La parola “filosofia” deriva dal greco φιλοσοφία, composto di φιλεῖν (filèin), "amare", e σοφία (sofìa), "sapienza" e letteralmente vuole dire “amore del sapere”.
In definitiva: aver cura, badare, tenere in conto la “conoscenza”.
In questo senso generalissimo chiunque (filosofo e non) abbia cura della conoscenza può definirsi rappresentante di questa disciplina.
Il punto è che questo “aver cura” si preannuncia come una serie di domande, domande che non necessariamente devono portare con se una risposta. Domandare dunque a quale fine? Al fine di creare un “concetto”.
Filosofia, dicono Deleuze e Guattari, è “l’arte di creare i concetti”.
Ecco che la “filosofia” diventa una “macchina” per teorizzare, per astrarre, per universalizzare.
Ciononostante questa disciplina ha fortissimi contatti con la realtà.
Un concetto che non abbia attinenza con la concretezza non è un concetto ma è una fantasticheria.
In questo senso, con Marx, la filosofia diventa “scienza che deve cambiare il mondo”.
Per arrivare ai giorni nostri durante i quali questa disciplina si fa “espressione” del mondo e della realtà.
Modo di “interpretare” le correnti alterne della storia.