Giunge al quinto incontro il progetto culturale “Il centenario della grande guerra” organizzato dal Circolo Culturale “L'Agorà” e, nel corso del quale è stato presentato il volume "Il Corriere di Calabria e l'opinione pubblica reggina nella grande guerra (1914-1918)", pubblicazione edita per la Città del Sole Edizioni.
Tale saggio fu la tesi di laurea in Lettere Classiche che venne discussa all'Università di Messina nel 1967 ed essa rappresenta un accurato reportage della storia parallela di quel quotidiano e di come in quella Reggio si viveva il clima del I° conflitto mondiale.
A tal proposito si evidenzia quanto apparve nelle pagine del Corriere di Calabria del 14-15 maggio del 1915 che riportano le aggressioni che la redazione reggina ebbe a subire. (1)
Le opinioni e le impressioni dell’opinione pubblica reggina vengono qui analizzate attraverso quello che era allora l’unico strumento d’informazione regionale.
Tale quotidiano oltre a riportare le notizie relative agli aspetti prettamente bellici delle varie operazioni militari, si interessò anche della politica interna italiana di quel periodo, di quella internazionale, ad esempio le vicende relative al Patto di Londra, alla questione del Medio Oriente, la questione dei Dardanelli, od anche un articolo che venne pubblicato nelle edizioni del 23-24 aprile del 1915 relativo alla geopolitica di quel periodo o alle varie azioni diplomatiche pubblicate il 28-29 aprile dello stesso anno.
Ma oltre a tali episodi, se ne riportano anche altri di diversa natura, come quelli inerenti all'analisi economica degli Imperi Centrali: […] Quale sia la situazione finanziaria attuale dell'Austria-Ungheria è assai difficile dire. Mancano notizie complete, ma vi sono però alcuni sintomi che rivelano come sia giunta alla fine di ogni risorsa. Nonostante gli ultimi successi sul fronte Galiziano, la fiducia del pubblico è completamente svanita. Il prestito di guerra, da lungo tempo aperto, ha finora fruttato 2.800 milioni in Austria e un miliardo in Ungheria. Nel complesso, le somme sottoscritte rimangono notevolmente inferiori a quelle richieste dal Governo. E si noti che moltissimi s sono stati obbligati a sottoscrivere mediante mezzi coercitivi. Secondo i calcoli del Ministero della Guerra, il denaro raccolto sarebbe sufficiente a continuare la guerra per altri quattro mesi. Nessuno però crede possibile che, scaduto il termine, il Governo possa nuovamente ricorrere al credito pubblico. Appare anche impossibile che l'Austria-Ungheria voglia ricorrere … ad ulteriori emissioni di carta moneta, mezzo questo di cui ha enormemente abusato … La Germania cerca di prestare aiuto alla sua alleata , ma tale aiuto non sembra portare efficace ristoro. Si ha oggi notizia che l’Austria stia trattando prestiti con le banche tedesche per un ammontare di 625 milioni che fornirà la Germania, non possono coprire neanche un mese di guerra. Questi fatti dimostrano come l’Austria abbia ormai sfruttato tutte le risorse finanziarie di cui disponeva ,,, Al momento attuale molti già credono, e non a torto, che l’Austria si trovi in istato di bancarotta … Solo con l’aiuto della Germania essa può continuare nella lotta intrapresa, ma è assai probabile che … neanche le sue risorse saranno sufficienti. Per quanto riguarda la Germania le notizie sono più caute in fatto di bancarotta, ma sono presentate sempre come poco confortanti per l’economia tedesca. Arriva la notizia dalla Germania che in questi giorni una lunga rappresentanza dei più grossi banchieri dell’Impero abbia sollecitato ed ottenuto uno speciale udienza dall’Imperatore Guglielmo. I banchieri hanno esposto i pericoli cui la Germania andrebbe incontro qualora la guerra si prolungasse più oltre, non essendo più la pubblica economia in grado di far fronte alle spaventevoli spese di ogni giorno I banchieri affermarono altresì la quasi impossibilità di affrontare un’altra campagna invernale, e che solo la fine della guerra ed una adeguata indennità potrebbe salvare la Germania, il Kaiser, vivamente impressionato dall’esposizione che avrebbe assunto il tono dell’ultimatum, congedò i banchieri assicurandoli che la guerra non sarebbe durata più oltre del mese di ottobre. […] (2)
Le notizie vennero pubblicate il 12 luglio del 1915 a riguardo la situazione finanziaria autro-ungarica ed il 16 luglio dello stesso anno a riguardo quella relativa alla situazione tedesca dove il Kaiser Guglielmo affermava che la guerra si sarebbe protratta entro il mese di ottobre del 1915, mentre i dati storici sono ben altri: la guerra invece si concluse con la firma dell’armistizio di Compiègne tra la Francia e la Germania che venne firmato in data 11 novembre del 1918, ponendo così fine a quel “grande massacro” che causò durante i quattro anni e tre mesi di aspri combattimenti causò oltre 9 milioni di vittime tra i soldati e circa 7 milioni di vittime civili dovute non solo agli effetti diretti delle operazioni di guerra, ma anche alla carestia e alle malattie concomitanti. causò oltre 9 milioni di vittime tra i soldati e circa 7 milioni di vittime civili dovute non solo agli effetti diretti delle operazioni di guerra, ma anche alla carestia e alle malattie concomitanti.
Va da sé che i vari quotidiani del periodo ebbero a navigare lungo le rotte poste tra propaganda e censura che venivano loro indirizzate da parte delle autorità sia civili, militari ed anche religiose di ogni nazione belligerante, allo scopo di alleggerire le tensioni che potevano in ogni qual modo urtare da una parte la sensibilità dell’opinione pubblica nei confronti di ciò che avveniva lungo i luoghi di combattimenti e dall’altra quella dei militari impegnati nei combattimenti.
Lungo queste coordinate si è svolta la discussione organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” che fa parte del programma quadriennale 2014-2018 denominato “Il centenario della grande guerra” che per l’alto significato e la valenza dei contenuti di tale palinsesto ha ricevuto l’Alto Patrocinio dell’Ambasciata d’Austria, di Ungheria e della Repubblica Ceca e della Repubblica Slovacca.
Ha preso la parola il Presidente del sodalizio organizzatore Gianni Aiello che nel corso del suo intervento ha evidenziato che “ci sono delle storie che vale la pena di raccontarle, di essere raccontate, in modo che queste lascino delle tracce nella memoria collettiva”.
Micro e macro storie che si inseguono, nonostante lo scorrere del tempo, e che per una serie di circostanze si ripetono.
Il tema di oggi racchiude un po' tutto questo, in esso è inserito uno spaccato di storia del nostro territorio, della nostra città, analizzata da un allora giovane studente universitario che discusse questo argomento nella sua tesi di laurea.
Come dice Domenico Nunnari – questo libro riscrive la storia parallela di un giornale e della sua città, in un periodo tra i più tormentati della storia – io mi permetto di aggiungere – dice Gianni Aiello - anche della storia di Reggio: parallelismi che a distanza di un secolo si rinnovano. (3)
Quell'analisi mette in luce i disastri naturali che il territorio ebbe a subire, oggi vi sono altre calamità di ben altra origine.
E fra queste e quelle situazioni vi sono anche altri parallelismi
a) Il “Corriere di Calabria” – come continua nella sua prefazione Domenico Nunnari – “al quale si riconosce di essere nato per formare la coscienza civile dei calabresi ed aiutarli ad individuare ed a capire quali erano i loro problemi” e quel giornale “per molti aspetti si trovò sullo stesso percorso dei suoi lettori e della gente della sua città”. [ … Il Corriere di Calabria nasceva a Reggio Calabria il 15 settembre del 1914 è fu il primo giornale quotidiano di tutta la regione. … Il 31 dicembre 1924, quando l'Italia era ancora esacerbata dall'assassinio di Giacomo Matteotti, il Corriere pubblicò, con un punto interrogativo, che Mussolini si era dimesso. Questa notizia, che diede manifestazioni di giubilo nella nostra città, decretava, purtroppo, la fine del giornale. Il 27 maggio del 1927 il Corriere, ancora l'unico quotidiano esistente nella regione calabra, ricevette da Roma l'atto di morte. Il regime fascista aveva così voluto mettere a tacere anche la modesta ma libera voce di un giornale di provincia, perché veniva considerato nelle alte gerarchie “ortodossamente liberale”. ] (4)
b) Quanto sopra menzionato – prosegue Gianni Aiello - nelle note di Nunnari, rappresenta una sorta di filo che si collega ad altre vicende recenti di un'altra testata giornalista quella de “L'Ora di Calabria” alla quale il Circolo Culturale “L'Agorà” rappresenta ed ha rappresentato la sua solidarietà.
RITORNANDO e concludo al tema di oggi, esso offre uno spaccato di quella città di cento anni addietro, di una città, di quella città composta da gente comune, di quel proletariato che era fortemente contrario al “grande massacro” della grande guerra, e naturalmente quella cronaca ci è stata tramandata sia da quel quotidiano sia da quella tesi di laurea, il cui autore ebbe il merito di ampliarla con delle interviste a delle persone anziane, arricchendo così quel lavoro con altre testimonianze.
QUINDI micro e macro storie che si intrecciano, incrementando così la memoria storica collettiva del territorio.
La parola è passata a Giuseppe Falcomatà il quale ha evidenziato che il libro si inserisce nel percorso avviato dalla Fondazione “Italo Falcomatà” volto a far conoscere alle nuove generazioni, oltre alla figura politica di Italo, anche il saggista al fine di custodirne il ricordo e seguirne l'esempio per il futuro.
“Il Corriere di Calabria e l'opinione pubblica reggina nella grande guerra”, infatti, è il primo volume della collana “Scripta et verba”, curata dalla casa editrice “Città del Sole”, che annovera altri due scritti simbolo della formazione universitaria e dell'impegno di docente di Italo il quale – prosegue il figlio Giuseppe Falcomatà – da meridionalista, analizza momenti chiave della storia regionale e cittadina. Il volume in oggetti, che altro non è la tesi di laurea di Italo Falcomatà affronta un'epoca tra il 1914 e il 1918, tra le più travagliate della storia italiana.
Quel periodo cioè, che va dai ministeri di Giolitti alla sciagura del fascismo.
La tesa analizza i primi quattro anni di vita del quotidiano fondato e diretto da Orazio Cipriani senior, giornalista democratico e liberale, originario di Nicotera e trasferitosi fin da giovanissimo a Reggio Calabria.
Lo stesso relatore, il prof. Alberto Monticone, storico e politico illustre, loda l'elaborato del suo studente definendolo “eccezionale e condotto con rigore filologico e metodo critico”. Gli fa eco il prof. Gaetano Cingari che, da correlatore, dichiarò che si trattava di una tesi “difronte alla quale non si può che decantarne le lodi”.
Si diceva che la tesi analizza i primi quattro anni di vita del quotidiano calabrese e, in particolare, il cambiamento graduale di opinione sulla guerra: da un'iniziale posizione di neutralità ad un appoggio incondizionato alla scelta interventista.
Tramontata presto l'ipotesi della guerra breve, infatti, i giornali si trovarono (forse per la prima volta) a influire concretamente sulla formazione dell'opinione pubblica e ad assumere un ruolo determinante anche nelle scelte che avrebbero poi fatto i governi.
Falcomatà, oltre ad un'attenta e scrupolosa lettura delle pagine del Corriere, nel suo elaborato, intervistò semplici cittadini e persone che successivamente avrebbero ricoperto ruoli politici importanti in città e lo fece per un motivo ben preciso.
L'interesse maggiore dello studio, – prosegue Giuseppe Falcomata – infatti, fu quello di documentare accuratamente e di passare in rassegna un periodo della storia di Reggio, conosciuto fino a quel momento quasi esclusivamente attraverso i rapporti dei vari prefetti che si erano succeduti in città.
L'elaborato, giunge a una conclusione chiara e netta: l'atteggiamento dei calabresi, che molti avevano etichettato come semplice “insensibilità” al conflitto bellico, era al contrario una posizione di totale “ostilità”.
Falcomatà definisce, infatti, quei comportamenti come “la prima forma di silenziosa protesta nei confronti di chi tanto aveva vociato e operato perché l'Italia si trovasse in quella situazione”, precisando tuttavia “l'impegno onesto e coraggioso di un umile popolo” quello della nostra città.
Viceversa, osserva con amarezza Falcomatà, quando in futuro qualcuno avrebbe dovuto ricordarsi di quell'impegno, se ne dimenticò: “né valsero a ricordare questo popolo, lo squallore desolante in cui esso era costretto a vivere, né l'alto indice di analfabeti, di emigranti, di rachitici, di tisici”.
Quel giornale, “Il Corriere di Calabria”, nato per formare la coscienza civile dei calabresi e aiutarli ad individuare e capire i loro problemi, per molti aspetti si trovò sullo stesso percorso dei suoi lettori e della gente della sua città. Non voleva la guerra ma dovette accettarla.
(1) Italo Falcomatà, Il “Corriere di Calabria”, e l'opinione pubblica reggina nella grande guerra (1914-1918), Città del Sole Edizioni, 2004, pagina 99;
(2) citato, pp. 139-140;
(3) citato, pagina 10;
(4) citato, pp. 13-16.