Di tali eventi storici vi è una nutrita bibliografia, sempre in continua crescita, e la scrivente associazione al momento ha organizzato una serie di incontri sul tema, sia sul territorio locale che in quello magiaro.
Quando si ricorda un anniversario, non si può rivolgere il proprio pensiero a chi ha dato la propria vita per un ideale, ma soprattutto a coloro che, per ragioni fisiologiche, sempre di meno, tale data ricorda sicuramente molto.
Avendo avuto la possibilità di visitare i luoghi della memoria, tali visioni hanno rafforzato l'interesse non solo nei confronti del periodo storico in questione, ma anche nei confronti dell'intero patrimonio culturale di cui l'Ungheria ha un vasto retroterra.
Ciò ha suscitato la forte esigenza di dotare l'interno del Circolo Culturale L'Agorà di un nuovo laboratorio di ricerca, e, nella fattispecie il Centro Studi italo-ungherese “Árpád”.
Tale officina culturale deriva dal nome del principe ungherese (869-907), eroe nazionale e fondatore della dinastia degli Arpadi.
Ritornando al Centro Studi italo-ungherese “Árpád” esso nasce per riallacciare quei rapporti storico-culturali tra la terra d'Ungheria, il Mezzogiorno e nella fattispecie il territorio calabrese, come testimoniato dai primi risultati di un precedente convegno, tenuto presso il Museo Nazionale, nel Novembre 2005 "Le milizie ungheresi e slave nella Calabria medioevale", che si era svolto a Reggio Calabria trattando i rapporti storico culturali tra il territorio calabrese e meridionale ed i popoli e regnanti magiari nel periodo medievale.
Quest'anno, dunque, come ampiamente riportato nelle relative pagine del nostro sito internet, è stata la volta della rievocazione della Rivoluzione Ungherese del 1956, con un convegno internazionale "Ungheria 1956: tra storia e memoria" che si è svolto ai più alti livelli , sia per la presenza, come ospiti dell'Associazione, di Sua Eccellenza Istvàn Kovacs, Ambasciatore della Repubblica Ungherese in Italia, di Laszlo Czorba Direttore dell'Accademia d'Ungheria in Roma e di altri qualificati relatori, sia per l'affluenza di un pubblico numeroso ed attento.
Durante tale importante manifestazione si era anche voluto osservare un minuto di silenzio e raccoglimento per riflettere sul pesante bilancio di sangue che costò la repressione dei patrioti magiari.
E' stata quindi una decisione consequenziale, naturale e sentita, quella della sodalizio reggino, di partecipare pure, a coronamento della manifestazione, ad una Santa Messa in suffragio di quei Caduti, per ricordarne il sacrificio, nell'impari lotta contro la dittatura sovietica degli ungheresi che scesero nelle strade, nelle piazze, per combattere e morire per un alto ideale: quello della libertà.
Tale evento si è potuto realizzare, grazie alla sensibilità del Reverendo Parroco Don Nuccio Santoro, presso il Tempio della Vittoria - San Giorgio al Corso, la chiesa cittadina che ha sempre rappresentato la cornice più adatta a queste commemorazioni, sia per tradizione che per quel senso di religioso raccoglimento che l'austerità della sua architettura e la sua silenziosa atmosfera inducono.
La celebrazione ha visto una partecipazione molto nutrita di fedeli, che hanno praticamente riempito la chiesa, e tra i quali si riconoscevano diversi nostri concittadini di nazionalità ungherese che vivono nella nostra città per motivi di lavoro o di studio.
Il convinto plauso all'iniziativa espresso dal Rev. Parroco Santoro ha trovato ovviamente riscontro nell'ampio spazio dedicato a quei tragici avvenimenti nel corso della sua omelia, avvenimenti commentati nella prospettiva della Chiesa Cattolica, come egli ha tenuto a precisare.
Sfogliando le pagine della storia e ritornando proprio al 1956, bisogna sottolineare che da cinquant'anni, quindi proprio da quel periodo, che a Reggio Calabria non si commemorano con
funzioni religiose a favore dei martiri ungheresi
E proprio nel 1956 lo stesso luogo fu oggetto di un'omelia a sostegno dei quei tragici fatti.
Il 1956, quell'autunno caldo, venne vissuto anche a Reggio Calabria con molta passione: non solo dal punto di vista politico, ma anche da quello culturale, sociale e,nello specifico solo cittadini ma anche sull'intero territorio provinciale.
Il Sacerdote ha ricordato ai fedeli che per decenni il mondo è stato praticamente diviso in due blocchi, divisione non solo politico-militare ma anche ideologica.
Da un lato il blocco sovietico-comunista con la sua ideologia atea e materialista ed in cui venne a trovarsi pure lo stato ungherese, dall'altro i paesi occidentali, in cui si poteva continuare ad esprimere liberamente la propria fede ed a praticare la religione cristiana.
Il parroco Don Nuccio Santoro ha così commentato la pregevole iniziativa della Associazione organizzatrice: «Questa sera si è voluto dedicare questa Santa Messa ai martiri ungheresi, preghiamo per loro e facciamo memoria, ricorderemo qualche episodio che riguarda in particolare la Chiesa, in modo tale che non dimentichiamo, preghiamo e facciamo anche tesoro delle esperienze anche negative della storia».
Il sacerdote, pensando alla Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo ha rammentato ai fedeli che le sofferenze nella luce della fede si uniscono alle sofferenze di Cristo.
Don Nuccio ha anche citato la pubblicazione di Andrea Riccardi "Il secolo del martirio - I Cristiani nel Novecento" dicendo che sono stati molti i martiri nel secolo scorso, sia dell'est che dell'ovest, e bisogna guardarli sotto l'aspetto spirituale per trarne insegnamento in modo che la società non incorra negli stessi errori.
Poi ha effettuato una breve disamina su quanti hanno subito la violenza, non solo psicologica ma anche fisica, conoscendo il carcere, durante il regime sovietico negli stati dell'Europa orientale.
Infatti con l'entrata dell'Armata Rossa, quei territori videro la proclamazione di amministrazioni che ruotavano nell'orbita del Cremlino.
La Chiesa cattolica conobbe un lungo periodo caratterizzato dalla persecuzione dei suoi rappresentanti da parte dei regimi comunisti come in Polonia, Cecoslovacchia, Bulgaria, Romania, Jugoslavia, Albania ed Ungheria, dove gli alti prelati subirono tanti soprusi e violenze.
Ha quindi voluto ricordare i vescovi Stepinac, Beran, Bossilkov, lo stesso alto prelato Mindenszenty, Massimiliano Kolbe, in seguito canonizzato dal Pontefice Wojtyla.
Ma un pensiero è stato rivolto anche al primate Wyszynski che nel 1973 ebbe il merito di consacrare la prima chiesa costruita durante il regime comunista, a Bydgoszcz, luogo che durante l'ultimo conflitto mondiale fu teatro di dure rappresaglie naziste.
Ma anche dei numerosi religiosi che subirono atrocità e crudeltà nell'Albania di Hoxha, dove a partire dal 1967 venne abolito ogni manifestazione di culto e con relative persecuzioni che portarono alla morte 129 religiosi (65 a seguito di esecuzione della pena capitale ed il resto dopo lunga detenzione).
Tra essi vi erano una dozzina di religiosi facenti parte dell'ordine dei gesuiti.
Alla fine del regime comunista rimasero in vita circa una trentina di preti, sopravvissuti alla dura vita carceraria.
Al termine della celebrazione sono state citate alcune frasi tratte dalle "Memorie" del Cardinale Midszenty e nello specifico quelle relative all'arresto del Primate magiaro che a tal proposito ebbe a dire: «[...] Prego perché venga un mondo di verità e di amore: prego anche per coloro che, secondo le parole del mio Maestro, non sanno quelli che essi fanno, e perdono loro di tutto cuore [...]».
Subito dopo il Presidente del Circolo Culturale L'Agorà Gianni Aiello ha letto dei versi tratti da "Leggero come il vento" del poeta ungherese Vàcy Mihàly : «[...] leggero, biondo, come il vento, porto la vittoria in silenzio, lenisco le ferite, mi attraversano pallottole, baionette, ma non mi fanno male, ma se pure muoio ogni giorno, divento indistruttibile nel tempo e vinco dolcemente, come il vento [...] ».
Mentre Gianni Aiello portava a conclusione il suo breve intervento la funzione religiosa si concludeva per i fedeli in maniera inaspettatamente suggestiva: si è infatti levato, da uno dei banchi centrali del Tempio, il suono della tromba del Maestro Benedetto Trunfio che intonando le note del "Silenzio fuori ordinanza" di N. Rosso, ha contribuito a rafforzare quell'atmosfera di calda spiritualità, di raccoglimento, di preghiera e di riflessione, così consona alla celebrazione commemorativa svoltasi a Reggio Calabria.
Mentre venivano scandite le note da un nobile strumento musicale proprio in memoria dei tanti ungheresi caduti durante la rivoluzione del 1956, qualche lacrima di commozione spuntava sul viso dei presenti accorsi.
L'esecuzione musicale, effettuata con molta passione da parte del Maestro Benedetto Trunfio, che ha voluto essere presente a tale iniziativa, ha condensato l'alto significato della manifestazione esaltando i valori della storia, della memoria e dell'alto senso civico, proprio per ricordare i numeri impressionanti, le emozioni, i sentimenti, le speranze, i disagi e le sofferenze di coloro che hanno dato un enorme contributo alla crescita della libertà e dell'Europa, pagando proprio con la loro vita.
Un’iniziativa quindi molto sentita da tutti i presenti, quella organizzata dal sodalizio reggino, che ha visto per la prima volta affiancarsi la comunità locale e quella ungherese residente in città, uniti anche da quel tricolore che se pur per disposizioni differenti, unisce i due popoli in quei valori di unità, di giustizia, di uguaglianza e di solidarietà che dal risorgimento ad oggi hanno segnato il cammino delle due Nazioni.