.GRUPPI, Il concetto di egemonia in Gramsci, Editori Riuniti, 1972;
G. D. BONINO, Gramsci e il teatro, Einaudi, 1972;
A. CARANNANTE, Antonio Gramsci e i problemi della lingua italiana, in "Belfagor", 30 settembre 1973;
P. TOGLIATTI, La formazione del gruppo dirigente del Partito comunista italiano nel 1923-1924, Editori Riuniti, 1974;
E. GARIN, Intellettuali italiani del XX secolo, Ed. Riuniti, 1974; 
Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di V. GERRATANA, Einaudi, 1975;
N. BADALONI, Il marxismo di Gramsci. Dal mito alla ricomposizione politica, Einaudi, 1975; 
Ch. Buci-Glucksmann, Gramsci et l'Etat, Parigi 1975; 
G.C. JOCTEAU, Leggere Gramsci: Guida alle interpretazioni, Feltrinelli, 1975; 
A. M. CIRESE, Intellettuali, folklore, istinto di classe, Einaudi, 1976;
P. ANDERSON, The Antinomies of Antonio Gramsci, in New Left Review, 100 (1977), pp. 5-78; 
G. BERGAMI, Il giovane Gramsci e il marxismo (1911-1918), Feltrinelli, 1977; 
P. SPRIANO, Gramsci e Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere, Einaudi, 1977; 
A. LEPRE, Gramsci secondo Gramsci, Liguori, 1978; 
AA.VV., Politica e storia in Gramsci (Atti del Convegno internazionale di studi gramsciani, Firenze, 9-11 dicembre 1977),  a cura di F. FERRI, 2 vol., Editori Riuniti-Istituto Gramsci 1977-1979;
A. DEL NOCE, Il suicidio della rivoluzione, Feltrinelli, 1978; 
F. LO PIPARO, Lingua, intellettuali, egemonia in Gramsci, Laterza, 1979; 
W.L. ADAMSON, Hegemony and Revolution: A study of Antonio Gramsci's political and cultural theory, Berkeley,1980; 
A. SHOWSTACK SASSOON, Gramsci's politics, Croom Helm, 1980; 
J.V. FEMIA, Gramsci's political thought; hegemony, consciousness and the revolutionary process, Oxford, 1981; 
G. FRANCIONI, L’officina gramsciana. Ipotesi sulla struttura dei «Quaderni dal carcere», Bibliopolis, 1984;
L. PAGGI, Le strategie del potere in Gramsci. Tra fascismo e socialismo in un solo paese. 1923-1926, Editori Riuniti 1984;
AA.VV., Letture di Gramsci, a cura di A. SANTUCCI, Editore Riuniti, 1986;
M.A. FINOCCHIARO, Gramsci and the history of dialectical thought, Columbia University Press,1988; 
G. FIORI,Vita di Antonio Gramsci, Laterza, 1989;
N. BOBBIO, Saggi su Gramsci, Milano, Feltrinelli, 1990 ;
G. FIORI, Gramsci Togliatti Stalin, Laterza, 1991;
G. VACCA, Gramsci e Togliatti, Editori Riuniti, 1991;
E. HOBSBAWM, Gramsci in Europa e in America, Laterza, 1995;
M. MARTELLI, Gramsci filosofo della politica, Unicopli, 1996;
E. CARIN, Con Gramsci, Editori Riuniti, 1997;
D. LOSURDO, Antonio Gramsci. Dal liberalismo al comunismo critico, Gamberetti editrice, 1997;
V. GERRATANA, Gramsci. Problemi di metodo, Editori Riuniti, 1997;
G. BARATTA, Le Rose e i Quaderni. Saggio sul pensiero di A. Gramsci, Gamberetti Ed., 2000;
P. TOGLIATTI, Scritti su Gramsci, Editori Riuniti, 2001;
A. SANTUCCI, Antonio Gramsci. 1891-1937, Sellerio, 2005;
I. CHAMBERS, Esercizi di potere. Gramsci, Said e il postcoloniale, Meltemi editore, 2006;
A.ROSSI – G.VACCA , Gramsci tra Mussolini e Stalin, , Fazi editore, 2007;
F. DUBLA, M. GIUSTO (a cura), Il Gramsci di Turi - Testimonianze dal carcere, Chimienti editore, 2008;
G. BARATA, Antonio Gramsci in contrappunto. Dialoghi col presente, Carocci, 2008;
G. LIGUORI e P.VOZA (a cura di), Dizionario Gramsciano 1926-1937, Carocci, 2009;
A. ROSSI, Gramsci da eretico a icona. Storia di un "cazzotto nell'occhio", Guida editore, 2010;
G. PASTORE, Antonio Gramsci. Questione sociale e questione sociologica, Belforte, 2011;
G. ANGIONI, Gramsci e il folklore come cosa seria, in Fare, dire, sentire. L'identico e il diverso nelle culture, Il Maestrale, 2011;
R. MORDENTI, Gramsci e la rivoluzione necessaria, Editori Riuniti,2011;
M. FILIPPINNI, Gramsci globale. Guida pratica agli usi di Gramsci nel mondo, Odoya, 2011;
F. CASULA, Matteu Porru, Gramsci, Alfa editrice, 2006;
F. CASULA, Gramsci in Uomini e donne di Sardegna, Alfa Editrice, 2010, pagg.146-167 ;
F. CASULA, Letteratura e civiltà della Sardegna, vol.I, Grafica del Parteolla editore, 2011;
A. CARANNANTE, Sull'uso di 'galantuomo' in Gramsci, in "Studi novecenteschi", 2013.